Blog di Marco Castellani

Tag: Ungaretti

Uno spazio da mordere

Il punto è che anche noi scienziati, ormai, rischiamo di meravigliarci poco. Quando poi la scienza contemporanea, l’astronomia in particolare (secondo me), di motivi per meravigliarci ce ne fornirebbe a iosa. Sicuramente molti più di un tempo. Basterebbe pensare alle immagini del Telescopio Hubble appena ieri, del James Webb oggi.

Ma oltre le immagini, sempre bellissime, c’è altro nello studio dei cieli. E non mi riferisco solo all’aspetto più tecnico o matematico, adatto agli addetti ai lavori. Anche una teoria, un modello ci può parlare: anch’essa è pane per alimentare un sincero stupore, se appena ci manteniamo abbastanza aperti.

Giuseppe Ungaretti, visto da Davide Calandrini @davidecalandrini 

Perché i modelli servono a tutti (scienziati e non). Abbiamo sempre avuto un modello di universo con il quale confrontarci, fin dai primordi dell’umanità. Semplicemente, non si può vivere senza un’idea, uno schema, di quello che abbiamo intorno. Mitico o scientifico, in questo senso non ha grande importanza… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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Io sto scrivendo

L’attività di scrittore si è evoluta con il tempo. Nelle cose non essenziali, perlopiù. Si può ancora, certamente, scrivere con una matita e un blocco di appunti, in una stanza spoglia, con un tavolino ed una sedia. Anzi, per un certo verso, la vera cosa affascinante dello scrivere è proprio questa: basta poco, pochissimo. Una frase appena, magari. Mi illumino d’immenso. Può essere appuntata ai margini di un quaderno. E rimanere, passare attraverso i secoli, i millenni (certo, devi essere un Ungaretti, e non è immediato). Penso anche ad alcuni versi di Saffo. Brevi, lapidari, moderni. Eterni.

Eros mi scuote la mente
come il vento sui monti gli alberi invade

E’ il nucleo della scrittura. Ricordiamoci sempre che per scrivere basta poco. 

Accanto a questo nucleo vi sono, comunque, una serie di possibilità realmete nuove. Prendiamo la rete, prendiamo in particolare i social network, croce e delizia dell’attuale epoca informatica. Proprio attraverso i social network ci si può accorgere di quanta gente, in ogni istante, stia cercando di seguire la nostra stessa passione. Stia scrivendo.

Che dici, non sarebbe male, cercando di svolgere una attività fondamentalmente solitaria come quella di scrivere, sbucare fuori ogni tanto dal proprio lavoro e scambiare quattro chiacchiere con altri scrittori? Basta andare su Twitter e cercare messaggi con una hashtag appropriata. La hashtag è fondamentalmente una etichetta che permette di identificare i post di uno specifico tema (usualmente viene identificata dal suo primo carattere, che è sempre ‘#’). Una delle più significative, e con una sua storia interessante, è #amwriting. E’ la contrazione delle frase inglese I am writing (sto scrivendo). 
Scorrendo i messaggi la prima impressione è di stupore… allora non sono solo!  Ok, certo lo sapevi già, ma un conto è saperlo un’altro accorgersene.
Allora puoi seguire qualche scampolo di conversazione, vedere i progressi degli altri, intervenire su qualche messaggio significativo (certo c’è da tenere conto che i messaggi sono quasi tutti in inglese). Per poi rimetterti a lavorare. Ma intanto sai che il bar degli scrittori è sempre disponibile. Ci trovi sempre qualcuno.
Personalmente la trovo una risorsa confortante. Il tempo impiegato su #amwriting non è perso, perché di solito ne esci con la fiducia un po’ più salda. E’ bello vedere che in ogni istante c’è gente che scrive e non si arrende, si misura con i propri limiti, fa i conti con rifiuti editoriali, con famiglie burrascose, figli  irrequieti e genitori irritanti, mariti collerici e mogli invadenti. E va avanti, e scrive. Perché non lo hanno scelto loro, ma qualcosa dentro li spinge a farlo. 
Che poi, per essere un vero scrittore, basta una cosa sola. Scrivere. 

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