– Mamma, mamma, vieni fuori, corri!

– Che c’è, tesoro? – Laura non si gira, fa come fanno gli adulti a volte, ovvero continua a fare esattamente quello che sta facendo, tentando di aprire un altro canale di comunicazione, senza distogliersi dall’attività presente. La quale, essenzialmente, consiste nel tagliare a fettine un pomodoro rosso rosso per disporre le suddette fettine in un bel largo piatto da portata, alternate a freschi e lattiginosi strati di una succulenta mozzarella di bufala. Sì, ci vuole proprio qualcosa di fresco, per stasera, pensa. Dopo tutto questo Sole, bisogna rinfrescarsi totalmente, completamente, fuori e dentro. Che c’è di meglio di una bella caprese, allo scopo?

Anzi, già che oggi si mangia tardi, per la gita che hanno fatto fino a Porto Santo Stefano. Ma niente, Anita ha insistito parecchio, voleva tornare assolutamente in quei posti, nei posti che hanno visto due anni prima, insieme con papà. Così, dopo il mare alla fine Laura, benché già stanca, ha acconsentito ugualmente a buttarsi in questa gita improvvisata.

Si, va bene. Ormai è andata. Ma ora perché Anita chiama, in questo modo così insistente, per giunta? Lei vorrebbe solo rimanere tranquilla con i suoi pensieri. Con i suoi pensieri, e con la preparazione della caprese (viene fuori, all’atto pratico, che le due cose vanno bene insieme). Caso vuole, ha addosso dei pensieri proprio freschi e belli che vorrebbe assaporare in pace: certe volte capitano ed è bello occuparsene. Ma per far questo dovrebbe starsene sola sola, intenta in qualche lavoro manuale, ed immersa nel silenzio. Molto silenzio. E invece…

– No, ma devi venire, non te lo posso dire a parole!

Laura ha un piccolo moto di fastidio: vorrebbe davvero solo proseguire in quello che sta facendo (pensare e preparare, preparare e pensare), senza ulteriori scossoni, senza indebite variazioni. Anche perché, per la verità, ha piuttosto fame ed è proprio stanca. Pertanto, non vede l’ora di mangiare, mettere Anita a letto e riprendere in pace quel romanzo che sta leggendo sul Kindle (sì, quello sui pirati, perché ha abbandonato la lettura proprio nel bel mezzo di un sugoso ammutinamento, e non vede l’ora di proseguire). Dimenticandosi almeno per una sera che anche le vacanze possono essere davvero faticose, in certi momenti.

A proposito, ma non sarà mica che…

– Non mi dire che sono volati un’altra volta via i panni… non può essere, le mollette le avevo messe tutte per bene, stavolta…

– No mamma, quelli stavolta sono rimasti a posto!

Sì perché l’altro giorno, con il pomeriggio di vento che c’era stato, si erano allegramente dimenticati del loro stesso essere appesi, finendo per sparpagliarsi gagliardi sopra un’area sconvenientemente ampia (e soprattutto sporca, onde per cui il lavaggio era stato ampiamente vanificato). Vedi tu che succede, a lesinare sulle mollette!

– Mi dici che c’è, allora? – ecco, quasi finito con i pomodori, finalmente. Se solo Anita non facesse tutti questi schiamazzi. Che poi, a quest’ora… Si mettesse a leggere, lei che può, adesso.

– Vieni, mamma. Vieni vieni vieni, subito!

– Ma non hai fame, Anita? – tenta la mamma come ultima chance.

– Sì, certo che ho fame, ma però dopo, ora invece vieni!

– Insomma, che c’è allora? – dice una mamma astronoma che appare sulla soglia con un tovagliolo in mano e addosso una faccia tipo che mi chiami a fare proprio adesso decifrabile anche lontano un anno luce.

– Mamma, ma guarda!

– Sì, guarda che cosa? – accidenti come monta su l’impazienza quando uno è stanco!

– È che è tutto… insomma, è proprio tutto…

– Sì, è buio, tutto buio. Ma te l’ho ben detto che c’era un cartello bello grosso con l’avviso che le luci del campeggio oggi non funzionano, qualcosa tipo un guasto al quadro elettrico generale. Una cosa così, mi pare. Meno male che la corrente dentro i bungalow comunque c’è, alla fine l’importante è quello. Altrimenti avremmo dovuto ricorrere alle candele!

La bimba scuote la testa, come per dire, no, non ci siamo proprio. Come per dire, soprattutto a sé stessa, ci vuole molta pazienza con i genitori, alle volte. Bisogna essere più espliciti, evidentemente.

– È tutto pieno di stelle, mamma! – esclama Anita, puntando il dito verso una volta celeste fittissima di puntini bianchi.

Finalmente Laura si risolve nell’alzare la testa.

– Eh? Ah… sì è vero. Oh, ma è davvero pieno – fa subito dopo, trasportata in uno stupore inatteso, imprevisto. Uno stupore che le toglie il fiato: proprio nel momento in cui aveva deciso, aveva stabilito, di non aver voglia di essere stupita da niente.

Ecco. Rimangono tutte e due a bocca aperta, e con il naso per aria. Perché ora regna un silenzio denso, più denso e viscoso di ogni possibile discorso. Un silenzio stellato, allargato, aperto, frizzante.

Incipit del racconto “Le stelle più vicine a noi” dal libro “Anita e le stelle. La saggezza di uno sguardo” (leggi anche l’introduzione al volume, della prof.ssa Carla Ribichini).

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