Blog di Marco Castellani

Tag: Plutone Page 1 of 3

Plutone, zona nord

Questa bella visione di Plutone si deve, come si può immaginare, alla sonda New Horizons. Per la precisione, i dati usati sono stati acquisiti nel luglio 2015, mentre la sonda era occupata nel suo primo volo di ricognizione. Ciò che si vede è la zona nord compreso il polo, che si trova in alto a sinistra nell’immagine.

La parte settentrionale di Plutone
Crediti: NASAJohns Hopkins Univ./APLSouthwest Research Institute

La regione è nota come Lowell Regio e prende appunto il nome da Percival Lowell, il fondatore dell’osservatorio dal quale Clyde Tombaugh ha scoperto il pianeta nano Plutone. Immagini come questa, di mondi distanti diversi miliardi di chilometri, sono preziosissime e con ogni probabilità sono destinate a rimanere lo stato dell’arte riguardo a Plutone, ancora per molti anni.

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Caronte, luna di Plutone

Permettete, ma davanti ad immagini come questa ci si può ancora, legittimamente, emozionare. Questa è Caronte, la luna più grande di Plutone.

I satelliti naturali di questo pianetino sono ben cinque. Caronte è stato scoperto soltanto nel 1978 e forma quasi un sistema binario con il piccolo pianeta (la sua massa è circa un ottavo rispetto a Plutone), mentre gli altri quattro sono decisamente più piccoli.

La luna di Plutone chiamata Caronte, vista dalla sonda New Horizons
Crediti: NASAJohns Hopkins Univ./APLSouthwest Research InstituteU.S. Naval Observatory

La meraviglia viene dal fatto di poter ammirare una immagine per ottenere la quale ci sono voluti dieci anni di viaggio della sonda New Horizons, una immagine acquisita quando la sonda era ad appena 1200 chilometri dalla superficie di Caronte (la distanza media tra Terra e Plutone si aggira intorno ai cinque miliardi di chilometri). Questa immagine in un certo senso porta all’esistenza la luna Caronte, ci permette di “risolverla” come un corpo celeste di cui ci si può occupare. Possiamo vederla, capire come è fatta, seguire le sue variazioni di colore con una risoluzione che scende addirittura sotto i tre chilometri! Perfino Hubble, può fare ben poco se si tratta di Caronte, come abbiamo visto.

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Un addio in blu

Un anello blu brillante intorno a Plutone, mentre si allontana inesorabilmente. Così lo vede la sonda New Horizons, dopo avere effettuato il passaggio ravvicinato. Siamo al 14 luglio del 2015. Nel momento dello scatto, la sonda è a circa duecentomila chilometri dal pianeta nano. Ma si è avvicinata fino a 12.500 chiloometri dalla superficie. Durante il passaggio ravvicinato ha ottenuto le prime (e per ora e chissà quanto) uniche, immagini ad alta risoluzione della superficie di Plutone e della sua luna Caronte.

Un alone blu circonda Plutone, al momento del saluto alla sonda New Horizons… (Crediti: NASA)

New Horizon ha compiuto un viaggio di quasi dieci anni, per arrivare qui. Ad una distanza da Terra di 33 Unità Astronomiche (4,5 ore luce in pratica). Per comunicare a Terra e ricevere un segnale di ritorno, ci vogliono nove ore. Un’eternità. I dati che ha raccolto la sonda verranno scaricati a Terra in un periodo di ben nove mesi, dopo il sorvolo. Sono panorami incredibili che chissà quando potremo fotografare di nuovo.

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La luna di Makemake

C’è tutto un mondo, oltre il piccolo cabotaggio dell’astronomia classica, quella da manuale scolastico. Ed è proprio ciò che più mi affascina. Quello che è un po’ in ombra, che non si trova sotto i riflettori. A cui non pensiamo, mai o quasi mai. Perché c’è un mondo, anzi ci sono sterminati mondi, oltre quell’insieme limitato di cose che occupa di solito la nostra mente.

Makemake fa proprio parte di questi sterminati mondi, quasi sempre fuori dalla nostra testa. Per dimensioni, rappresenta il secondo pianeta nano della fascia di Kuiper, quindi non è proprio l’ultimo arrivato, per così dire. La fascia è occupata da un grandissimo numero di oggetti: se ne sono già scoperti più di mille, ma si ritiene che possano esistere ben centomila oggetti con diametro superiore ai 100 Km. Ci pensate? Centomila grossi sassi che vagano silenziosamente in un vastissimo spazio. Il più grande di tutti è Plutone, come sappiamo. Quello che un tempo era considerato un pianeta a tutti gli effetti, da tempo derubricato a pianeta nano.

