Tutti i cerchi di Google+

Dunque Google – nonostante i passi falsi compiuti fino ad ora- non rinuncia alla ricerca del settore di mercato dei social network, più che mai importante e redditizio, e oggi praticamente tutto in mano a Facebook. Lo fa in questi giorni, svelando la sua ultima creatura, battezzata sinteticamente Google+ . Il lancio sembra preparato con cura. Da notare che tutte le pagine rilevanti di spiegazione si trovano anche in italiano, dunque l’attenzione al mercato internazionale c’è ed è in campo fin dalle prime ore.
La pagina di spiegazione del progetto Google+ parte in grande “Tra i bisogni fondamentali dell’essere umano c’è sicuramente quello di stringere relazioni con gli altri”. Una partenza piuttosto “alta”, che inizia tramite considerazioni sulla condizione umana, per poi comunque planare rapidamente sulla “visione Google” dello stato degli attuali social network, stigmatizzandone i limiti (“il problema è che gli attuali servizi online trasformano l’amicizia in un supermercato: prendono le persone e ci appiccicano sopra l’etichetta “amico”. E la condivisione ne risente.”) Segue in alcuni punti il dettaglio di tale affermazione, che comunque trovo “interessata ma condivisibile” (dove la cosa più straordinaria è il fatto di non voler scrivere “Facebook” intendendo esattamente “Facebook” e dunque di dover ricorrere a curiosi giri verbali).
Come potrete leggere, l’approccio di Google ai problemi delineati si basa sul concetto di “cerchi”. Si possono creare cerchi di amici e conoscenti, con opportune regole di condivisione, stabilendo di fatto una granularità molto maggiore di quella permessa oggi da Facebook (il quale propone un approccio che taglia corto, o sei amico o non lo sei: se sei amico condividi tutto, se non lo sei – di norma – non vedi quasi nulla). 
L’idea è che puoi voler condividere certe cose con certe persone, e altre con persone diverse (un pò come nella vita reale, in pratica). La cosa potrebbe funzionare; di fatto l’approccio di Facebook è un pò semplicistico, con lo sguardo odierno nutrito della complessità del web 2.0, e pone oggettivamente dei problemi nell’ambito della comunicazione, non consentendo livelli di privacy fini… sarà per tali questioni che a fasi alterne il sottoscritto viene disamicato da Facebook dalla sua stessa figlia: evidentemente non tutto quello che passa tra lei e le sue amiche deve essere accessibile ad un genitore 🙂  
I già famosi “cerchi di Google+”
Ecco, mi viene da pensare che con Google+ sarei finito semplicemente in un altro “cerchio” dove presumibilmente vengono fatte passare informazioni alle quali anche un genitore è ritenuto in grado di poter essere esposto… Scherzi a parte, la cosa mi sembra interessante, a patto che si mantenga semplice e intuitiva nell’uso.
Bisogna dire che Google di passi falsi, nel campo dei social network, ne ha fatti già abbastanza (acquisizione e successivo abbandono di Jaiku, Google Wave in chiusura, l’incerto Buzz…). Avrà imparato qualcosa da questi flop? E se invece avesse addirittura imparato dagli errori di Facebook? Non manca nemmeno chi dice, come il celeberrimo David Winer, che la cosa è troppo complessa per funzionare davvero.

Solo il tempo potrò dirci se questo approccio riuscirà a scalzare Facebook da quello che ormai sembra un trono molto saldo (e redditizio). Google ha dalla sua la pervasività dei suoi servizi, per indurre le persone a provare il nuovo G+ (e ben presto vedremo gli opportuni link spuntare fuori da tutte le pagine del colosso del web). 

In ogni caso, la sfida tra Google e Facebook si sta facendo più accesa.. bene per tutti, possiamo aspettarci una competizione virtuosa nel rilasciare dei prodotti di qualità, ad indubbio beneficio degli utenti.
La complessità del progetto (di cui i citati cerchi sono solo un aspetto), da come si inferisce dalle anteprime, sembra testimoniare per un impegno deciso di Google, che probabilmente non vuole giocarsi la credibilità che ha grazie ai suoi servizi in un ennesimo social flop. Staremo a vedere: si accettano scommesse (e commenti…) 

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Cinguettii spaziali, web e divulgazione

I celeberrimi NASA Jet Propulsion Laboratory, siti in Pasadena (California) ospiteranno lunedì prossimo un evento squisitamente “2.0” che è noto come Tweetup: più di 100 persone che seguono l’account Twitter della NASA, che si sono registrate in aprile, prenderanno parte all’evento.

