Blog di Marco Castellani

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L’inizio di un viaggio interstellare

Appena ieri, il 5 settembre. Ma dell’anno 1977, profondamente nel secolo scorso. Erano tempi di fermento per l’astronomia. Proprio il mese precedente il telescopio Big Era, dell’Ohio State University, aveva ricevuto un segnale che sembrava indicare una emissione da parte di una intelligenza extraterrestre, l’ancora famoso segnale Wow! (l’origine del quale non si è mai completamente chiarita). E certo, era stato anche lanciato il cugino Voyager 2 (ok, non mi chiedete perché la numerazione è invertita, a me personalmente fa pensare alla track listing del capolavoro musicale di pochi anni successivo, The Pros and Cons of Hitch Hiking, dove avviene un simile scambio temporale tra Part 1 e Part 2 di uno stesso titolo).

Il momento del lancio della Voyager 1, da Cape Canaveral (Crediti: NASA)

Sul piano sociale e politico non è stato scevro di eventi importanti. Quell’anno duecento intellettuali firmano la Charta 77, realizzando la più importante iniziativa del dissenso in Cecoslovacchia. In Italia prende il via (a Catanzaro) il processo per la strage di Piazza Fontana. In India si dimette da primo ministro Indira Gandhi.

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La macchia vista dalla Voyager

L’immagine della Grande Macchia è straordinaria, perché acquisita dalla sonda Voyager 1. Una delle prime sonde a darci informazioni sui grandi pianeti esterni del Sistema Solare.

La Grande Macchia fotografata dalla Voyager 1
Crediti: NASA/JPL

Voyager 1, lanciata nel 1977, inizia a fotografare Giove nel gennaio del 1979. Le immagini sono (appunto) formidabili, per l’epoca. Il progresso nella conoscenza di Giove che ne consegue, è enorme.

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Roba fatta per durare

Giove è semplicemente sconfinato. Una cosa pazzesca. Ma non ce ne rendiamo conto se non quanto ammiriamo immagini come questa.

Crediti: NASAVoyager 1, JPL, CaltechProcessing & LicenseAlexis Tranchandon / Solaris

Che rappresenta appunto il pianeta gigante, con la sua grande macchia rossa, quella tempesta perfetta che dura da oltre tre secoli ormai (tra l’altro, non è nemmeno ben chiaro perché sia rossa).

Quel “piccolo” corpo celeste che si vede sulla sinistra è una tra le lune di Giove più grandi, ovvero Europa: il confronto tra un corpo dal rispettabile diametro di più di 3000 km e il pianeta sottostante, la dice lunga su che razza di pianeta sia Giove. Invece la macchia scura a destra, è l’ombra di Io, altra grande luna gioviana.

Ma l’immagine dovrebbe anche qualcosa su che razza di sonda sia quella che l’ha scattata. Sedici istantanee prese dalla Voyager 1 (e si parla degli anni settanta dello scorso secolo) sono state appena rielaborate per ottenere questo splendido risultato. La Voyager 1 (e la sua gemellina Voyager 2) ci ha aperto gli occhi sui pianeti esterni del Sistema Solare, con risultati straordinari che reggono assai gagliardamente l’urto del tempo.

E la cosa più straordinaria, è che le Voyager stanno ancora lavorando. Costituiscono al momento la vera missione interstellare in cui è impegnata l’umanità (anche se spesso non ci bada, ahimè).

Roba fatta per durare. Messaggi tecnologici dal secolo scorso, che ci dicono che – quando vogliamo – sappiamo far qualcosa che vale. E che concentrare le nostre capacità per esplorare le meraviglie là fuori, invece di perderci in piccoli litigi di bottega, è una delle cose più belle e soddisfacenti che possiamo decidere di fare.

Ad ogni epoca.

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Quaranta anni dopo…

Era il 1977. Per la precisione, il giorno 5 settembre. Nessuno poteva aspettarselo, ma quella che stava partendo era la prima vera missione interstellare. La Voyager 1  stava lasciando il pianeta Terra, per iniziare un viaggio che, dopo il lavoro dovuto intorno a Giove e Saturno, sarebbe stato prolungato fino ad un limite assolutamente incredibile (ora e soprattutto allora), fino ai confini stessi del Sistema Solare. E oltre.

