Blog di Marco Castellani

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Attraversare portali

Bella ed appassionante la conversazione di ieri pomeriggio con Gloria Ferrari, intriganti le domande e allo stesso tempo aperte. Domande in cui potevo mettere me stesso, nella misura esatta in cui lo desideravo. E piano piano, parlando, mi veniva naturale – anche per il tono accogliente dell’intervistatrice – mettere di più me stesso in quel che dicevo.

Davvero, raccontando qualcosa racconti comunque la tua storia. Se racconti con passione, racconti non tanto e non solo del cosmo, delle galassie, del Big Bang, dell’energia e della materia oscura, dei pianeti e delle stelle, ma racconti comunque di te. Nella misura in cui questo universo ti è entrato nel sangue (e più ne parli più ti entra nel sangue), raccontandolo racconti la tua storia. E non puoi fare altro, in fondo.


Poiché l’universo è fatto di storie, ognuno ha semplicemente la sua storia da raccontare, diversissima da quella degli altri. Forse uno guarisce accogliendo il fatto che la sua storia è realmente unica, lasciando perdere di copiare gli altri, rilassando quel desiderio distorto di uniformarci che, comunque, non ci salverà la vita.

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A Grosseto, cercando l’umano

Così è andata, come si era detto. Ma anche meglio, molto meglio di come si era pensato. La mattina di venerdì 22 marzo io e Paola siamo saliti in macchina, destinazione Grosseto. Con noi c’era Anita, come previsto. C’era con i libri, c’era nei racconti (le sue chiacchierate con Laura, la mamma astrofisica di professione), c’era nella mia testa con l’idea della sua esistenza, nell’ambito spaziotemporale del fantastico, certo. Un ambito quanto mai impattante sul reale, dunque un ambito – per farla breve – reale. Se infatti – da un punto di vista fisico – ciò che esiste è ciò che manifesta effetti nel presente universo, l’immaginario esiste, c’è poco altro da dire.

Disquisizioni a parte, è stata una giornata piena quella del 22 marzo a Grosseto. Per tutti quanti, sia per gli abitanti dello spazio che chiamiamo reale, sia per quella tipetta dello spazio che ci piace definire immaginario.

La mattina, poco dopo essere arrivati a Grosseto, un paio d’ore a parlare di Anita e la Luna, perché sapete, questa ragazzetta curiosa ha da dire la sua anche sul nostro satellite, ci mancherebbe. E anche su quello, ha tantissime domande. Come tante domande – grazie anche al lavoro preparatorio degli ottimi insegnanti – hanno fatto i ragazzi della scuola media Madonna delle Grazie, tanto che nella mattinata non si è parlato appena della Luna, ma del cosmo, dei buchi neri, delle sonde Voyager, del destino dell’universo… e non ci si sarebbe fermati mai!

La curiosità allegra di questi ragazzi, di queste stelle in formazione, del resto, è qualcosa che è di insegnamento per me adulto: il contatto con loro è un mutuo scambio, perché se io posso forse insegnare qualcosa sul cosmo, loro certo insegnano molto su come ritornare a vivere in modo autentico dentro questo cosmo che descrivo loro, cioè con curiosità allegria e voglia di fare. Ed può sembrare buffo che io adulto debba tornare ad impararlo, ad impararlo da loro, ma è così. E sono contento, che sia così. Che salire in cattedra sia anche uno scendere da certi propri inutili piedistalli interiori. Cose che fanno bene, ogni tanto.

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Sguardi di luce

Ormai ci siamo. Il giorno 22 marzo sarò a Grosseto nell’ambito di una bella iniziativa, la rassegna “Sguardi di luce”, organizzata dall’instancabile amico Pasqualino Casaburi, che con la sua creatività intelligente ha dato forma a queste possibilità di incontro.

Questa la locandina dell’iniziativa. Quello che mi fa più piacere è partecipare a qualcosa che non è soltanto mio, non è una cosa che organizzo io, ma è un’opera collettiva. Una piccola opera che si innesta in una più grande opera comune.

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L’esigenza di Darsi Spazio

Le motivazioni, per me, sono diverse. Intanto, un voler restituire qualcosa per tutto ciò che di buono si è assorbito, si è vissuto. Anche, accogliere l’invito ad essere più creativi, che mi pare così organico al percorso stesso. A mettersi in gioco secondo le proprie capacità, le personali competenze. Il percorso in Darsi Pace costituisce per me, fin dall’inizio, uno stimolo straordinario a guardare il mio lavoro di astrofisico, fuori dalle brume dell’abitudine. Da questa prospettiva, posso farmi toccare ed interrogare in modo inedito da ciò a cui dedico tanta attenzione, nella mia giornata. Sì, posso (anzi, devo) vedere anche le stellein modo nuovo. E così, raccontarle.

Cos’è studiare l’universo, cosa c’entra con la nostra umanità? Ed ancora, è davvero importante in quest’epoca travagliata? O è una cosa da prendere così, come un divertimento intellettuale, per chi ha la fortuna di potervisi dedicare? Prima ancora che formulare frettolose risposte, stare in queste domande è per me un primo, necessario passo… [Continua a leggere sul sito di Darsi Pace]

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Darsi Spazio (in video)

C’è bisogno di portare il cosmo più decisamente dentro le nostre vite: la sua “rimozione” è infatti funzionale all’assetto neoliberista del sistema in cui siamo avvolti, perché estraniandoci dalle stelle diventiamo solo più predisposti al consumo e al consenso verso un “ordine del giorno” dettato dalle oligarchie: proprio come quei “polli di allevamento” di cui già Giorgio Gaber parlava profeticamente anni fa. C’è bisogno delle stelle come fattore che contribuisca e inneschi la vera rivoluzione, l’unica ancora possibile, l’unica sempre possibile.