Con ben quattro missioni lanciate nell’anno in corso, e un prossimo incontro con un asteroide da parte di una sonda, sicuramente possiamo rubricare l’anno presente come uno dei più fecondi, per l’esplorazione planetaria. I partecipanti al Tweetup avranno la possibilità di interagire con scienziati ed ingegneri di stanza ai JPL, riguardo queste missioni: Acquarius, per studiare la salinità degli oceani; Juno verso Giove, infine il Curiosity rover, dei Mars Science Laboratory. I partecipanti al raduno avranno anche la possibilità di approfondire le tematiche legate alla missione Dawn e al suo prossimo incontro con l’asteroide Vesta.

In questa elaborazione artistica, l'uccellino simbolo dei "cinguettii" degli utenti di Twitter, a zonzo per lo spazio (Credit: NASA/JPL-Caltech)

L’evento sarà trasmesso online all’indirizzo http://www.ustream.tv/nasajpl2 e alcune porzioni saranno anche diffuse dalla “NASA Television” http://www.nasa.gov/ntv.

Nel suo piccolo, possiamo vedere questo evento come un’ulteriore dimostrazione di come i nuovi media, e specificamente il web nella sua epressione più attuale, siano un ottimo veicolo di divulgazione, e di contatto tra le istituzioni e il grande pubblico, sempre più attento e curioso di quanto si tende a pensare.

Negli States lo hanno capito da parecchio; da noi, finalmente, qualcosa si muove in questa direzione, ma abbiamo da recuperare parecchia strada… Che ne dite? Lasciate la vostra opinione nei commenti oppure intervenite nel forum 😉

NASA JPL Press Release

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Dai programmi alle web app…

Certo che di strada ne è stata fatta. Chi ci poteva pensare, negli anni ’90 in cui il web vero e proprio muoveva i suoi timidi primi passi, quando giù un iperlink da un documento ad un altro, magari localizzato in un diverso punto della rete, poteva sembrare (anzi era) una cosa davvero innovativa. Chi poteva mai ipotizzare che gli stessi programmi – oltre ai dati – si sarebbero spostati “sulla nuvola”, come diciamo oggi?

Eppure di vantaggi ve ne sono tanti, come sottolinea anche un articolo apparso di recente sul Sole 24 Ore. Una suite di office su web come Google Documenti è giunta ormai ad un discreto livello di maturità, tanto che molti compiti “reali” possono essere svolti efficacemente senza altro software che un browser moderno. Indipendentemente dal sistema operativo e dal tipo di computer. Desktop, notebook, netbook, tablet: si può interrompere il lavoro e riprenderlo in ogni momento con un altro dispositivo. La comodità è indubbia. Ed inoltre in questo paradigma è facilissimo implementare soluzione di editing condiviso su web, ed ogni altra ipotesi collaborativa.


A livello speculativo, c’è da porre però attenzione al fatto che andiamo sempre di più verso una dipendenza dal web ormai strutturale e profonda. Fateci caso, un computer che non ha il collegamento ad internet è di fatto – nel sentire comune – un computer che “non funziona” a dovere. La sensazione insomma è che sia poco utile. Quello che prima era visto come un di più ora è percepito come una cosa necessaria.

La sensazione di chi scrive, è che non possa essere altrimenti. Vi sono appunto sistemi pensati per operare “strutturalmente” nel web, come Chrome OS (che non a caso espone in Home Page la scritta Nothing but the web.

Ma pensate a quanto perderemmo, di nostro, se improvvisamente non avessimo accesso ad internet (ok io almeno perderei un bel pò di documenti, varie annotazioni, e più di 30.000 messaggi di posta….). Prima quanto avremmo perso? Praticamente nulla.Allora perché ci muoviamo verso una net-dipendenza così marcata? Forse i vantaggi di un mondo interconnesso sono così marcati, che accettiamo questa relativa insicurezza. O forse si tratta di migrare da una insicurezza ad un’altra: prima la rottura di un disco rigido (backup a parte, procedura virtuosa non da tutti utilizzata…) era una sciagura, ora forse un pò meno…

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Luce e (qualche) ombra per il nuovo store di Chrome…

E’ da poco stato aperto il “negozio” associato al browser (e al sistema operativo) Google Chrome. Si può raggiungere all’indirizzo 

http://chrome.google.com/webstore



In pratica, è la derivazione del famoso modello, decisamente vincente, dello store per le applicazioni dei vari prodotti Apple, come iPod, iPhone etc. Ci ho girato un pochettino e devo dire che in breve tempo ho scoperto una serie di applicazioni e siti web decisamente interessanti. Il modello di negozio, infatti, suddiviso in categorie, con alcuni elementi “di spicco” posti in maggiore risalto, si presta assai bene a dare un ordine e una rintracciabilità nell’immenso e irregolare arcipelago del web. Un punto centralizzato fa decisamente comodo e aiuta a non perdersi.

