Blog di Marco Castellani

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Quel Sole, invisibile

Il bello delle playlist moderne è che ci metti un attimo, davvero un attimo. Prima era questione di realizzarti la tua compilation su cassetta. Piccolo inciso: si parla delle musicassette, quelle nate nel mio stesso anno e ora praticamente defunte — mentre io ancora me la cavo, grazie al cielo.
Ma la compilation su cassetta era una cosa lunga. Dovevi raccogliere tutti i dischi, mettere su un pezzo dopo l’altro, registrare, mettere in pausa, cambiare disco, ricominciare. Stare magari attento a combinare i brani in modo di avvicinarti abbastanza alla fine del lato A della cassetta, altrimenti ti toccava poi avvolgere fino in fondo il nastro residuo prima di andare al lato B, in fase di riproduzione.
Vabbè. Tipicamente accadeva che l’ultimo brano del lato A andava esattamente cinque secondi oltre la fine del nastro. Cosa che rendeva il compilatore relativamente nervoso e perfino intrattabile, per un certo numero di minuti (variabili a seconda dell’indole e dello stato psicofisico del soggetto).
In ogni modo. La cassetta poi così faticosamente prodotta, era finalmente adeguata all’ascolto in automobile, o da amici, o dappertutto.
Eh? No, niente cellulare con cuffiette bluetooth, da indossare mentre corri al parco (maglietta e pantaloncini tecnici antisudore). Il cellulare non esisteva. E il bluetooth esisteva nella stessa misura del cellulare, peraltro. E la maglietta e i pantaloncini non erano poi, anche nel migliore dei casi, così tecnici come adesso.
Correre sì, potevi sempre correre. Ma la musica la facevi scorrere mentalmente nella testa, era l’unico modo.
Ora ci si mette davvero un attimo. Ogni sito di streaming musicale ha il suo sistema, ma è sempre abbastanza semplice. Io mi sono affezionato a Play Music, il servizio musicale di Google (dopo l’abbandono forzato di Rdio e un passaggio di alcuni mesi su Deezer). E quando trovo un brano che mi piace particolarmente (o quando lo ritrovo, ripescando antiche cose dalla memoria e andandole a cercare) lo flaggo con il pollice in sù. Ed entra nella playlist automatica di tutti i brani che ho gradito.
Ah, ho preventivamente istruito l’app di Play Music a scaricare sul telefono (quando trova il wireless) i brani di questa playlist. Così me li trovo tutti pronti per l’ascolto, vi sia o non vi sia connessione.
Vabbè, ma questi sono dettagli tecnici.
L’essenziale è che posso aggiungere togliere brani dalla mia playlist in maniera estremamente veloce. Così che mi è venuta voglia di andare a caccia di alcune antiche canzoni che mi piacevano, e poi sono state magari piano piano ricoperte dalla polvere del tempo, dal cambiamento delle mode e degli stili. Dal nuovo che avanza e che a volte non sarà migliore, ma è più scintillante, questo sì.
Nella mia rivisitazione mnemonica degli anni ottanta, mi sono imbattuto ad un certo punto in un disco dei Police, che non ho mai amato troppo (l’ho comprato sulla fiducia, Ghost in the Machine era il disco del mese della mia amata StereoPlay, e io i suoi dischi del mese li prendevo molto sul serio), ma che conteneva comunque un paio di canzoni folgoranti (almeno per l’epoca).
Una è proprio Invisible Sun.

Ora, la prima cosa che mi colpisce oggi, è che io per anni e anni ho ignorato bellamente l’argomento reale della canzone. Totalmente. Non immaginavo assolutamente che parlasse delle tensioni dell’Irlanda del Nord. Probabilmente, non ho nemmeno mai visto il video prima di oggi.
Però mi piaceva da matti. Era diversa dalle altre canzoni. Fin dalle prime note aveva quest’aria potente e decisa, che imponeva da subito un ascolto attento. Lo sentivi subito. Si sente ancora adesso. Una serietà che esorbitava largamente dalla spensieratezza melodica e un po’ oziosa di tante canzonette (anche di quello stesso disco, ahimé).
Ed era come se un messaggio passasse, comunque. Anche se quel ragazzo non capiva bene il testo, questo messaggio passava. Ugualmente.
E mi colpisce adesso. Come il quadro di riferimento delle nostre preoccupazioni sociali sia cambiato del tutto. Il focus non è sul terrorismo in Irlanda, di matrice politica, ma sul terrorismo internazionale di matrice (diciamo così) religiosa.
Ma le cose non sono poi così diverse. Non sono diverse come ci fa credere il sistema di telecomunicazioni, per cui il nuovo è sempre il criterio di riferimento, in una perpetua fuga dal presente. Non sono così diverse.
Il cuore dell’uomo, per esempio (cosa alla quale puntano direttamente le canzoni), è sempre quello. E rimane così attuale, attualissimo, lo sbocco in positivo della canzone, un vero colpo di genio che risolve nella speranza la tensione palpabile che attraversa il testo e la musica.

There has to be an invisible sun
It gives its heat to everyone
There has to be an invisible sun
That gives us hope when the whole day’s done

Ci deve essere un sole invisibile, che dona calore ad ognuno (attenzione, non dice genericamente everybody, ma l’accento — e non solo per questioni di metrica — è esattamente su everyone, ognuno).
Ci deve essere un sole che ora (magari) non vedo, una stella che mi dà speranza quando il giorno si chiude.