Permettetemi dunque la meraviglia. Permettetemi la meraviglia e lo stupore per il fatto di ricevere segnali – tutt’ora – da una sonda a più di ventimila miliardi di chilometri da noi. Una sonda che ci sta rivelando la natura del mezzo interstellare, là dove l’influenza del Sole svanisce, si dissolve nell’immensità del cosmo. Ma permettetemi soprattutto lo stupore per questo oggetto, il più lontano manufatto dell’uomo in assoluto, un oggetto il cui computer di bordo è migliaia di volte meno potente di un comune smartphone che ci teniamo normalmente in tasca.

Permettetemi dunque di salutare i quaranta anni di attività di Voyager 1 con ammirazione, e con trepidazione. Mantenere i contatti con questa sonda spersa nell’immensità del cosmo, è come un ponte lanciato sull’universo. 

Grazie Voyager 1.

Crediti: NASA, JPL-Caltech, Voyager

 

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Voyager 1 è nello spazio interstellare!

In un annuncio davvero storico, la NASA ha fatto sapere che l’oggetto più distante da noi prodotto dall’uomo – la sonda Voyager 1 – è ufficialmente nello spazio interstellare, ovvero lo spazio che separa le stelle, e ha ormai abbandonato a tutti gli effetti il Sistema Solare. In realtà la storica transizione, spiegano, dovrebbe essere già avvenuta da circa un anno.

“Ce l’abbiamo fatta!” ha detto sorridente Ed StoneProject Scientist per la missione Voyager da più di quarant’anni, parlando ad una riunione proprio nella giornata di ieri. “E ce l’abbiamo fatta mentre ancora avevamo abbastanza potenza per inviare i dati a terra da questa nuova regione dello spazio”. Nel video qui sotto potete ascoltare uno dei suoni… più lontani che potreste mai sperare di percepire: quello del plasma interstellare catturato dalla sonda!

Mentre permane ancora qualche controversia sul fatto che Voyager 1 sia davvero al di fuori del Sistema Solare (non è più lontano della Nube di Oort – anzi impiegherà circa altri 300 anni per raggiungerla davvero – e dopotutto la navicella è sempre più vicina al Sole che a qualsiasi altra stella), il plasma nella zona in cui sta viaggiando Voyager 1 è inequivocabilmente cambiato da quello che proviene dal nostro Sole a quello presente nello spazio tra le stelle.

Bene. Così Ed Stone ha potuto mettere questa evidenza in chiaro: Voyager 1 ha fatto il salto.

“Ora che abbiamo nuovi dati, cruciali, riteniamo che questo sia un salto di portata storica dell’umanità nello spazio interstellare”, ha aggiunto Stone, “Il team di Voyager ha avuto bisogno di tempo per analizzare queste osservazioni e derivarne un senso. Ma possiamo finalmente rispondere alla domanda che tutti ci stiamo chiedendo – Ci siamo arrivati? Sì, ci siamo arrivati”.

Il team che analizza le onde di plasma ha pazientemente rivisto i dati fino a trovare, tramite estrapolazioni e correlazioni tra diversi eventi, che la Voyager 1 dovrebbe essere entrata nello spazio interstellare ad agosto del 2012.

“Siamo letteralmente saltati dalla sedia quando abbiamo visto queste oscillazioni nei nostri dati – ci hanno mostrato che la sonda era in una regione completamente nuova, confrontabile a quello che ci si aspettava dallo spazio interstellare, e competamente differente dai dintorni del Sole” ha detto Don Gurnett, che conduce il team che studia le onde di plasma. “Eravamo chiaramente passati attraverso l’eliopausa, quella regione di confine a lungo ipotizzata tra il plasma solare e quello interstellare”. 