Immagine artistica di Makemake e la sua luna  
Crediti: Alex H. Parker (Southwest Research Institute)

Makemake eccolo, viene subito dopo Plutone. E la cosa interessante è che è comunque abbastanza grande da possedere una luna tutta sua. Chiamata in codice MK2, la luna di Makemake “riflette” la luce solare da una superficie scura come il carbone, risultando dunque abbastanza inefficiente come faro notturno: se mai su Makemake qualcuno fosse in cerca di romantiche “notti di luna”, rimarrebbe assai deluso.

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Guardare, Plutone

Questa è una immagine su cui vale sostare meditando la sua eccezionalità. Siamo abituati ormai a fronteggiare un flusso continuo di media, streaming, messaggi di chat (spesso inutili), notizie (spesso fatue) ed email, davanti ai quali ci difendiamo così, diminuendo l’attenzione. Ma questa è una cosa diversa, che rimane. Che rimarrà per molti, molti anni. Fermiamoci. Guardiamo.

Panorama di Plutone. Crediti: NASAJohns Hopkins Univ./APLSouthwest Research Institute

Stiamo osservando una foto di Plutone presa da circa 18.000 chilometri di distanza dalla superficie, dalla sonda New Horizons. Precisamente, quando quindici minuti dopo il momento di massimo avvicinamento, la sonda NASA prende questa immagine “volgendosi indietro”. Siamo nel 2014. Sono passati più di sei anni e questa è una delle immagini più definite di Plutone che abbiamo. E passeranno molti, molti anni ancora, e le foto della New Horizons rimarranno lo stato dell’arte per quanto riguarda il pianeta nano.

Per ottenere questa foto è stato necessario un viaggio. Un viaggio durato quasi dieci anni, durante i quali la sonda è state messa in ibernazione e poi (grazie al cielo) risvegliata, con una procedura che ha lasciato gli scienziati con il fiato sospeso, fino alla conferma che tutto fosse andato bene.

Onore a New Horizons, che ci ha aperto un mondo. Prima di lei, le foto di Plutone erano un cerchietto grigio, e (quasi) basta. Grazie a lei possiamo guardare Plutone, per la prima volta nella storia. Gli avvallamenti, le catene montuose. La ricchezza che increspa di indubbi interesse un corpo celeste derubricato perfino dal rango di pianeta. Rendiamoci conto: per avere foto migliori di questa, sarà necessaria un’altra missione, con tutto il tempo necessario alla preparazione e al viaggio (posto che vada tutto bene, poi).

Vuol dire, in parole povere, che questa foto (che ci mostra un panorama esteso per quasi 400 chilometri) è assolutamente unica. E lo rimarrà per molto, molto tempo ancora.

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La periferia, che arriva

Questa meravigliosa immagine, dopotutto, è il frutto di un viaggio. Di un lungo, lungo viaggio. Il lancio della sonda New Horizon, infatti , risale al lontano (si può ben dire) anno 2006, mentre l’arrivo nei dintorni di Plutone è avvenuto nell’anno 2015. Dunque, un viaggio di quasi dieci anni. Un cammino paziente, per arrivare a vedere, finalmente, a fotografare (e dunque ad immaginare ancor meglio), quello che per secoli è stato appena un puntino, è stato appena territorio della fantasia.

Ed ora invece lo vediamo, lo vediamo bene. Plutone, questo pianeta nano che dista da noi più di quattro miliardi di chilometri (quando va bene, spesso anche di più), ora lo vediamo, finalmente. In termini più ampi, ci parla di una periferia che stiamo imparando a conoscere. A vivere, in un certo senso. Sì perché quello che arriva alla nostra percezione, entra di fatto nel nostro mondo, nel nostro modo di pensarci e di pensare l’Universo.

Ed ecco che entra Plutone, per tanto tempo rimasto così elusivo. Perché ora, soltanto ora, riusciamo a porre lo sguardo sulla periferia del nostro Sistema Solare. Una periferia che finalmente arriva alla nostra attenzione.

Crediti: NASAJohns Hopkins Univ./APLSouthwest Research Institute

Già da questa immagine, è possibile ricavare una notevole dose di informazioni riguardo l’atmosfera del pianeta nano. In generale si può fare molta scienza, dai dati della New Horizons. Dieci anni di viaggio sono stati un prezzo da pagare certamente congruo, per questi dati preziosissimi (e che rimarranno unici, per chissà quanto tempo).

