Blog di Marco Castellani

Tag: radiazione di fondo

L’universo che osserviamo

In un certo senso c’è tutto. Tutto il nostro mondo fisico. Il modello di mondo che conosciamo, che riteniamo il più valido. A volte capita che mi chiedano, in occasioni pubbliche, come mai ci riteniamo contenti dei nostri modelli, quando sappiamo a malapena di cosa è fatto il 5% del contenuto di massa ed energia del cosmo.

L’universo osservabile. Crediti & LicenzaWikipediaPablo Carlos Budassi

Risposta facile. Siamo contentissimi, non contenti. Per la prima volta nella storia dell’umanità, ed esattamente in questi anni, abbiamo tra le mani una mappa scientifica del (nostro) Universo. Mai accaduto prima. Mappe come queste si sono sempre fatte, certo: ma erano basate sul mito e non sulla scienza. Il mito è fondamentale, riempiva un vuoto e inseriva la vita dell’uomo in un contesto di senso. E in fondo era un modello anch’esso, sia pur difficilmente falsificabile.

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Di cosa è fatto tutto quel che c’è?

L’astronomia ci ha abituato da tempo a splendide immagini: stelle, pianeti, lontani quasar… Eppure, raramente troviamo una immagine così densa come quella che presentiamo oggi e che racchiude, conchiude – quasi come una icona – la nostra attuale concezione di Universo.

Di cosa è fatto insomma il nostro Universo? Di cosa è fatto tutto quel che c’è? Scoprirlo, è il compito della sonda Plank (un grande progetto della nostra Europa) che ha realizzato – dal 2009 al 2013 – una mappa puntigliosissima delle differenze in temperatura della superficie ottica più “antica” che si conosca in assoluto, ovvero il fondo cielo che si creò quando il nostro universo divenne, finalmente, trasparente alla luce (prima era così denso che non c’era verso, nemmeno i fotoni potevano fluire tranquilli).

La radiazione cosmica di fondo è una complessa intelaiatura che è anche un formidabile campo di prova per le varie teorie cosmologiche, per le nostre prove di comprensione della struttura del mondo. Le teorie dunque sono chiamate ad accordarsi con quanto oggi “vediamo” tramite satelliti come Plank, e questo pone fortissime “costrizioni”, che sono a loro volta cogenti indicazioni. Di quel che c’è, e quel che non c’è.

Soprattutto, di quanto sia sorprendente questo universo, in cui viviamo. La più recente analisi di questi dati, infatti – roba fresca fresca, di pochi giorni – conferma ora ed ancora che la maggior parte dell’Universo è fatta di qualcosa che non conosciamo, la elusiva “energia oscura”. E non è tutto: anche la maggior parte della materia, è materia che non conosciamo, anch’essa detta “oscura”, appunto.

Insomma l’universo, questo universo – nato (e lo sappiamo proprio da questi dati) 13,8 miliardi di anni fa, continua a stupirci con la sua formidabile carica di mistero. E’ così davvero affascinante, guardarlo, esplorarlo, cercare di capirlo. Perché quel poco che sappiamo (ed è già moltissimo) si immerge in un mare magnum di cose che ancora non sappiamo. Ma che siamo invitati ad esplorare, ogni giorno di più.

E le sorprese – questo sì, lo sappiamo – non mancheranno.

 

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Tutto l’universo, in una mano

Non c’è che dire: viviamo in una epoca assolutamente privilegiata, per la diffusione delle notizie scientifiche. Anzi, per la partecipazione viva alla ricerca, una partecipazione che trova sempre nuovi modi e nuove strategie, inediti canali comunicativi, per allargarsi ad intercettare la curiosità viva di tante persone, delle più diverse estrazioni sociali, delle più varie culture.

L’abbiamo detto più volte, lo studio del cielo e dei suoi misteri, è la naturale prosecuzione di quella esplorazione del nostro pianeta, che è sempre stata connaturata al progresso dell’uomo. Quella esplorazione totale (che coinvolge tutto, anche la percezione di noi stessi nel cosmo) che da tempo tentiamo di riportare qui, per come possiamo.  Ed inoltre è un fattore potenzialmente pacificante, una istanza virtuosa che ci porta a guardare tutti nella stessa direzione. Ad alzare gli occhi alle meraviglie celesti, dimenticando per un po’ le nostre piccole contese. O meglio, mettendole sotto una nuova luce, una luce che forse permette un pochino di rivedere alcune nostre posizioni, di stemperare alcune rigidità che inevitabilmente ci affliggono.

fondo cosmico a microonde

Una immagine delle anisotropie iniziali dell’universo. Da qui, da queste piccole differenze di temperatura (evidenziate da differenze in colore) ha avuto origine tutto, le galassie, le stelle: il mondo che conosciamo. Crediti: NASA

L’epoca attuale è senza dubbio privilegiata, perché è sicuramente il primo momento ove la diffusione dei risultati della ricerca avviene in un contesto tecnologico estremamente favorevole: sia per tutti i canali informativi esistenti su Internet e sugli altri media, sia per le possibilità finora totalmente inedite per toccare con mano la ricerca, fin nei suoi più attuali risultati.

