Blog di Marco Castellani

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Ai confini dell’universo

Per quanto il titolo possa apparire roboante, bisogna dire che non è troppo lontano dal vero, in questo caso. Ed è tutto merito loro, se ci spingiamo fin quasi ai confini del cosmo: merito senz’altro di questi grandi telescopi spaziali dei quali ragiono in questa recentissima chiacchierata svolta in compagnia di Alberto Negri, di SpazioTesla.

Certo di telescopi nello spazio ormai ce ne sono tantissimi, la lista è davvero lunga. Solo per questioni di esempio e per la loro indubbia rilevanza nella storia e nella attualità astronomica, che sono stati scelti questi tre: Hubble, James Webb ed Euclid, tutti e tre già ben presenti tra gli articoli di questo blog (se cliccate sui link sotto il nome dei singoli telescopi potrete verificarlo).

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L’esigenza di Darsi Spazio

Le motivazioni, per me, sono diverse. Intanto, un voler restituire qualcosa per tutto ciò che di buono si è assorbito, si è vissuto. Anche, accogliere l’invito ad essere più creativi, che mi pare così organico al percorso stesso. A mettersi in gioco secondo le proprie capacità, le personali competenze. Il percorso in Darsi Pace costituisce per me, fin dall’inizio, uno stimolo straordinario a guardare il mio lavoro di astrofisico, fuori dalle brume dell’abitudine. Da questa prospettiva, posso farmi toccare ed interrogare in modo inedito da ciò a cui dedico tanta attenzione, nella mia giornata. Sì, posso (anzi, devo) vedere anche le stellein modo nuovo. E così, raccontarle.

Cos’è studiare l’universo, cosa c’entra con la nostra umanità? Ed ancora, è davvero importante in quest’epoca travagliata? O è una cosa da prendere così, come un divertimento intellettuale, per chi ha la fortuna di potervisi dedicare? Prima ancora che formulare frettolose risposte, stare in queste domande è per me un primo, necessario passo… [Continua a leggere sul sito di Darsi Pace]

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Darsi Spazio (in video)

C’è bisogno di portare il cosmo più decisamente dentro le nostre vite: la sua “rimozione” è infatti funzionale all’assetto neoliberista del sistema in cui siamo avvolti, perché estraniandoci dalle stelle diventiamo solo più predisposti al consumo e al consenso verso un “ordine del giorno” dettato dalle oligarchie: proprio come quei “polli di allevamento” di cui già Giorgio Gaber parlava profeticamente anni fa. C’è bisogno delle stelle come fattore che contribuisca e inneschi la vera rivoluzione, l’unica ancora possibile, l’unica sempre possibile.

Per questo ci serve il cielo: non è un qualcosa di lassù, un qualcosa qualsiasi. Un qualcosa staccato da noi. Serve nella nostra vita quotidiana, nella vita affannata di mattine corse verso il metrò con magari la pioggia già appiccicata addosso, oppure di incastramenti metallici in lentissimo movimento sulla tangenziale, la testa piena di cose da fare e magari di ruminazioni sulla serata precedente o su quella scadenza saltata o su quella persona che vorremmo conoscere meglio o quell’altra che conosciamo ormai da una vita ma che proprio ieri abbiamo trattato – ancora una volta! – con stizzita sufficienza, non pensando al mistero stellato che lei, che ogni persona, è nel cosmo.

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Lavoro di accordatura

Vero, è stato detto molte volte, qui. Però a me piace provare a ricordarlo spesso, tentare di ritornarci ogni volta che posso. Perché me lo scordo. E se me lo scordo è come se mi catapultassi indietro, dentro il modello di universo statico. Cioè, guardo fuori e niente, non si muove nulla. Se non faccio esperienza – almeno indiretta, tramite la scienza – che in questo momento il Sole viaggia a più di 220 chilometri al secondo. Che i quasar lontani sono immensamente più lontani di ieri.

L’universo si muove, eccome. Ma già pensarlo mi apre la mente. Lei poi subito si richiude, e devo ripensarlo, ancora ed ancora

Meno male che ci sono tante evidenze, che mi confortano.

La Nebulosa del Granchio è il primo oggetto del catalogo di Messier, il catalogo della cose che non sono comete. Viene appunto chiamata M1. Fatta da resti di una supernova esplosa nel 1054. Larga dieci anni luce, adesso. E si espande. A più di 1000 chilometri al secondo.

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Parlando di astronomia

Ed è proprio l’attenzione al parlare che è il tratto di questo esperimento. Delle videopillole di argomento astronomico. Che però siano leggere. Brevi, sopratutto. Più aperte alle suggestioni, alle analogie, che all’asettico rigore scientifico. Quello ci vuole, quello è necessario. Qui però lo dò in un certo modo per scontato, acquisito.

Provo a sviluppare un discorso di secondo livello, cerco di saltare alle conclusioni (aperte, apertissime). Cerco di dire quello che appassiona me prima di tutto. Sono appena semini, spunti di riflessione e, se volete, di dialogo.

