In pieno volo

Poesia per mantenere la rotta, tenersi in volo o meglio chiedere di rimanere sospesi su un pieno. Poesia come possibilità eterna perenne sempre aperta Poesia come segnaposto di una suprema possibilità di significato e di tenerezza, sempre spalancata per tutti.

Effemeridi

Così attraversi la notte in effemeridi intricate
e nascondi nell’ovvio la sconveniente rifrangenza 
della freschezza – come la vorresti –
Non ovattati versi ma ancora nuove cose
ancora incroci inattesi
panorami affacciati di celati balconi
attraverso la notte piano
ritrovi e vorresti
parlare e
ridere
e
.

Nuova Speranza

A volte per avere 

nuova speranza basta

il tocco di una mano…


Basta dire sì nel cuore, 

e una mano sempre
ti tocca…

Alessandra Angelucci (giornalista, poetessa, critico d’arte) legge in radio “Una vita”, dalla silloge In pieno volo, per Colazione da Alessandra (Radio Giulianova, 14.01.2016) 

Di seguito, quello che ha voluto scrivere dopo la lettura del volume:

Ho avuto modo di leggere le poesie di Marco Castellani. Condivido con voi una mia riflessione sul suo “sentire” poetico. Grazie, Marco.

«Non smettere»: è la prima eco che apre il libro di Marco Castellani.

Un invito a tentare sempre di spiegare quelle ali che – in potenza e in ciascuno di noi – suggeriscono il volo. La possibilità di guardare in alto attraverso la parola, l’unica che può salvare dalla «disperazione più scomposta». E Marco Castellani lo sa che tutto accade secondo una nuova epifania, perché è nella quiete e nel tempo della lentezza che germina la «costruzione». Attraverso una lingua attenta al gioco delle assonanze e a quel ricorso anaforico che segna il passo di chi – deciso – incalza su nuovo sentiero, la voce si fa a volte nostalgica «di abbracci» e di discorsi che si cuciono agli incroci degli sguardi; altre volte, invece, la parola annuncia ciò che spesso la pelle non vuole ascoltare: «devi partire, prendere il largo».

Tutto, nella sua poesia, è ricordo consapevole del fuoco, del «giovanile orizzonte», quando il mondo è stupore e non si ha tempo per capire: «e non contare il tempo, non contarlo proprio». Maturo è l’occhio che avanza, che scava i colori degli errori, che cerca l’apertura di un nuovo respiro: quel ritmo fatto di concavi e convessi, di oscillazioni consapevoli fra l’inspirare e l’espirare.

Come scrive Castellani «la pace infine,/ ma nella resa».Ma ciò che più colpisce chi si avvicina ai suoi componimenti è la volontà di mettersi «in ginocchio» di fronte ad una finestra aperta su un altrove di quiete; è consapevole, l’autore, che il suo è soltanto un «tentativo di parole/ nient’altro», perché «l’infinito stesso è poca cosa». Gli odori affondano nella carne e l’uomo in terra si disegna in tutta la sua fragilità rifiorente. Lo scrittore lo sussurra omaggiando Ungaretti: «Lasciatemi stare in questo mio mondo./ Qui le cose sono ancora/ morbide e calde». Ma nel venire al mondo, si è destinati a rinascere ad ogni crepa che i terremoti tracciano nel profondo ipocentro dell’anima, e quanto è difficile allungare le mani fino all’oscurità che spaventa e addolora!

Eppure, fra i versi di Castellani, la speranza è sempre offerta: «Lascia aperta la fuga/ di una pista di luce», perché «appena oltre la paura,/ inizia il giardino». Tuona infine potente il significato di una vita che accarezza con mano tenera la mente, suggerendo il silenzio: «Niente/come la poesia». L’unica, nei moti di rivoluzione, che spalanca ad una verità che non tradisce l’appoggio e che suggerisce, con l’umiltà del canto, chi siamo davvero e con quali ali saremo “In pieno volo”.

A.A.

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