Ora, per esempio, è possibile toccare con mano perfino lo stato dell’universo primordiale.  Sì sì, è possibile scaricare le istruzioni per costruire una versione tridimensionale della mappa del fondo cosmico a microonde, la “versione iniziale” dell’Universo, prima ancora che venisse popolato da stelle e galassie, come (un po’) ora lo conosciamo. Questa “scultura cosmica” è utile per provare la concretezza di quanto ormai sappiamo della struttura profonda del cosmo, per sentire la ricerca e non solo apprenderla o immaginarla. Per merito di un lavoro dell’Imperial College di Londra, è possibile stamparsi in casa una mappa verosimile dell’universo bambino.  Basta scaricare i files e darli in pasto ad una stampante 3D, e il gioco è fatto!

Sì, il gioco: perché l’aspetto di gioco è tutt’altro che marginale nell’avventura della scienza, e sopratutto nell’esplorazione del cosmo. Perché siamo come bambini che giocano, con quei mattoncini di un Lego che sono gli esperimenti scientifici.

Quel gioco iniziato con Galileo, che ci piace troppo, e dal quale non ci staccheremo mai. Sopratutto da adulti.

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Chi si ferma è perduto!

Potremmo ben dire così, vista la situazione: chi si ferma è perduto. Del resto, fermo non c’è proprio nessuno. Tanto meno la Terra. Allora vediamo di fare chiarezza, in questo senso. Approfittiamo dell’immagine presentata ieri da APOD, per aiutarci in questa rapida carrellata… Cominciamo appunto dalla Terra. Ebbene, la Terra non sta ferma di certo: come sappiamo, si muove intorno al Sole, compiendo il suo moto di rivoluzione annuale. Il Sole a sua volta  non sta certo in panciolle, ma orbita intorno al centro della Via Lattea. 

Al che uno potrebbe pensare: bene, è finita qui. 

Invece no. Affatto.

La Via Lattea compie la sua orbita intorno all’interno del Gruppo Locale di Galassie (il nome vi dice qualcosa, per caso?). Il quale Gruppo Locale, lungi dal vegetare tranquillamente a galla nello spazio, si trova altresì coinvolto in una vertiginosa caduta verso il gruppo di galassie dell’Ammasso della Vergine. E’ uno degli ammassi di galassie più grossi vicino al Gruppo Locale, con più di un migliaio di galassie che vi fanno parte. Dunque si capisce che eserciti una rilevante attrazione gravitazionale.

Ma non è finita qui.

E’ che tutte queste velocità messe insieme non raggiungono quella del moto combinato di questi oggetti rispetto alla radiazione cosmica di fondo. Tale radiazione è forse il criterio più valido per poter distinguere, nell’Universo, ciò che sta fermo da ciò che si muove. Se ci pensate, ogni cosa è in movimento rispetto ad un’altra, e l’unico sistema di riferimento affidabile sembra essere quello solidale con la radiazione di fondo. 

Dip cobe 960

Image Credit: DMR, COBE, NASA, Four-Year Sky Map

Nella mappa che presentiamo qui sopra, ottenuta per mezzo del satellite COBE, che tanto ha dato alla cosmologia moderna, la radiazione nella direzione del moto terrestre appare più blu e dunque più calda, mentre quella dal lato opposto è spostata verso il rosso e dunque più fredda. La differenza di colori rappresenta pertanto l’evidenza più diretta del fatto che la Terra è in (rapido) movimento rispetto ad un sistema di riferimento solidale con la radiazione di fondo.

Sì, va bene. Ma quanto rapido? Avete mai pensato a formulare questa domanda? A che velocità, in ultima analisi, ci stiamo muovendo nel cosmo? Ebbene, dalla mappa si ricava che il Gruppo Locale si muove alla velocità di circa 600 chilometri per secondo in rapporto alla radiazione primordiale. Questa velocità appare piuttosto alta (parliamo di più di due milioni di chilometri all’ora, non proprio bruscolini…) e per molti versi la sua entità rende perplessi gli scienziati, che si sarebbero aspettati un valore più basso. Perché mai ci muoviamo così velocemente? Perché sfrecciamo nello spazio cosmico a questa velocità decisamente sconveniente (in barba ad ogni regolamentazione del traffico che vi può essere a larga scala)? Verso dove siamo diretti? Chi è che ci attira così tenacemente?

La risposta c’è. Si chiama Grande Attrattore (e mai nome fu più indovinato, probabilmente); con la sua massa decisamente elevata (stiamo parlando di decine di migliaia di galassie, ognuna delle quali potrebbe essere paragonabile alla nostra Via Lattea) esercita una irresistibile attrazione (gravitazionale) per le galassie della Via Lattea e per milioni di altre galassie, che da tempo dunque si trovano coinvolte nel moto verso di lui.

Il viaggio comunque si preannuncia piuttosto lungo; siamo ancora a 250 milioni di anni luce di distanza, non c’è davvero da aver troppa fretta di arrivare… 

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