Non avrei mai creduto di scriverlo, fino a pochi giorni fa. Ma la realtà è sorprendente, sempre (se uno accetta di lasciarsi sorprendere, che è in sé già un bel lavoro, mica scontato). Quindi lo scrivo: se vi fa piacere, iscrivetevi al mio canale.

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La scienza è un gioco!

In fondo è questo, è questo che spesso dimentichiamo: la scienza è un gioco! Il gioco è una delle attività fondamentali dell’uomo, tanto che i piccoli – che non hanno tempo da perdere in chiacchiere come i grandi – essenzialmente fanno questo, giocano. La scienza è gioco nella sua parte migliore, gioco di scoperta e di perpetua meraviglia. Non c’è senso del dovere che possa essere così produttivo, per uno scienziato, come un solo momento di sincero entusiasmo per l’oggetto della sua ricerca.

Per l’uomo, scoprire che la realtà del mondo fisico si fa comprendere nella sua complessità è sempre stato un bellissimo gioco. Certo in ogni umana attività ci sono poi frustrazioni, rivalità, invidie, strade sbagliate, riprese, scoramenti, e tutto quello che volete. Ma la base resta quella del gioco, e se togliete quella, temo che rimanga ben poco. Scoprire come funziona l’universo, scoprire sopratutto che l’universo si fa scoprire, è un gioco bellissimo, che apporta significato all’agire umano.

Questo video girato da ricercatori dell’Agenzia Spaziale Europea (dove anche Gaia ha il suo ruolo) nei loro momenti di pausa, ci aiuta meglio di mille parola a ricordarci che gioco fantastico che è la scienza. Molti riconosceranno la musica, e anche il tipo che fa capolino al minuto 5.41.

Insomma, io dico che la massima serietà è possibile solo così, con questa libertà interiore che si nutre davanti ad un bel gioco. Al gioco della scoperta del mondo, inesauribile e continuamente sorprendente.

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Spunta la luna dal monte…

Vi è mai capitato di vedere sorgere la Luna? Per quanto possa sembrarci una cosa familiare – fin troppo semplice, rispetto alle meraviglie dei lontani quasar e alle incognite dell’universo primordiale – è realmente uno spettacolo affascinante, del quale possiamo fare esperienza semplicemente guardando, senza necessità alcuna di intermediazioni tecnologiche.

Ma a volte le cose familiari sono quelle che consideriamo di meno – ed invece possono essere fonte di grande stupore, se guardate con occhi nuovi, con mente semplice ed aperta – disposta alla meraviglia, ancora.

Questo spettacolare sorger di luna è stato catturato all’inizio del 2013 in Nuova Zelanda, sopra Mount Victoria. Un intraprendente astrofilo ha sistemato la camera a circa due chilometri, puntando dove si aspettava sarebbe sorta la nostra Luna.

Mount Victoria (di giorno, stavolta!), Nuova Zelanda

Visto così, è realmente impressionante. Da sottolineare che non è una sequenza accelerata, ma è registrata a velocità normale (come si comprende anche osservando i movimenti delle persone, che appaiono come silhouette davanti al profilo luminoso del nostro satellite). Il video, bisogna dirlo, non ha subito alcuna manipolazione: è esattamente lo spettacolo che si svolgerebbe davanti ai nostri occhi, se appena fossimo nella posizione giusta.

Che poi, è la posizione che permette di farci stupire. Ed in fondo, è l’unica possibile, per indagare il cosmo. Ovvero, per stupirci – ora ed ancora – della sua perpetua bellezza.

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Tutto in un minuto…

La storia di tutto quanto, potremmo dire: raccontata in appena un minuto. A questo ci conduce la visione del video qui di seguito. Nonostante il tempo ridotto, niente – potremmo dire-  viene lasciato fuori. Si parte infatti dal vero inizio, da quel Big Bang che riteniamo abbia dato il via a questo universo, e si prosegue poi con un viaggio velocissimo attraverso il cosmo primordiale, dove “presto” si arriva alla formazione della Terra e della Luna.

Video Credit & Copyright: MelodySheepSymphony of Science, John Boswell; Music Credit: Our Story

L’avventura prosegue poi con l’emergere della vita multicellulare, e si giunge all’epoca dei  rettili e dei dinosauri. A questo punto, come sappiamo, c’è il punto di rottura (e ripartenza) dato dall’impatto devastante con un gigantesco meteorite. La ripartenza seguita all’estinzione di massa, è data proprio dall’avvento sulla scena del mondo dei mammiferi.  Siamo dunque alla comparsa dei primi uomini, e finalmente – sempre andando avanti veloce – allo sviluppo della moderna civiltà, così come la conosciamo.

Il video termina con una bellissima immagine di un uomo in cima ad una montagna, quasi segno tangibile ed evocativo di una rinnovata unione tra un uomo – finalmente  consapevole di quanto è stato necessario per la sua comparsa nell’economia del cosmo – e la natura immensa che lo circonda.

Per tutto questo, vale la pena prendersi un minuto. Indubbiamente.

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