Blog di Marco Castellani

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Il lungo viaggio di Phòs

Oggi vi voglio parlare di un lungo viaggio, del viaggio che facciamo (io e i miei collaboratori) dal centro del Sole fino ad inondare il vostro pianeta. Un bellissimo pianeta, lasciatevelo dire. Non se ne vedono molti così in giro per l’universo, parola mia. 

Per certo è che, senza di noi, non se ne vede proprio nessuno. Perdonate l’ardire, ma è proprio così: vedere qualcosa senza fotoni in giro, mi dispiace, ma proprio non è cosa. Dopo avervi raccontato un po’ di me (in breve, mi chiamo Phòs e per vivere faccio il fotone), in questa seconda puntata vi parlo di un viaggio veramente… allucinante (seguitemi – se ce la fate – poi mi direte se il termine è appropriato).

Spettacolare, ma... Avete idea di quanto ci mettiamo per arrivare in superficie? (Crediti: SDO, NASA)

Spettacolare.. Ma… avete idea di quanto ci mettiamo noi per guadagnare la superficie? (Crediti: SDO, NASA)

Insomma, se andiamo alla radice, dobbiamo partire proprio dal centro. Dal centro del Sole, intendo. Lì veniamo prodotti in gran quantità, dalla centrale atomica dislocata proprio nel centro della stella. In effetti la vostra stella, non so se ci pensate mai, è una enorme centrale a fusione nucleare sempre accesa, dove il rivestimento coincide con il combustibile stesso. Una cosa favolosa: se ne sta lì in mezzo allo spazio, appoggiata su se stessa,  non gli serve nulla ed è perfettamente stabile. Beh, almeno per qualche miliardo di anni, beninteso: fino a che questo combustibile non comincia ad esaurirsi, o meglio a trasformarsi… allora sì che le cose cambiano.

Ma vabbé, di questo ne parliamo magari un’altra volta. Però è interessante che il combustibile si trasformi, perché poi alla fine si creano gli elementi “pesanti”. Quelli di cui siete fatti voi, per capirci (no, io no, sono un fotone, tutta altra storia).

Comunque vorrei intanto che vi rendeste conto di quanto è enorme una cosa come il Sole. Questo bel tipino (molto focoso, dobbiamo dirlo) vanta un diametro di circa 1,39 milioni di chilometri. E risulta anche abbastanza “di peso”, perché la sua massa si aggira intorno ai 2000 miliardi di miliardi di miliardi di chili!

Con tutto ciò, se chiedete agli astronomi (se vi fidate…), vi sentirete rispondere che il Sole è una stella di piccola massa, che ci sono stelle grandi anche cento volte come lui. Accontentiamoci che sia piccolo, ve lo consiglio: il fatto di essere piccolo fa sì che voi ancora ne stiate a parlare. Fosse stato un po’ più grosso, sarebbe esploso già da tempo: credetemi, una cosa abbastanza seccante, capace di interferire con i vostri programmi per la giornata. Così invece ha davanti ancora un bel po’ di tempo, possiamo stare più che tranquilli.

Perché vi parlo tanto del Sole, mi chiederete.

Beh, ci sono affezionato. Io sono stato creato lì. Proprio al centro di questa struttura gigantesca. Sappiate che è caldissimo (centinaia di milioni di gradi) e pieno zeppo di tipi come me, che sbattono in tutte le direzioni (ecco il problema). Le caldaie lì lavorano a pieno regime e inghiottono ogni secondo montagne di idrogeno, trasformandolo in elio. In questa trasformazione sono nato io e tantissimi amici miei.

Magari ci torneremo. Ma oggi vi parlo di qualcosa di diverso.

