Da ogni punto di vista (ovvero, diventare panoramici)

In che senso possiamo sostenere che l’universo è elegante? Ed ancora, come possiamo accorgerci di questa eleganza, e che conseguenze può avere? Che conseguenze concrete – intendo – per la nostra esistenza su questo pianetino che ruota intorno ad una piccola stella situata nelle periferie di una enorme galassia a spirale?

Ottima conversazione nella serata, lo scorso lunedì, per la serie Io divulgo forte di Radio Incredibile con Andrea Cittadini Bellini e Valeria Tassotti. Siamo partiti dal rapporto tra scienza e fede ma presto il dialogo si è allargato ad altri temi e altre provocazioni. Alla fine, saremmo andati avanti per ore: l’affiatamento era perfetto e il dialogo scorreva senza intoppi.

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Come andrà a finire?

Spesso ce lo chiediamo, come andrà a finire? Domanda legittima in diverse circostanze: quando magari non intravediamo lo sviluppo di qualcosa che ci sta a cuore, quando vorremmo soltanto correre in avanti, quasi scavallando il tempo, nell’ansia incontenibile di sapere. Che poi le cose hanno un loro svolgimento, spesso si definiscono proprio nel tempo, così che non sempre è realmente produttiva questa fuga dal presente.

Tutto questo è – se possibile – ancora più vero anche quando intendiamo la domanda nel più ampio senso possibile, cioè riferendola al cosmo. Come andrà a finire il tutto? Che ne sarà, nel tempo, di questo nostro universo fisico? La ragione calcolante vuole risposte precise, pretende dati quantitativi, a volte ignorando che le risposte vengono solo passando attraverso delle fasi, impregnandosi con ciò di cui si sta trattando. Insomma, non è detto che la domanda sia sempre e comunque ben posta, anche se la curiosità è comprensibile e legittima.

Di tutto questo discorro con Gabriele Broglia, sempre sotto la attenta ed affettuosa guida tecnica e regista di Emanuele Giampà, nella sesta puntata della serie di Darsi Spazio, puntata che rappresenta anche la chiusura di stagione (e mai titolo potrebbe dunque essere più appropriato) per questo primo ciclo di conversazioni.

L’episodio si apre con una citazione di Federico Faggin (un post dal suo account X) ed una di Marco Guzzi (dal suo volume Dalla fine all’inizio) che ci aiutano ad imboccare (credo) il giusto sentiero, per arrivare poi a discutere delle varie (interessantissime) teorie della fine del cosmo, per come le possiamo delirare alla luce delle conoscenze attuali.

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Sul navigare sicuri (abbattendo uccelli molesti)

C’è qualcosa che spesso non convince negli spot di Apple, almeno secondo me. Voglio dire, tecnicamente sono fatti molto bene, sono fatti da gente che li sa realizzare. Su questo, nulla da dire.

Ma se ragiono sul messaggio che mi vogliono mandare, spesso trovo un disallineamento dalla realtà, uno sfasamento sottile, mi imbatto in qualcosa che insomma non mi torna. Oggi, come nel recente passato.

Prendiamo quello che sta girando abbastanza in televisione, in questi caldi giorni estivi (quello che trovo in rete, per la verità, è una versione un po’ diversa da quello che ho visto più volte in televisione, ma il concetto è lo stesso).

Riprendo le parole del sito iphoneitalia, nell’articolo che descrive lo spot

Nel video, telecamere di sicurezza sono rappresentate come fastidiosi uccelli e pipistrelli che sorvolano gli utenti mentre navigano sul web, simboleggiando i tracker dei siti. La maggior parte dello spot si concentra su utenti non iPhone, ma verso la fine, un utente iPhone apre Safari e tutte le inquietanti telecamere esplodono in aria, sottolineando la sicurezza del browser Apple.

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Ma dove sono tutti?

Famosa la domanda che fece Enrico Fermi mentre lavorava ai laboratori di Los Alamos nel 1950. Si parlava di un avvistamento UFO riportato dalla stampa, la conversazione si spostò poi su argomenti correlati, fino a che Fermi sbottò, Dove sono tutti?

È il celebre paradosso di Fermi: se l’universo è pieno di pianeti adatti alla vita, appunto, dove sono tutti?

In questa conversazione tra me e Gabriele Broglia – la quinta della prima serie di Darsi Spazio, sempre sotto la attenta guida di Emanuele Giampà – parliamo proprio di questo. E di dove cercare la vita, semmai si possa trovare.

E pariamo anche – citando un denso articolo di Giuseppe Tanzella-Nitti – del perché la fede non sia affatto “minacciata” dall’eventuale contatto con extraterrestri.

Buona visione!

