Blog di Marco Castellani

Tag: particelle

Acceleratore

Vuoto.
Come gigantesca autostrada vuota.
Di venti corsie vuote.

O acceleratore d’enorme
promètea fattezza
che nella ricerca d’elusiva particella
– nell’esito incerto dell’esperimento –
solo riverberi
vuoto più vuoto.

Tu vieni, ora.
Tu riempi il mio vuoto.

Dal volume “In pieno volo” (2014)

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Quel tanto di bello, che non si conosce

Penso di avere tutto sotto controllo (o mi sforzo di pensarlo) e invece alla fine viene fuori che non conosco nulla. O quasi. Guardo dalla finestra per accorgermi che quello che c’è là fuori, è pieno di mistero. La struttura delle cose è misteriosa. Alla base di tutto ci sono cose incomprensibili. Il saggio l’ha sempre saputo. Il fisico e l’astrofisico, lo riscoprono adesso. Come oscillano le particelle elementari?

L’indagine più moderna ci conferma che la realtà è (ancora) carica di mistero. Crediti: Fermi National Accelerator LaboratoryPhotographer: Reidar Hahn

La risposta sorprendente che venne fuori nel 2001, ai Brookhaven National Laboratory (New York, USA) è che il modello delle particelle elementari, in breve la teoria fisica dell’intelaiatura fondamentale di ciò che esiste, è incompleto. In particolare, il muone, una particella simile ad un elettrone “ingrassato”, è stato recentemente messo sotto esame per le sue oscillazioni insolitamente larghe. Sull’onda (è il caso di dirlo) dei risultati del laboratorio statunitense, altri laboratori in tutto il mondo hanno posto il muone sotto la loro lente, nel tentativo decriptare le misteriose proprietà. Nella foto qui sopra, il Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) in Illinois (USA), che è appunto uno dei luoghi dove si conduce la ricerca.

Le oscillazioni insolite del muone possono indicare che l’onnipresente mare di particelle virtuali in cui sguazziamo tutti (senza accorgercene, distratti come siamo), deve includere tipi che ancora sono, diciamo, perfetti sconosciuti. Oppure che la teoria ha dei grandi buchi ancora tutti da riempire.

Indagini future al Fermilab potranno aiutarci a chiarire, o forse, aumenteranno ancora lo scarto tra l’universo che misuriamo e l’universo che comprendiamo. Per alcuni, uno scarto frustrante. Per altri, un’eccellente modo di ricordarci l’elevato tasso di mistero che pervade questo Universo, e la riserva di sorprese che è sempre disponibile per l’uomo di qualsiasi epoca.

Inclusa questa, ovviamente.

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Il sistema planetario più piccolo

E’ proprio un momento particolare, per la scienza. Stiamo vivendo ai confini di qualcosa che non abbiamo completamente compreso, ma sempre più informa la nostra vita, le nostre percezioni, il nostro sentire.

Stiamo vivendo in un Universo fisico che ci regala nuove sorprese momento per momento. Dopo una apparente stasi, in cui sembrava non ci fosse alla fine niente di nuovo da scoprire, niente di nuovo da capire, ecco che torniamo avanti, che siamo sbalzati immediatamente alla frontiera, che il flusso delle cose torna nuovo, torna sempre ed ancora nuovo.

Non si contano quasi, le avvisaglie di quel mutamento profondo che è segnalato da tanti tanti spunti: le onde gravitazionali, di cui si è avuta appena adesso la conferma del terzo evento, gli esopianeti, con Proxima B straordinariamente vicino e straordinariamente simile alla Terra. Ed ora si affaccia un’altra scoperta straordinaria, che tocca l’infinitamente piccolo, come sappiamo intimamente connesso con l’infinitamente esteso: così connesso che non si può studiare l’Universo nella sua genesi senza sprofondare nel regno delle particelle elementari, come sappiamo.

La notizia in sé l’avrete già saputa: l’esperimento LHC del Cern ha riportato l’osservazione di una nuova particella, che è stata chiamata double charmed Xi, contenente quattro quark, due di tipo charm ed un quark up.

Il simbolo della nuova particella, appena scoperta al CERN

Ora, sappiamo bene che – secondo le attuali teorie – i quark sono proprio quei “mattoncini elementari” che costituiscono tutte le particelle, appaiono insomma come i costituenti ultimi della materia nell’Universo: a quanto pare non mostrano più una struttura interna, ogni tentativo di guardarci dentro produce la mutazione in nuove particelle, composte anche esse di quark. Siamo arrivati veramente alla base di tutto, con i quark.

Per dire, le particelle alle quali siamo familiari, sono ben spiegate con il modello a quark: il protone è composto di tre quark (due up ed uno down) e il neutrone pure di tre (due down ed uno up). Dunque, in parole povere, montando insieme i vari quark, si possono ottenere tutte le particelle di cui abbiamo esperienza, incluse alcune così esotiche che vivono appena pochissimi istanti negli esperimenti di laboratorio, e poi scompaiono trasformandosi in altre particelle più “consuete” e magari in energia.

Qual è allora la straordinaria novità di questa scoperta? E’ proprio nel modo in cui questa particelle è costruita, e segnatamente nel fatto che contiene due quark “pesanti”, quale appunto il quark charm. L’esistenza di questo tipo di particelle era prevista in base alle teorie attuali, ma (come per la rilevazione delle onde gravitazionali) la rilevazione empirica tardava a venire. Ora con la scoperta di questa nuova particella (di massa 3621 Mev, circa quattro volte più pesante del protone), un altro piccolo ma importante tassello della nostra concezione del mondo fisico, viene a mettersi – assai confortantemente – al suo esatto specifico posto.

Sembra nel complesso che i segnali dall’Universo ci dicano che il modo in cui lo interpretiamo sia sostanzialmente corretto, anche se – attenzione – lo stesso messaggio ci rivela in maniera incredibile quanta parte di “non conoscenza” ancora abbiamo davanti e alla quale non possiamo che guardare con umiltà e pazienza, doti del resto essenziali per la ricerca.

Interessante, in questa sede, la stretta analogia che anche a parole viene tracciata tra i sistemi planetari e le dinamiche interne di questa nuova particella. Come dice  infatti Guy Wilkinson, ex coordinatore della collaborazione scientifica che ha portato alla scoperta,

«in contrasto con gli altri barioni finora noti, in cui i tre quark eseguono una elaborata danza l’uno attorno all’altro, ci aspettiamo che il barione con due quark pesanti agisca come un sistema planetario, dove i due quark pesanti giocano il ruolo di stelle che orbitano l’una attorno all’altra, mentre il quark più leggero orbita intorno a questo sistema binario»

E’ certamente una analogia, e non va portata troppo oltre: però ci aiuta comunque a capire, anche con la semplice scelta delle parole (le parole sono importanti, lo sappiamo), come sempre più la ricerca fisica-cosmologica sia un tutto intimamente connesso, un sistema sul quale non si può più tentare il vecchi approccio riduzionistico di isolare per capire, ma va tenuto sempre tutto in conto, nella consapevolezza sempre più chiara di quella intrigante ed incredibile complessità che ci circonda, e che chiamiamo mondo.

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