Per questo ci serve il cielo: non è un qualcosa di lassù, un qualcosa qualsiasi. Un qualcosa staccato da noi. Serve nella nostra vita quotidiana, nella vita affannata di mattine corse verso il metrò con magari la pioggia già appiccicata addosso, oppure di incastramenti metallici in lentissimo movimento sulla tangenziale, la testa piena di cose da fare e magari di ruminazioni sulla serata precedente o su quella scadenza saltata o su quella persona che vorremmo conoscere meglio o quell’altra che conosciamo ormai da una vita ma che proprio ieri abbiamo trattato – ancora una volta! – con stizzita sufficienza, non pensando al mistero stellato che lei, che ogni persona, è nel cosmo.

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Quel molto di più

Nel suo tredicesimo giorno di viaggio della missione Artemis I (era il 28 novembre del 2022), la navetta Orion ha raggiunto la sua massima distanza dal pianeta dove era stata pensata, progettata ed assemblata. Più di 430.000 chilometri da Terra, sorpassando così il record di distanza per una oggetto progettato per portare umani a bordo (per la più grande distanza in assoluto di un oggetto costruito dall’uomo, bisogna invece rivolgersi verso la Voyager 1, attualmente alla rispettabile distanza di 24,33 miliardi di chilometri da casa, a tutti gli effetti nello spazio interstellare).

Artemis 1, giorno di volo numero 13: Terra e Luna in bella vista…
Crediti: NASAArtemis I

Il record che Orion ha appena sorpassato è quello della missione Apollo 13, che, come sappiamo, rientrò fortunosamente alla base per un guasto, mancando l’obiettivo di toccare la Luna ma riportando a casa sani e salvi tutti gli astronauti.

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Euclid, galassie nascoste e nuovi universi

Si chiama IC 342 ed è stata scelta come soggetto per una delle cinque immagini dimostrative rilasciate da Euclid pochi giorni fa. Il telescopio spaziale Euclid è previsto che inizi la sua regolare attività scientifica all’inizio del prossimo anno; tuttavia, la curiosità era tanta che un piccolo anticipo era lecito aspettarselo. Anche insomma, per vedere che andasse tutto bene.

E che le cose per Euclid vanno proprio bene, ce lo dimostra anche ciò che ammiriamo qui sotto.

La galassia IC 342 vista da Euclid.
Crediti: ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, image processing by J.-C. Cuillandre (CEA Paris-Saclay), G. Anselmi; CC BY-SA 3.0 IGO

Per apprezzare tutta l’importanza di questa immagine, dobbiamo ricordare che questa splendida galassia a spirale si trova proprio dietro l’affollatissimo piano galattico, dove gas e polveri rendono praticamente impossibile l’osservazione con strumenti ottici. Di converso, la vista all’infrarosso di Euclid riesce ad arrivare ad IC 342 in modo egregio. Meglio ancora, ricordiamo, di come aveva fatto WISE, più di dieci anni fa.

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Dalle stelle fisse ai buchi neri e bianchi

L’evento si terrà a Diano Marina (provincia di Imperia) nella serata di venerdì’ 6 ottobre. Si innesta nella scia di una lunga e proficua collaborazione con l’Associazione Italiana Teilhard de Chardin, nella quale ho diversi amici – ad iniziare certamente dal presidente, Gianluigi Nicola – con i quali condivido moltissimo della visione del cosmo.

Nella mia relazione tenterò di fare un excursus molto rapido ma più possibile inclusivo, dei tanti motivi per cui possiamo essere, come dire, felicemente imbarazzati dagli straordinari e provocanti risultati dell’astrofisica moderna. Mi farò aiutare per questo arduo compito, da un ricco corredo di immagini ed anche da qualche suggestivo filmato.

L’evento si potrà fruire in streaming, tramite piattaforma Zoom,

https://us06web.zoom.us/j/84486447499?pwd=DOaj167QkaDPan8tv9P1wyNLzEoroM.1

ID riunione: 844 8644 7499
Codice d’accesso: 201524

Assai volentieri faccio seguito alla gentile richiesta dell’Associazione, specificando che l’ingresso (in presenza ed in modalità telematica) si intende a offerta libera: chi crede, può versare l’importo che vuole – anche subito dopo la diretta, in modo da essere certi che tutto sia andato bene – sulle coordinate IBAN “IT73O0760101000000042669143”, intestate “Associazione italiana Teilhard de Chardin”, causale evento “Diano 2023”.

Parlando della serata più in generale, personalmente sono anche molto interessato a seguire la relazione di fr. Micheldavide Semeraro, che ho avuto modo di conoscere (finora solo telematicamente, ma presto rimedio) ed apprezzare.

Grazie di cuore a chi vorrà esserci, di persona o in remoto. Ma anche solo a chi si senta interessato, provocato, da questi temi!

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