Ora la sonda, la missione interstellare dell’umanità, continua il suo viaggio, iniziato nel lontano 1977. Mentre scrivo osservo la distanza dalla Terra riportata nel suo sito, ed è a 18,774 miliardi di chilometri da casa (in questo istante, 18.774.067.741 chilometri, per la precisione, ma quando leggete saranno già molti di più). Nessuno si sarebbe aspettato, all’inizio quando fu lanciata, che sarebbe durata tanto, mantenendo un esile ma tenace filo diretto con il pianeta di origine.

Il team in questi anni ha fatto cose davvero mirabolanti passando attraverso una serie progressiva di (fisiologiche, vista l’estensione “smodata” della missione) avarie e dovendo gestire la sempre maggiore scarsità di energia, per mantenere il contatto con la sonda. E’ veramente un’avventura straordinaria. E chissà che la sonda, un giorno lontano, non si presenti come V’Ger tornando verso Terra, allarmando la futuristica Federazione dei Pianeti Uniti… 😉

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Tutti i fan di Cassini…!

Osservate bene l’immagine qui sotto. Ha una struttura ed una genesi veramente peculiare, ma in un senso non immediatamente evidente. Per capirlo bisogna descriverne un po’ la storia: è una storia spiccatemente collaborativa, che riguarda persone sparse in tutto il globo, per più di quaranta paesi diversi. Come avviene spesso al giorno d’oggi, il veicolo di contatto è stato Internet. L’occasione si è avuta il giorno 19 del mese di luglio, quando la sonda Cassini si è girata indietro, verso Terra, per acquisire una foto – molto da lontano – del suo pianeta di origine. Là dove tutta la sua storia ebbe inizio.

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Un incredibile mosaico della Terra… da vedere da vicino! (Crediti: NASA, JPL-Caltech, Cassini Project, Denizens of Earth)

Ora, bisogna dire che le immagini della Terra prese dallo spazio esterno non sono affatto comuni, anzi sono davvero rare. Per la precisione, abbiamo soltanto due immagini della Terra “vista da fuori”. La prima – e la più lontana – risulta quella acquisita 23 anni fa dalla sonda Voyager 1, alla rispettabile distanza di sei miliardi di chilometri da “casa”: è il famoso pale blu dot, il “puntino blu” diventato famoso perché legato al nome del famoso astronomo e divulgatore Carl Sagan (che ebbe l’idea di far girare la sonda verso Terra per scattare la foto del nostro pianeta). La seconda è quella scattata dalla sonda Cassini nel 2006, da una distanza di circa un miliardo e mezzo di chilometri. A queste appunto si è appena aggiunta quella presa da Cassini in questa occasione.

Come una forma di tributo da parte delle persone sulla Terra, la missione ha montato un gigantesco collage composto da immagini pervenuta via Twitter, Facebook, Flickr, Google+ ed anche con la più tradizionale posta elettronica, disponendo sullo sfondo una immagine del nostro pianeta. Volete sorridere? Provate a guardare il dettaglio delle singole immagini (potrebbe metterci un po’ per caricarsi, dopotutto è un file da 28MB): quante persone che salutano la sonda! Chi potrebbe ancora dire che lo studio del cielo non interessa alla “gente comune” ?

Fonte: APOD del 24 agosto 2013

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Voyager 1 verso l’ultima frontiera…

Per circa 35 anni, la sonda Voyager 1 della NASA, ha viaggiato fino ad avvicinarsi ai confini stessi del Sistema Solare. La speranza del team è che un bel giorno la sonda lasci definitivamente il nostro sistema di pianeti per immergersi completamente nello spazio interstellare.

Questo giorno, potrebbe essere quasi arrivato.

“I dati più recenti dalla Voyager 1 indicano chiaramente che siamo in una nuova regione dove le cose cambiano velocemente”, dice Ed Stone, project scientist presso il California Istitute of Technology (Pasadena). “Questo è molto eccitante. Stiamo avvicinandoci all’ultima frontiera del Sistema Solare.” 

La “frontiera” alla quale si riferisce è quella rappresentata dal bordo dell’eliosfera, che possiamo pensare come una gigantesca “bolla magnetica” che circonda il sole e i pianeti. L’eliosfera è in pratica il campo magnetico generato dallo stesso Sole, gonfiato a dismisura dagli effetti del vento solare.