Piuttosto, la cosa che all’inizio mi ha un pò disorientato (e ha provocato anche, a quanto pare, il risentimento di alcuni utenti) è il fatto che nello store non si riescono facilmente a distiguere le vere “applicazioni” da quelle che sembrano tali (o si pensa erroneamente che lo siano) e invece altro non sono che semplici link ai rispettivi siti web. Tuttavia è già stato fatto notare – e io concordo appieno – come in realtà si stia vivendo un particolare momento di transizione, durante il quale la differenza tra le applicazioni e i siti web è destinata a diventare sempre più sottile. Aggiungo io, che a breve anche la percezione della rispettiva differenza, per l’utente comune, è destinata pian piano ad affievolirsi fino a scomparire. Complice, ben più che marginale, l’introduzione della versione cinque del linguaggio di programmazione su web, l’HTML5. Il web si sta ricostruendo attorno alle sue potenzialità, grazie alle quali un “semplice” sito web che utilizzi sapientemente HTML5 è già ben più che un sito come lo pensiamo adesso, ma è a mezza strada verso una web app.
Quick Note, disponibile nel nuovo store, è una vera "applicazione" e non un link...
A differenza di altre, Quick Note – disponibile nello store di Chrome – è una vera applicazione web…




Google crede moltissimo nel web: bella forza, direte voi. A differenza di ditte come Microsoft, sbarcate nel web ma proveniente da un’altra storia, “ante-Internet”, Google ci è nata, nel web. Non sorprende che il suo sistema operativo, per sua stessa ammissione, sia costruito intorno ad un browser. E mai come da Google al momento si sta imparando come si può spingere avanti il web fino a disporre di una collezione di applicativi online (ma non solo) capaci di girare nel browser e fare tutto quello che un tempo, si affidava ai programmi residenti nel proprio computer.

Questo, come è stato detto più volte, ha delle importanti conseguenze nell’approccio ai computer e all’informatica. Non ultima, il fatto che il sistema operativo del computer sia destinato a diventare sempre meno importante. Al punto che le guerre tra Windows, Linux o Mac sono destinate ad essere pensate come oggi si pensa (per chi la ricorda, poiché parliamo dello scorso millennio) alla disputa tra la qualità del vinile o quella del “nuovo” oggetto, il compact disk. O ancora più indietro, al suono degli amplificatori a transistor rispetto a quelli che utilizzavano le valvole… Tutto va bene, a patto che il sistema abbia un browser moderno in grado di sfruttare le potenzialità del nuovo Internet. Tanto tutto avverrà là dentro, il resto non serve (è il concetto dietro Chrome OS). 


In questo senso, fatemi aggiungere, fa piacere che l’utenza Linux non sia dimenticata: già oggi ho avuto la bella sorpresa di trovare la nuova versione di Chrome – quella che presenta le applicazioni nella pagina iniziale (per la precisione, la 8.0.552.215) – disponibile negli aggiornamenti di Ubuntu…. 


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Il progetto “Via Lattea” vuole il tuo aiuto!

Quegli istancabili ragazzi di Zoo Universe, dopo MoonZoo e tanti altre iniziative intriganti, ne hanno pensata una nuova. E’ infatti appena stato varato un altro sito legato al progetto, che prende il nome di The Milky Way Project (http://www.milkywayproject.org/). L’intento è quello di dare ordine e misurare la nostra stessa galassia, la Via Lattea.

Come passo iniziale, viene chiesto ai volontari di aiutare a localizzare e disegnare “bolle” nelle suggestive immagini in infrarosso fornite dal Telescopio Spaziale Spitzer. Comprendere e studiare il materiale freddo e polveroso che si vede nelle immagini infatti aiuterà decisamente gli scienziati a capire come si formano le stelle, e come la nostra galassia si è evoluta con il tempo.

L'interfaccia web: il nostro "strumento di lavoro". Credits: Milky Way Project (ZooUniverse)

Nel mentre si lavora per individuare le bolle, in ogni modo, si possono utilmente “marcare” altri interessanti oggetti quali ad esempio ammassi stellari, galassie ed alcune “peculiarità” presenti nelle immagini. In breve, quello che ci viene chiesto (e come al solito, basta un computer connesso ad Internet ed un pò del proprio tempo) è nientedimeno che contribuire a mappare la formazione stellare nella Galassia! Per non perdersi d’animo in tale impegnativo compito, è presente un bel tutorial con tanto di esempi (ahimè in lingua inglese, ma non troppo complesso).