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Il viaggio della vita

Il giorno 15 del mese di maggio ho tenuto, presso il Fondo Ferroni di Frascati, un intervento dal titolo Il Cosmo e la Poesia. Di fronte ad un nuovo universo?

In questa occasione ho voluto riprendere il discorso a tappe che sto conducendo nella rubrica Il cosmo e la poesia sul magazine dell’associazione Frascati Poesia, volto proprio ad esplorare quella fittissima trama di relazioni che sussiste tra la ricerca astronomica e cosmologica e l’espressione poetica, di ogni tempo. Un discorso che finalmente, dalla parola scritta si è riversato nella conversazione orale, con tanti stimoli, domande cui poter rispondere, persone con le quali poter interagire.

Un’occasione anche, per fare il punto sullo stato attuale della nostra comprensione del cosmo, come pure su tutte le occasioni di meraviglia che ci regala la ricerca attuale, dalle immagini spettacolari della superficie di Marte, all’epopea delle Voyager, fino a chiederci di cosa è fatto l’universo e ad arrenderci, docilmente, alla nostra immensa e feconda ignoranza.

Grazie di cuore a Rita Seccareccia di Frascati Poesia per avermi invitato, ma grazie di cuore anche ad Angelo Chiolle per aver realizzato con attenzione e passione il montaggio delle immagini in sincrono, con l’audio registrato durante il mio intervento.

Ecco, il viaggio tra cosmo e poesia continua, perché in fondo (almeno per me, ormai l’ho capito) è il viaggio della vita.

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Ai confini dell’universo

Per quanto il titolo possa apparire roboante, bisogna dire che non è troppo lontano dal vero, in questo caso. Ed è tutto merito loro, se ci spingiamo fin quasi ai confini del cosmo: merito senz’altro di questi grandi telescopi spaziali dei quali ragiono in questa recentissima chiacchierata svolta in compagnia di Alberto Negri, di SpazioTesla.

Certo di telescopi nello spazio ormai ce ne sono tantissimi, la lista è davvero lunga. Solo per questioni di esempio e per la loro indubbia rilevanza nella storia e nella attualità astronomica, che sono stati scelti questi tre: Hubble, James Webb ed Euclid, tutti e tre già ben presenti tra gli articoli di questo blog (se cliccate sui link sotto il nome dei singoli telescopi potrete verificarlo).

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L’esigenza di Darsi Spazio

Le motivazioni, per me, sono diverse. Intanto, un voler restituire qualcosa per tutto ciò che di buono si è assorbito, si è vissuto. Anche, accogliere l’invito ad essere più creativi, che mi pare così organico al percorso stesso. A mettersi in gioco secondo le proprie capacità, le personali competenze. Il percorso in Darsi Pace costituisce per me, fin dall’inizio, uno stimolo straordinario a guardare il mio lavoro di astrofisico, fuori dalle brume dell’abitudine. Da questa prospettiva, posso farmi toccare ed interrogare in modo inedito da ciò a cui dedico tanta attenzione, nella mia giornata. Sì, posso (anzi, devo) vedere anche le stellein modo nuovo. E così, raccontarle.

Cos’è studiare l’universo, cosa c’entra con la nostra umanità? Ed ancora, è davvero importante in quest’epoca travagliata? O è una cosa da prendere così, come un divertimento intellettuale, per chi ha la fortuna di potervisi dedicare? Prima ancora che formulare frettolose risposte, stare in queste domande è per me un primo, necessario passo… [Continua a leggere sul sito di Darsi Pace]

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Darsi Spazio (in video)

C’è bisogno di portare il cosmo più decisamente dentro le nostre vite: la sua “rimozione” è infatti funzionale all’assetto neoliberista del sistema in cui siamo avvolti, perché estraniandoci dalle stelle diventiamo solo più predisposti al consumo e al consenso verso un “ordine del giorno” dettato dalle oligarchie: proprio come quei “polli di allevamento” di cui già Giorgio Gaber parlava profeticamente anni fa. C’è bisogno delle stelle come fattore che contribuisca e inneschi la vera rivoluzione, l’unica ancora possibile, l’unica sempre possibile.

Per questo ci serve il cielo: non è un qualcosa di lassù, un qualcosa qualsiasi. Un qualcosa staccato da noi. Serve nella nostra vita quotidiana, nella vita affannata di mattine corse verso il metrò con magari la pioggia già appiccicata addosso, oppure di incastramenti metallici in lentissimo movimento sulla tangenziale, la testa piena di cose da fare e magari di ruminazioni sulla serata precedente o su quella scadenza saltata o su quella persona che vorremmo conoscere meglio o quell’altra che conosciamo ormai da una vita ma che proprio ieri abbiamo trattato – ancora una volta! – con stizzita sufficienza, non pensando al mistero stellato che lei, che ogni persona, è nel cosmo.

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