Blog di Marco Castellani

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Il cosmo e la poesia (III)

Nel numero scorso, abbiamo sospeso la nostra riflessione su cosmo e poesia alludendo a quel mistero, che la poesia custodisce e difende. Credo valga la pena ripartire proprio da qui, perché è uno dei luoghi privilegiati dove poesia e studio del cosmo si possono davvero incontrare.

La parte di non essere è usualmente più libera, meno ingombrata, meno carica di pregiudizi e posizioni prese. Il vuoto del resto – la fisica moderna ce lo insegna – è tutt’altro che una zona morta, ma a guardarci bene è un pullulare di vita incredibile, un continuo zampillare di particelle che poi si annichilano rapidamente solo per riformarne altre, continuamente diverse, con mirabile abbondanza e ricchezza d’invenzione. Insomma, il vuoto quantistico è tutt’altro che vuoto, anzi è proprio il modo di intendere il vuoto una delle cose che più distingue la fisica moderna da quella classica. Da come guardi una mancanza, si capisce come guardi tutto, potremmo dire.

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Il cosmo e la poesia (II)

Come abbiamo iniziato a comprendere la volta scorsa, la poesia ha costantemente guardato al cielo con quel senso di meraviglia che a volte l’impresa scientifica (possiamo pur dirlo) ha perso di vista, incalzata dall’inesorabile progredire della tecnica e dalle nuove possibilità che si aprono continuamente – in particolare – per l’esplorazione dello spazio. La poesia è allora ciò che aiuta l’astronomo a rientrare in sé, a recuperare la sua umanità e quindi lo aiuta e a tornare amico delle parole e perciò stesso, a raccontare e raccontarsi. Se l’intero è più della somma delle sue parti, il cosmo è ben più della mera collezione delle informazioni riguardanti gli oggetti che lo compongono. Il poeta non si cura di studiare la struttura degli interni stellari, compito senz’altro dell’astrofisico: egli intende piuttosto di riportarci a quella comprensione globale del cosmo che pur ci appare necessaria. Può esserci ancora spazio, in questo mutuo soccorrersi, per interrogativi oziosi su quale delle due attività sia da considerare privilegiata?

Busto di Saffo conservato nei Musei Capitolini a Roma

In fondo, la poesia è la divulgazione del mistero del cosmo e dell’uomo, in modalità fascinosamente sintetica e secondo la difformità di visioni che garantisce, per cui la scienza che torna amica della poesia è una scienza che si fa divulgare con maggior facilità e con più deciso riscontro. La poesia insomma fa bene alla scienza (ma vale anche il viceversa).

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Il cosmo e la poesia (I)

Da più parti ormai si percepisce la necessità indilazionabile di un punto di sintesi ed unione delle diverse discipline. Assai concreto, in questo tempo, il rischio di una sorta di cosmica confusione: migliaia di emittenti su centinaia di frequenze diverse e da decine di media propongono messaggi ed offrono ricette per la vita (per citare il grande Franco Battiato).

Da astrofisico e scrittore, ho percepito sempre molto forte l’esigenza di comporre prima di tutto in me stesso istanze in apparenza divergenti, come quella scientifica e quella letteraria. Va da sé, operazione necessaria: questo universo non può essere compiutamente pensato la poesia, perché rimane arido e asettico, poco interessante, ultimamente inaccessibile. Sepolti da tonnellate di big data, perdiamo il senso di ciò che stiamo indagando. Così accade, se ci affidiamo esclusivamente alla scienza ed alla tecnica, per sviluppare una narrazione complessiva del cosmo.

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Il brillìo del cosmo

Sempre più, quando vado in giro a raccontare le stelle mi capita di pensare che sto facendo il lavoro più bello del mondo. Proprio così. Un lavoro per cui è sicuramente valsa la pena studiare, è valsa la pena affrontare gli inevitabili momenti di aridità, le ineludibili frustrazioni.

Guardandomi indietro, perfino i mille ripensamenti – ma sarà per me questo lavoro? Mi corrisponde veramente? – e le pesanti, laceranti incertezze: tutto si ricompone. Tutto ha avuto la sua funzione, la sua importanza. Adesso lo capisco, tutto è stato necessario.

Le prime esperienze di pubblicazione di articoli scientifici e le borse di studio a Teramo, a Napoli. Il giro d’Italia per partecipare ai dottorati, presso le varie università. Cose ormai di molti, molti anni fa. Arrivavo il pomeriggio del giorno prima con il treno, cercavo gli alberghi più economici. La mattina di corsa alla prova scritta, dove trovavo tanti volti che avevo visto magari il giorno prima, in un altro luogo d’Italia. Bologna, Padova… città sfiorate per capire se avevano quello che cercavo. Se c’era strada per me. Quello a Roma afferrato infine in extremis, come ultimo tentativo prima di cercare un diverso lavoro. Il primo figlio (anzi, figlia) era già in arrivo: una ragazza che era anche lei alla prova scritta, saputo che mia moglie stava per partorire, mi chiese stupefatta e allora tu che ci fai qui?

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Questo universo

Se dico la realtà,
ecco che lei di nuovo
mi ritorna, amante.

Se la taccio,
mi assedia,
mi pungola, si rotola,
si rivolta,
punge: niente,
non dà tregua.

Sai, vuol farsi raccontare,
questo universo:
nella parola, il suo purissimo,
esclusivo compimento.

Dalla raccolta “Imparare a guarire”

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La tua essenza

Prendi la tua essenza
adesso, con lei fai memoria
del tempo tuo più bello, giocala

in uno spazio di Sole nuovo, ridente
e fresco, che germogli tra le tue mani
e ogni paura filtri via, piano piano.

Prendi la tua delicata ansia e
dille sì puoi venire, sì puoi stare
tu sei qui con lei e la culli, perché

niente rimane sotto le stelle,
niente che non possa essere cullato,
niente di così sporco che adesso
non possa essere amato

per quel che è, per come
esattamente è.

Poesia inedita.

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Modello stazionario

Che vi sia creazione,
creazione continua anche
anche e soprattutto nella

nella situazione apparentemente stazionaria stabilita
rappresa nell’onda del tempo

E’ cosa necessaria appena
e sufficiente
a respirare,

impernia e fissa ogni respiro attorno
intorno al

punto di valore, fuga all’infinito
rifrangenza stagnante a sorpresa
a sorpresa di misericordia
spezza di nuovo la logica interna
del modello

di ogni modello.

Dal volume “In pieno volo” (2014)

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Pentecoste

Queste gocce di luce stellare
che ora ti scendono addosso
pian piano liberando la tua pace,
finora incattivita dalla paura.

Ora ascolti la novella buona
che dice questo soltanto:

che non c’è più niente
da temere, realmente niente
(tantomeno Dio).

Piccolo bambino mio,
sei totalmente al sicuro,
puoi accettare di crescere.

Perché finalmente
una nuova storia
si può scrivere sulla tua,
una Nuova Umanità
può essere liberata

ed anche zoppicando,
correre verso il Giorno
festoso che viene.

Poesia inedita.

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