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Arriva arriva… GruppoLocale Plus !

Da poco più di un giorno, anche il social network  di Google ha abilitato le “pagine”, una sorta di profili non legati ad un utente ma ad una specifica tematica. 

Il paragone più che ovvio è alle ormai celebri pagine di Facebook, che in effetti si sono dimostrate uno strumento utilissimo anche per noi di GruppoLocale (tanto che la nostra pagina ha raccolto al momento la cifra non indifferente di 770 “iscritti”). Benchè le “pagine G+” siano operative solo da una manciata di ore, una rapida analisi mostra come già vi siano una miriade di pagine registrate sul network, dedicate agli argomenti più disparati (inclusa naturalmente l’astronomia!). Segno ulteriore dell’interesse che ha ormai maturato il pur giovane social network G+.

La nostra pagina G+ bella fresca..

Siccome noi da questa parti siamo tanto appassionati di astronomia quanto… desiderosi di esplorare le nuove tecnologie, non abbiamo esitato ad aprire una pagina relativa a GruppLocale anche su Google Plus! La nostra pagina, che per ora è del tutto sperimentale (quella “vera” ora rimane su Facebook, visto il buon successo che ha), la potete trovare a questo indirizzo (non lo riporto per esteso che non è troppo mnemonico, ahimé!).

Se siete su Google+ provate ad aggiungere alle vostre cerchie la nostra pagina, se vi va. Nel prossimo futuro studieremo le possibilità di diffusione delle news e di interazioni che ci garantisce la nuova pagina, e valutaremo se affiancarla stabilmente alla pagina Facebook.

Nel frattempo, come sempre, ogni commento sarà sicuramente molto gradito!

 

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Sui tanti modi di vedere…

Si potrebbe dire, sui tanti mo(n)di del vedere… la stessa cosa. La (n) mi è venuta così, mi piace che tra modi e mondi vi sia una separazione di appena una lettera. Un modo diverso di vedere una cosa può essere un’altro mondo, davvero. Tipo il bicchiere mezzo pieno, anzi di più.

La cosa di cui si parla qui è un normale blog, tipo questo. Ammesso che sia “normale”. Comunque ecco, entro su blogspot per verificare delle cose e mi accoglie un avvertimento che mi avverte (è il dovere suo, tutto sommato) che il mio blog, il frutto sudato del mio ingegno (passatemelo dài) si può fruire in molti molto modi. Da adesso, almeno.

La vista “flipcard”delle mie cogitazioni, è qualcosa (almeno per me) di abbastanza emozionante…

Cioè, sono arrivate le Viste dinamiche. Nientemeno. Tutto elaborando, mi pare di capire, i feed RSS, queste capsule di informazione che viaggiano da un sito all’altro. Ah quanto mi piacciono i feed RSS, sono come magici mattoncini di Lego, costruisci una cosa dentro l’altra, mischi, elabori (appunto)…

E stavolta mi hanno sorpreso ancora, si potrebbe dire. Intendo, questi di Google. Bel lavoro. Guardate in quanti modi si possono gustare i contenuti di questo blog (ok ok, anche di altri… ):

… Bellino, no? Quale vi piace di più?

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Anche Google celebra i 20 anni di Hubble

Un veloce aggiornamento all’articolo precedente che si occupava del ventennale di attività del Telescopio Spaziale Hubble. Ebbene, era mai possibile che la ricorrenza potesse sfuggire al gigante dei motori di ricerca, il celeberrimo Google? Ecco infatti come salutava i visitatori della sua pagina nella giornata di oggi (la schermata l’ho acquisita oggi pomeriggio, ora sembra già tornata alla struttura “classica”)

Anche Google festeggia Hubble (Crediti: Google)

Al di là della simpatia dell’operazione, forse questo fa anche riflettere sul fatto che vi sono alcuni “grandi strumenti” – e Hubble è senz’altro uno di questi – che non solo hanno fatto (e stanno facendo) la storia della moderna astronomia, ma hanno anche un impatto assai deciso e chiaro in una cerchia ben più allargata dei normali “addetti ai lavori”.

Hubble fa ormai parte del patrimonio comune di chiunque sia curioso di cose c’è sopra la sua testa.. e questo è un grandissimo risultato, non meno importante della enorme quantità di dati scientifici che ha portato a terra in questi venti anni. Gli dobbiamo veramente tanto, della nostra moderna conoscenza del cielo.

Ancora complimenti, Hubble!! 😉

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L’osservazione delle Perseidi

Oggi anche la homepage di Google ospita un logo del tutto particolare, perchè è il tempo delle Perseidi, lo sciame meterorico che in questi giorni diventa particolarmente visibile. Difatti, benchè il periodo in cui si possono vedere nel cielo notturno si estenda dalla fine di luglio a circa il 20 agosto, il “picco” per la probabilità di poterle scorgere è esattamente nella notte del 12 agosto. Per maggiori informazioni potete visitare la pagina delle meteore di Sky Online.


Ecco il logo tutto dedicato alle Perseidi,
che si può vedere oggi nella pagina di Google

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