Apri il cuore, sto tornando

Immagina adesso, di rientrare a casa dopo un lungo viaggio fuori dalla Galassia. Sì, questa volta ti sei voluto prendere davvero una bella vacanza, una vacanza come si deve. Ma ci sta, ti capisco benissimo. Andare veramente lontano, centinaia di migliaia di anni luce (letteralmente), distante da tutti i luoghi già visti. Spingersi perfino fuori dalla Via Lattea, alla fine lo devi fare se ti vuoi vantare di essere un vero viaggiatore cosmico. Scorrazzare per Laniakea, surfare leggero lungo le increspature delle distese stellari in questo immenso paradiso, è troppo divertente, per non provarci, almeno una volta nella vita.

L’universo, d’altra parte, è un posto veramente enorme. Ricordi? Sembrano già passati millenni da quando si dubitava sull’esistenza di altre galassie, oltre la nostra. Sembra, perché, lo sai bene, era appena il febbraio del 1920, quando si tenne quel Grande Dibattito, quello tra i due dotti scienziati, che sostenevano tesi opposte (e lì per lì non hanno concluso niente). Beh, ma ora è chiaro, il cosmo è pieno di galassie. Gli amici astronomi ti assicurano, più di 100 miliardi. Decisamente troppe, per visitarle tutte. Non basta una vita.

Proprio così, stanno le cose. Puoi viaggiare per anni con la tua astronave a propulsione subliminale e, capisci, ancora non arrivi a vedere tutto quel che c’è da vedere. Sul tuo navigatore stellare aggiornato sono riportati, ormai, quasi tutti i ponti di Einstein-Rosen conosciuti (li aggiornano direttamente gli utenti, quando li trovano, i più diligenti li inseriscono volontariamente nell’applicazione), in modo che puoi sfruttarli per sbucare con poco sforzo in posti esageratamente lontani. E con tutto ciò, ancora ti manca tanto da vedere. Ma tanto.

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Ma dove sono tutti?

Famosa la domanda che fece Enrico Fermi mentre lavorava ai laboratori di Los Alamos nel 1950. Si parlava di un avvistamento UFO riportato dalla stampa, la conversazione si spostò poi su argomenti correlati, fino a che Fermi sbottò, Dove sono tutti?

È il celebre paradosso di Fermi: se l’universo è pieno di pianeti adatti alla vita, appunto, dove sono tutti?

In questa conversazione tra me e Gabriele Broglia – la quinta della prima serie di Darsi Spazio, sempre sotto la attenta guida di Emanuele Giampà – parliamo proprio di questo. E di dove cercare la vita, semmai si possa trovare.

E pariamo anche – citando un denso articolo di Giuseppe Tanzella-Nitti – del perché la fede non sia affatto “minacciata” dall’eventuale contatto con extraterrestri.

Buona visione!

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Un Mariner in miniatura

Questo qui sotto è appena un modellino della sonda Mariner-C che sembra galleggiare nell’oscurità dello spazio siderale. La foto ci giunge dal lontano 1964, precisamente per la conferenza sulle nuove tecnologie al Glenn Research Center a Cleveland (USA).

Il modellino della Mariner-C (Crediti: NASA)

Siamo dunque all’inizio dei Sessanta, davvero agli albori dell’esplorazione planetaria. Il Mariner-C ed il Mariner-D sono due sonde assolutamente identiche destinate a volare nell’orbita di Marte e riportare a Terra immagini della superficie del pianeta.

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Giove all’ultravioletto

Passano gli anni e giungono nuovi telescopi (il pensiero va immediatamente a James Webb ed Euclid) eppure l’ormai glorioso Hubble si rivela ancora capace di spedire a Terra immagini che ci stupiscono realmente. Come questa, che ci rivela una visione del pianeta Giove piuttosto inusuale.

Hubble ci regala un nuovo modo di vedere Giove…
Crediti: NASA, ESA, M. Wong; Processing: Gladys Kober

Si tratta infatti di Giove visto in banda ultravioletta. Dico visto ma sarebbe corretto forse dire rimappato, nel senso che poiché – a differenza di Hubble – il nostro occhio non percepisce le lunghezze d’onda dell’ultravioletto, si è scelto di dare colori diversi a diversi filtri ultravioletti, in modo da riportare il tutto all’interno della nostra area di percezione. È una procedura molto comune in astronomia: anche noi abbiamo già visto, in giugno, come appare Marte, nelle bande ultraviolette. E di cose poi da investigare in questa regione di lunghezze d’onda, ce ne sono certamente molte altre.

