Il cosmo e la poesia (II)

Come abbiamo iniziato a comprendere la volta scorsa, la poesia ha costantemente guardato al cielo con quel senso di meraviglia che a volte l’impresa scientifica (possiamo pur dirlo) ha perso di vista, incalzata dall’inesorabile progredire della tecnica e dalle nuove possibilità che si aprono continuamente – in particolare – per l’esplorazione dello spazio. La poesia è allora ciò che aiuta l’astronomo a rientrare in sé, a recuperare la sua umanità e quindi lo aiuta e a tornare amico delle parole e perciò stesso, a raccontare e raccontarsi. Se l’intero è più della somma delle sue parti, il cosmo è ben più della mera collezione delle informazioni riguardanti gli oggetti che lo compongono. Il poeta non si cura di studiare la struttura degli interni stellari, compito senz’altro dell’astrofisico: egli intende piuttosto di riportarci a quella comprensione globale del cosmo che pur ci appare necessaria. Può esserci ancora spazio, in questo mutuo soccorrersi, per interrogativi oziosi su quale delle due attività sia da considerare privilegiata?

Busto di Saffo conservato nei Musei Capitolini a Roma

In fondo, la poesia è la divulgazione del mistero del cosmo e dell’uomo, in modalità fascinosamente sintetica e secondo la difformità di visioni che garantisce, per cui la scienza che torna amica della poesia è una scienza che si fa divulgare con maggior facilità e con più deciso riscontro. La poesia insomma fa bene alla scienza (ma vale anche il viceversa).

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Tramontata è la Luna

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.

Per me è fonte di stupore osservare come la poesia più antica e quella moderna si ricolleghino e quasi risuonino tra loro, di una consonanza – direi quasi una collimazione – così precisa ed esatta: insospettabile, a priori. Come se i moderni riprendessero il filo di un discorso ancestrale e importante, forse interrotto, o rimandato appena per un poco.

La poetessa Saffo, vista da Davide Calandrini @davidecalandrini 

Ad esempio, leggendo il frammento di Saffo con il quale si apre questo articolo (come il successivo, qui proposti nella traduzione di Salvatore Quasimodo), mi torna in mente subito Giuseppe Ungaretti… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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Io sto scrivendo

L’attività di scrittore si è evoluta con il tempo. Nelle cose non essenziali, perlopiù. Si può ancora, certamente, scrivere con una matita e un blocco di appunti, in una stanza spoglia, con un tavolino ed una sedia. Anzi, per un certo verso, la vera cosa affascinante dello scrivere è proprio questa: basta poco, pochissimo. Una frase appena, magari. Mi illumino d’immenso. Può essere appuntata ai margini di un quaderno. E rimanere, passare attraverso i secoli, i millenni (certo, devi essere un Ungaretti, e non è immediato). Penso anche ad alcuni versi di Saffo. Brevi, lapidari, moderni. Eterni.

Eros mi scuote la mente
come il vento sui monti gli alberi invade

E’ il nucleo della scrittura. Ricordiamoci sempre che per scrivere basta poco. 

Accanto a questo nucleo vi sono, comunque, una serie di possibilità realmete nuove. Prendiamo la rete, prendiamo in particolare i social network, croce e delizia dell’attuale epoca informatica. Proprio attraverso i social network ci si può accorgere di quanta gente, in ogni istante, stia cercando di seguire la nostra stessa passione. Stia scrivendo.

Che dici, non sarebbe male, cercando di svolgere una attività fondamentalmente solitaria come quella di scrivere, sbucare fuori ogni tanto dal proprio lavoro e scambiare quattro chiacchiere con altri scrittori? Basta andare su Twitter e cercare messaggi con una hashtag appropriata. La hashtag è fondamentalmente una etichetta che permette di identificare i post di uno specifico tema (usualmente viene identificata dal suo primo carattere, che è sempre ‘#’). Una delle più significative, e con una sua storia interessante, è #amwriting. E’ la contrazione delle frase inglese I am writing (sto scrivendo). 
Scorrendo i messaggi la prima impressione è di stupore… allora non sono solo!  Ok, certo lo sapevi già, ma un conto è saperlo un’altro accorgersene.
Allora puoi seguire qualche scampolo di conversazione, vedere i progressi degli altri, intervenire su qualche messaggio significativo (certo c’è da tenere conto che i messaggi sono quasi tutti in inglese). Per poi rimetterti a lavorare. Ma intanto sai che il bar degli scrittori è sempre disponibile. Ci trovi sempre qualcuno.
Personalmente la trovo una risorsa confortante. Il tempo impiegato su #amwriting non è perso, perché di solito ne esci con la fiducia un po’ più salda. E’ bello vedere che in ogni istante c’è gente che scrive e non si arrende, si misura con i propri limiti, fa i conti con rifiuti editoriali, con famiglie burrascose, figli  irrequieti e genitori irritanti, mariti collerici e mogli invadenti. E va avanti, e scrive. Perché non lo hanno scelto loro, ma qualcosa dentro li spinge a farlo. 
Che poi, per essere un vero scrittore, basta una cosa sola. Scrivere. 

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