Per ottenere questa immagine, il rover Curiosity ha usato il suo corredo di macchine fotografiche in bianco e nero in due diverse circostanze nella stessa giornata (mattina e pomeriggio), ad inizio del mese di aprile.
I colori poi sono stati aggiunti come tocco artistico per ammirare meglio la scena, con il blu che rappresenta il panorama mattutino e in giallo quello pomeridiano.
Personalmente, davanti ad immagini come questa, ancora mi perdo. Mi perdo nei dettagli delle rocce, nella nitidezza del profilo di monti e valli. Più mi attardo a guardare, più inizia a sembrarmi possibile essere lì, in qualche modo.
I primi scatti del telescopio spaziale James Webb, mostrati al mondo martedì 12 luglio, sono riusciti a stupire, a commuovere, gli stessi astronomi. Gente che di immagini del cielo ne vede tutti i giorni, davanti a queste nuove immagini rimane a bocca aperta. C’è anche chi ha pianto, raccontano le cronache.
Lo capisco, anche io sono rimasto impressionato. Il grado di dettaglio è veramente sorprendente. Il modo nuovo che abbiamo di vedere l’Universo è tale, che risulta difficile sovrastimare il salto in avanti che abbiamo compiuto. Verissimo, già avevamo compreso come fossero tempi particolarmente interessanti per la scienza del cielo, ma con l’entrata in funzione del James Webb, è come se ora fossimo tutti sottoposti ad una accelerazione ulteriore…
L’Istituto Nazionale di Astrofisica esprime la massima solidarietà alla popolazione e alla comunità scientifica dell’Ucraina ora sottoposta a una situazione molto difficile. Siamo a disposizione nell’ambito delle iniziative del Governo nel supportare azioni concrete di aiuto per i nostri colleghi ucraini con cui collaboriamo da anni. La scienza deve essere portatrice di valori universali di pace; in questo senso la comunità Inaf auspica che la ragione prevalga sulla sopraffazione, e che non si debbano interrompere le molte collaborazioni scientifiche frutto di tanti anni di rapporti positivi.
Riparto da qui, per capire chi sono, cosa sono, in questa contingenza. Riparto da ciò che mi definisce (qui, in ambito professionale). Prendo sul serio questa dichiarazione. Tra il fiume di parole di questi giorni (fate caso come, nel flusso verbale mediatico, l’affluente COVID abbia speditamente ceduto il passo a quello riguardante la situazione in Ucraina), scelgo quelle verso cui ho una appartenenza da giocarmi. Devo farlo, in ambito personale, come in ambito professionale. Che poi, lo sappiamo, è tutto collegato.
Si parla nel comunicato, di scienza come portatrice di valori universali di pace. Questo lo credo, questo lo scrivo e cerco di fare amicizia con questo concetto, nella vita quotidiana, per come posso. Penso ora anche al convegno internazionale La Scienza per la Pace che si è tenuto in Abruzzo quest’estate, a cui ho partecipato con interesse.
Questa sorta di spada laser celeste non si trova affatto in una galassia molto lontana da noi, ma rifulge proprio dentro la nostra Via Lattea. Per la precisione, si trova nella parte più interna di una turbolenta zona di formazione di nuove stelle, nota come la Nube Molecolare di Orione B (appartenente al Complesso nebuloso molecolare di Orione), a circa 1500 anni luce di distanza da noi.
Perché si forma questo bizzarro fascio di luce intorno ad una stella in formazione? Per capirlo, bisogna andare appena un attimo indietro, a quando la stella sperimenta le sue primissime fasi di vita. Quando si forma una stella, essenzialmente dal collasso di gas e polvere cosmica sotto la propria gravità, si costituisce anche un disco piatto che ruota intorno alla struttura appena formata.