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Cartolina da Marte

Per ottenere questa immagine, il rover Curiosity ha usato il suo corredo di macchine fotografiche in bianco e nero in due diverse circostanze nella stessa giornata (mattina e pomeriggio), ad inizio del mese di aprile.

I colori poi sono stati aggiunti come tocco artistico per ammirare meglio la scena, con il blu che rappresenta il panorama mattutino e in giallo quello pomeridiano.

Panorama della “Marker Band Valley” preso da Curiosity
Crediti: NASA/JPL-Caltech

Personalmente, davanti ad immagini come questa, ancora mi perdo. Mi perdo nei dettagli delle rocce, nella nitidezza del profilo di monti e valli. Più mi attardo a guardare, più inizia a sembrarmi possibile essere lì, in qualche modo.

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Nettuno e Tritone, crescenti

Scivolando attraverso gli strati più esterni del Sistema Solare, nell’anno 1989 la sonda Voyager 2 girandosi verso il Sole, scopriva questa vista meravigliosa di Nettuno, il pianeta più distante, e della sua luna Tritone. Ambedue in fase crescente.

L’eleganza cosmica di Nettuno e Tritone
Crediti: NASAVoyager 2

L’immagine, di indiscutibile eleganza, è stata acquisita appena dopo il momento di maggior avvicinamento della sonda al pianeta.

Da notare che non avrebbe mai potuto essere ottenuta da Terra perché Nettuno non mostra mai una fase crescente dalla nostra posizione. Ormai in viaggio verso l’eliopausa ed anche oltre, il particolare punto vantaggioso di osservazione toglie a Nettuno perfino il suo familiare colorito blu.

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Caronte, luna di Plutone

Permettete, ma davanti ad immagini come questa ci si può ancora, legittimamente, emozionare. Questa è Caronte, la luna più grande di Plutone.

I satelliti naturali di questo pianetino sono ben cinque. Caronte è stato scoperto soltanto nel 1978 e forma quasi un sistema binario con il piccolo pianeta (la sua massa è circa un ottavo rispetto a Plutone), mentre gli altri quattro sono decisamente più piccoli.

La luna di Plutone chiamata Caronte, vista dalla sonda New Horizons
Crediti: NASAJohns Hopkins Univ./APLSouthwest Research InstituteU.S. Naval Observatory

La meraviglia viene dal fatto di poter ammirare una immagine per ottenere la quale ci sono voluti dieci anni di viaggio della sonda New Horizons, una immagine acquisita quando la sonda era ad appena 1200 chilometri dalla superficie di Caronte (la distanza media tra Terra e Plutone si aggira intorno ai cinque miliardi di chilometri). Questa immagine in un certo senso porta all’esistenza la luna Caronte, ci permette di “risolverla” come un corpo celeste di cui ci si può occupare. Possiamo vederla, capire come è fatta, seguire le sue variazioni di colore con una risoluzione che scende addirittura sotto i tre chilometri! Perfino Hubble, può fare ben poco se si tratta di Caronte, come abbiamo visto.

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La luna di Makemake

C’è tutto un mondo, oltre il piccolo cabotaggio dell’astronomia classica, quella da manuale scolastico. Ed è proprio ciò che più mi affascina. Quello che è un po’ in ombra, che non si trova sotto i riflettori. A cui non pensiamo, mai o quasi mai. Perché c’è un mondo, anzi ci sono sterminati mondi, oltre quell’insieme limitato di cose che occupa di solito la nostra mente.

Makemake fa proprio parte di questi sterminati mondi, quasi sempre fuori dalla nostra testa. Per dimensioni, rappresenta il secondo pianeta nano della fascia di Kuiper, quindi non è proprio l’ultimo arrivato, per così dire. La fascia è occupata da un grandissimo numero di oggetti: se ne sono già scoperti più di mille, ma si ritiene che possano esistere ben centomila oggetti con diametro superiore ai 100 Km. Ci pensate? Centomila grossi sassi che vagano silenziosamente in un vastissimo spazio. Il più grande di tutti è Plutone, come sappiamo. Quello che un tempo era considerato un pianeta a tutti gli effetti, da tempo derubricato a pianeta nano.

Immagine artistica di Makemake e la sua luna  
Crediti: Alex H. Parker (Southwest Research Institute)

Makemake eccolo, viene subito dopo Plutone. E la cosa interessante è che è comunque abbastanza grande da possedere una luna tutta sua. Chiamata in codice MK2, la luna di Makemake “riflette” la luce solare da una superficie scura come il carbone, risultando dunque abbastanza inefficiente come faro notturno: se mai su Makemake qualcuno fosse in cerca di romantiche “notti di luna”, rimarrebbe assai deluso.

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