Non paghi di ciò, gli zoologi cosmici hanno varato una serie di altre interessanti iniziative sul web, come il Milky Way Talk, uno strumento collaborativo dove si possono reperire e raccogliere i commenti sugli oggetti che abbiamo identificato nel Milky Way Project. Per finire, il Milky Way Project ha anche un suo account Twitter e – ovviamente – il suo blog (notiamo che il blog, al momento di scrivere, non risulta ancora non aggiornato a queste ultime notizie, che sono state ricavate adattando un mail arrivato agli iscritti a ZooUniverse).

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Ciao ciao Google Wave…

Il web è indubbiamente un posto strano, allo stato attuale: un posto dove anche le idee migliori possono essere abbandonate da un momento all’altro. In pratica, un posto dove vale in sommo grado la logica di mercato: se un prodotto non funziona entro un certo tempo, si abbandona. Così sta succedendo per l’innovativa piattaforma Wave di Google.

Mi dispiace molto che venga abbandonata così, o meglio lasciata ristagnare senza più sviluppo. Avendoci giocato un pò, lo consideravo un valido strumento per collaborare a distanza su un dato progetto. La scommessa aveva tutte le carte in regola: protocollo aperto ed estendibile, possibilità di creare applicazioni da “incastrare” al suo interno, etc… A mio avviso, il mix tra posta elettronica, messaggi istantanei e una sorta di “office online” avrebbe sicuramente trovato la sua strada.

Start a new Wave.. ma fino a quando? (Credits: Google )    

Il punto è forse che una piattaforma così innovativa non poteva che farsi strada nel tempo. Intendo dire che forse le valutazioni dei capoccioni di Google sono state troppo affrettate, questa volta. E’ chiaro che il “motore” delle azioni di Google in gran parte è il profitto. Ma a volte anche il profitto, per  realizzarsi, prende il suo tempo….

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Accesso libero a Wave di Google

Molto interessante il fatto che Google Wave sia diventato aperto per tutti, senza necessità di attendere un invito da parte di un iscritto (cosa che comunque era diventata abbastanza facile).

Avendolo sperimentato per qualche tempo, posso dire che Wave è un protocollo per Internet realmente nuovo e flessibile, di comodo impiego in diverse situazioni. Dove eccelle, comunque, è come strumento collaborativo; lavorare su una Wave è un modo facile ed efficiente di organizzare le informazioni e di sviluppare bozze di documenti, ad esempio.

Il sistema di plugin garantisce flessibilità ed espandibilità a tutto il sistema.

Forse fatica un pò ad affermarsi: questione di una “inerzia di primo distacco” dagli strumenti più tradizionali, come la email?

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Perchè uso gmail #0

Con questo post vorrei cominciare a stilare una piccola lista dei motivi che mi hanno portato piano piano ad appoggiarmi alla mail di Google (la ormai famosissima Gmail) come provider ed interfaccia d’elezione per le mie comunicazioni di posta elettronica, a più o meno sensibile scapito delle altre (numerose) possibilità alternative. Spinto in questo, anche, dalla “ruminazione” personale di un piccolo “dibattito” che è avvenuto a più riprese anche nel mio Istituto, dove comunque la mia posizione è sposata (in gradazioni diverse) da un numero non indifferente di ricercatori.
Gmail fin dal suo apparire è stato a buon diritto considerato “innovativo” per una ampia rosa di motivazioni, spaziando dagli aspetti più tecnici (interfaccia con uso accorto di AJAX e delle tecnologie emergenti) a quelli più “sociali” (modello conversazionale, etc); pertanto la scelta lungi dall’essere “riduttiva” penso possa dare il destro per ragionare ad ampio spettro sul web “moderno” nelle sue varie declinazioni. 
In prima battuta, avevo pensato ad un post sul blog SegnaleRumore, con una lista di “motivi” che mi rendono l’esperienza di gmail appealing più di altre. Poi ho ipotizzato però che sarebbe stato forse più interessante spezzettare il post in una serie di diverse pilloline, che possono agevolmente trovare collocazione sul blog “cugino”, SegnaleRumore Express. Questo mi serve anche per sperimentare modi d’uso che possano essere specifici per la piattaforma Posterous che lo ospita…
A questo punto, direi che risulta definito lo scenario. Il prossimo post con un primo “motivo” (e se volete aggiungere il vostro, scrivete pure a post@segnalerumore.posterous.com) … 

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