Ripartire dalla Luna

A volte è semplicemente così, si ha appena bisogno di una ripartenza. Il rapporto tra noi e la Luna ha raggiunto il culmine, come sappiamo, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, quando siamo arrivati al contatto umano. Dall’Apollo 11 all’Apollo 17 (fatta eccezione per l’Apollo 13 che è dovuta rientrare assai fortunosamente alla base), dodici astronauti hanno camminato su di un altro mondo, lo hanno toccato, esplorato. Hanno portato a casa delle rocce, portando così a contatto quel mondo con il nostro mondo.

Odysseus è sulla Luna
(Crediti: Intuitive Machines)

Si pensa ora a tornare, si ragiona su come riallacciare un rapporto. In più di mezzo secolo tante cose sono cambiate, incluse le motivazioni stesse del nostro rapporto con la Luna. Nei secoli scorsi si immaginava che sulla Luna ci fosse vita, che fosse addirittura un pianeta abitato. Le prime missioni spaziali fecero capire che quello che essenzialmente ci si poteva trovare erano sassi e roccia: un po’ si perse l’interesse, di fatto tre missioni Apollo (il programma doveva arrivare originariamente fino ad Apollo 20) furono cancellate.

Oggi si vede la Luna con uno sguardo nuovo. Non tanto per quello che ci può essere lì ma anche per quello che ci possiamo portare: noi stessi. Il nostro desiderio di andare oltre i soliti confini, di vedere le cose da un altro punto di vista.

Aprire il cancello e vedere cosa c’è, invece di ringhiare rabbiosamente dietro le sbarre, fa sempre bene. Soprattutto in questi tempi in cui il conflitto politico e sociale sembra non conoscere limiti. L’esplorazione dello spazio è quello verso cui lanciarci per farci capire che la guerra non è tutto. Sembra semplicistico, come dire mettete fiori nei nostri cannoni oppure come quando Joni Mitchell scrisse quella meravigliosa canzone, Woodstock, vertiginosamente interpretata da Crosby, Stills Nash e Young, dove si parlava anche di un sogno

E sognai di vedere i bombardieri,
stracarichi di armi nel cielo,
trasformarsi in farfalle
alte sopra la nostra patria

Sembra semplice ma io credo che non sia mai una buona idea sottovalutare l’impatto psichico e di motivazione che un buon sogno è capace di portare. Le cose cambiano perché la gente sogna e i sogni si possono incontrare e combaciare, possono baciarsi e in questo bacio fondersi e generare vita nuova. Serve un sogno, un sogno concreto e condiviso, anche per inaugurare una lunga marcia di liberazione, come recita la Carta della Nuova Umanità.

Odysseus e il suo recente atterraggio ci fa ritornare a parlare di Luna, di una luna nuova. Nel senso esatto del termine, stavolta: una Luna che non abbiamo mai percorso, che adesso esploriamo in un mix di strategia commerciale e scientifica (Odyesseus non è di una agenzia spaziale governativa, è prodotta dalla ditta Intuitive Machines eppure porta con se diversi esperimenti scientifici della NASA). Che ci interessa certo per motivi commerciali ma anche per motivi scientifici (arriveremo a mettere telescopi sulla Luna e sarà veramente l’inizio di una nuova epoca).

Ogni rapporto serio non si accontenta di un contatti fuggevoli ma chiama ad una convivenza stabile, ad una compartecipazione convita. In fondo, avevano ragione nel Seicento, quando pensavano ad una Luna abitata. La visione era del tutto corretta. L’unica cosa, è che non avevano realizzato che non stavano pensando a dei misteriosi alieni: pensavano piuttosto a loro stessi.

Soltanto, un poco più avanti nel tempo.

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