Quello che ci preme però, in questo contesto, è capire come la percezione umana del cosmo sta mutando, sta mutando velocemente. E’ un’epoca particolare, la nostra. Decisamente particolare. E’ un’epoca in cui dobbiamo per forza rinegoziare il nostro sentirci nel cosmo, e farlo probabilmente in forma più amichevole e morbida rispetto al passato.

I dati delle infinite sonde sparse nel nostro cielo, ci parlano di un cosmo raccontabile, un cosmo che dismette i suoi veli di mistero e timore e ci parla invece di meraviglie, di avventure, di cose da scoprire, di cose di cui poter finalmente parlare, cose che entrano nell’ultimo orizzonte della nostra percezione, e ci fanno sentire un poco più a casa, in questo Universo.

Grandissimo, sconfinato: certo. Ma esplorabile.

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Lame di ghiaccio… per Plutone

Ed ecco come appare la superficie di Plutone, vista dalla sonda New Horizons, nel luglio di due anni fa. E’ ancora impressionante il grandissimo dettaglio che la sonda è riuscita ad ottenere: dopotutto, parliamo di un “piccolo mondo” la cui distanza da noi – a seconda delle rispettive orbite – si aggira intorno al mezzo miliardo di chilometri. 

Vale la pena ricordare come, prima del passaggio della sonda, quando si pensava a questo peculiare quasi pianeta, ci si dovesse sostanzialmente accontentare di immagini di fantasia.

Crediti: NASA, Johns Hopkins Univ./APL, Southwest Research Institute

La particolarità di questa superficie, così ben evidenziata dai nuovi dati, è che sembra popolata da bizzarre configurazioni, rassomiglianti a gigantesche lame di ghiaccio, la cui origine ha rappresentato un bel rompicapo per gli scienziati. Le interpretazioni più recenti, portano a pensare che queste lame ghiacciate siano composte di metano. Questo gas viene rilasciato in atmosfera, durante i momenti geologici più caldi, tramite processi di sublimazione.

Di fatto, stiamo imparando un bel po’ di cose di questo ambiente così lontano e così inospitale. E tutto si deve a lei, la prima sonda mai puntata espressamente verso Plutone. In realtà la storia dell’esplorazione di questo mondo remoto, è una storia soprattutto di appuntamenti mancati, missioni deviate o addirittura cancellate.

Insomma è stato necessario aspettare il 2003 perché fosse approvata – e nemmeno troppo facilmente – questa missione New Horizons che poi partì nel 2006, e arrivò nei dintorni di Plutone a metà del 2015.

I dati che abbiamo preso da questa missione resteranno molto a lungo come lo stato dell’arte per quanto possiamo sapere sul pianeta nano. Correrà diverso tempo prima che un’altra missione possa esplorare questi posti così lontani da casa nostra, con ogni probabilità.

Ma il caso si presta benissimo a mostrare come l’esplorazione del Sistema Solare sia – unico caso nell’astronomia, forse – una questione soprattutto di andare a vedere. E quello che si può vedere dopo nove anni di viaggio, è incomparabilmente più efficace di quello che si può vedere, o si potrà mai vedere, da Terra.

Per convincersi, basta guardare Plutone (se ci si riesce) nell’immagine qui sotto. Sempre dalla New Horizons. Ma – piccolo particolare – all’inizio del viaggio.

Crediti: NASA

New Horizons ce lo insegna. A volte vale la pena, viaggiare. Ci sono cose che non possiamo immaginare, non possiamo comprendere, se non muovendoci, togliendoci dal nostro sistema di posizione e di certezze acquisite, scrollandoci tutto di dosso, affrontando il cambiamento. Anche a costo di vedercela con lame di ghiaccio, o altre cose non immediatamente gradevoli.

Il cambiamento, dunque. Anche e soprattutto, di posizione: fisica e mentale.

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La cosa più preziosa

Una cosa ho imparato nella mia lunga vita: che tutta la nostra scienza è primitiva e infantile eppure è la cosa più preziosa che abbiamo.
(Albert Einstein)

Members of the New Horizons science team react to seeing the spacecraft's last and sharpest image of Pluto before closest approach later in the day, Tuesday, July 14, 2015 at the Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (APL) in Laurel, Maryland. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)

Members of the New Horizons science team react to seeing the spacecraft’s last and sharpest image of Pluto before closest approach later in the day, Tuesday, July 14, 2015 at the Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (APL) in Laurel, Maryland. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)

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