Dentro l’eliosfera esiste il Sistema Solare, è casa (in pratica). Fuori dall’eliosfera è il vero spazio interestellare, un luogo sterminato e misterioso dove nessuna sonda si è mai spinta finora.

Un segnale dell’avvicinamento al confine è rappresentato dal numero di raggi cosmici che colpisce la sonda. I raggi cosmici sono particelle ad alta energia, come protoni e nuclei di elio, acelerati a velocità prossime a quelle della luce, da supernovae distanti e da buchi neri. L’eliosfera protegge il Sistema Solare da questi proiettili subatomici, deflettendo e rallentandone la gran parte, prima che raggiungano i pianeti interni.

Ebbene il numero di raggi cosmici che colpiscono Voyager 1, sta aumentando significativamente. Segno che ci avviciniamo al confine. Altre cose succederanno quando il confine verrà effettivamente varcato, come variazioni dell’orientamento del campo magnetico percepito dalla sonda, e una diminuzione delle particelle ad alta energia provenienti dalla nostra stella.

Ancora non è avvenuto, ma non siamo lontani.  E la stupenda avventura delle Voyager non è ancora finita. Stay tuned!

http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2012/21jun_finalfrontier/

 

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E Voyager prosegue. Al freddo.

Al fine di ridurre l’assorbimento di energia, i tecnici della missione Voyager hanno… “spento i riscaldamenti” su parte della sonda, lasciando scendere la temperatura dello spettrometro ultravioletto di più di 23 gradi Celsius. Al momento dunque lo strumento si trova ad operare alla temperatura di ben 79 gradi sotto lo zero: sicuramente la temperatura più bassa che ha mai dovuto sopportare, in tutta la sua lunga vita.

“Spegnere i riscaldamenti”, per così dire, non è una mossa improvvisata ma è parte di una bel calibrata strategia nella gestione delle ridotte risorse energetiche, che ha lo scopo ambizioso di continuare a raccogliere dati dalla sonda fino all’anno 2025.

Ma come stanno andando le cose? Quanto soffre lo strumento? Al momento, ci dicono dalla NASA che lo spettrometro continua imperterrito (e… infreddolito) a raccogliere dati e ad inviarli a Terra. Un’altra delle meraviglie di questa longevissima sonda! Pensate che era stato progettato per operare a circa 35 gradi sotto lo zero, ma ha continuato ad operare a temperature via via più basse negli ultimi diciasette anni, quando sono stati progressivamente spenti gli strumenti atti a riscaldarlo, posti intorno alla sua posizione. Non era affatto scontato che lo spettrometro continuasse a funzionare, ma dal 2005 di fatto si trova comunque a temperature al di sotto dei 56 gradi sotto lo zero. Da ciò gli ingegneri hanno… “preso coraggio”, e sperano che lo strumento continui a funzionare ancora, anche dopo che, nel mese di dicembre, altri riscaldatori sono stati disattivati.

Immagine di Voyager 1

Una immagine artistica della sonda Voyager 1 (Crediti: NASA/JPL-Caltech)

In ogni modo, scienziati e ingegneri della missione continueranno a monitorare le performance dello spettrometro. E’ stato parecchio attivo durante l’incontro di Voyager con Giove e Saturno: da allora è un team internazionale guidato da scienziati francesi, che segue e analizza i dati dello strumento.

La sonda Voyager 1 è stata lanciata nel lontano 1977, poco dopo la Voyager 2: attualmente è l’oggetto artificiale più distante dalla Terra. Lo stato delle due sonde può essere seguito momento per momento tramite il relativo account Twitter (al momento di scrivere, ha ben 5748 followers, tra cui ovviamente ci siamo anche noi di GruppoLocale).

Chi l’avrebbe detto, al momento del lancio (nei profondi anni ’70), che avrebbe inviato aggiornamenti di stato in un social network, parte di un mondo telematico, all’epoca ancora tutto da inventare…?

Traduzione e adattamento da una Press Release NASA

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