Stavolta vi parlo di questo viaggio avventuroso. E lunghissimo. Pensate ad un fotone, uno come me insomma, che nasce all’interno del Sole e poi si muove via da lì. Perché vi dico subito che noi non possiamo stare fermi, noi ci muoviamo ad una velocità pazzesca, la più grande che c’è. Dicono gli scienziati che niente può muoversi più forte di noialtri: veramente c’è stato qualcuno che diceva che i neutrini (quei nanerottoli) ci battevano, ma poi hanno dovuto fare marcia indietro. Tutte balle! Noi siamo sempre i più veloci, lo dice la scienza!

Sì… i neutrini mi stanno sulle scatole, lo confesso. Sarà perché dove sono nato ne vengono prodotti in quantità incredibile e alla fine ti stufi di trovarli dappertutto. Cavoli, non c’è un posto dove puoi stare tranquillo, te li trovi sempre in mezzo. Anche a voi vi attraversano la mano, in un istante, miliardi di quei nanerottoli. E non sto esagerando, anzi! Considerate che ne vengono prodotti così tanti che a Terra, in ogni centimetro quadrato, ne passano ogni secondo ben cento miliardi. No, dico, cento miliardi! Cento miliardi di particelle che passano attraverso ogni centimetro del vostro corpo, ogni secondo, e voi nemmeno ve ne accorgete. E come potreste? Sono così minuscolini che praticamente attraversano il vostro corpo senza interagire per nulla.

Come se non ci fossero, proprio.

Non siete convinti? Guardate che questi sono capaci di percorrere perfino l’intero Sole senza mai imbattersi in nessuno, tanto sono piccolini, mentre noi si sbatte continuamente da una parte all’altra (i vostri scienziati che amano il linguaggio forbito, parlano al proposito di sezione d’urto trascurabile)!  E’ per questo che sulla Terra si dura una fatica da matti per riuscire a beccarne qualcuno, con tanto di esperimenti enormi e (secondo me) costosissimi! Beh una volta ve ne parlo, d’accordo.

Comunque la cosa che mi fa più rosicare (se posso esprimermi così) è che loro se la cavano in un attimo. In un attimo sono fuori: usciti dal Sole, nello spazio aperto. A spasso per l’Universo! Non sapete quanto mi da fastidio… perché noi ci mettiamo molto, molto di più!  Per noi si parla di migliaia di anni, addirittura.

Già, perché il problema è che loro vedono una autostrada vuota, esattamente dove noi vediamo un traffico colossale (tipo il vostro GRA nelle ore di punta, o anche peggio). Noi facciamo un passetto e subito andiamo a sbattere da qualche parte. Ecco che un elettrone ci sbarra la strada, ecco che un altro fotone si mette di mezzo!

Non c’è pace, non c’è proprio pace.

Tanto è vero (vi svelo un segreto) che in pratica nessuno di noi riesce ad uscirne vivo. Cioè, ora vi spiego. C’è come un meccanismo di staffetta. Noi si viene creati, si fa un passo o due, ed ecco che siamo riassorbiti. Può essere un elettrone, appunto, che salta ad uno stato eccitato (a nostre spese…), può essere sempre un elettrone che si libera dal nucleo del suo atomo (sempre, vorrei ribadire, a spese nostre), o appunto un altro fotone che ci sbatte addosso o addirittura che ci inghiotte (anche se per quest’ultima opzione – alquanto cannibalesca secondo me – deve esserci un nucleo atomico nelle vicinanze).

Detto tra noi, sono i meccanismi di interazione radiazione-materia, se volete approfondire.

Al dunque. I modi per farci fuori sono moltissimi, insomma. Ma quasi sempre riusciamo ad uscirne, in qualche modo. Ecco, non proprio noi, magari. Ecco, perchè qui dire “proprio noi” è tosto, c’è il fatto che nel mondo microscopico non è sempre facile distinguere chi siamo”noi” da chi sono gli “altri”: è il caso cosiddetto delle particelle indistinguibili. Dove “indistinguibili”, badate bene, non sta ad intendere che voi non riuscite a distinguerle: no, no. E’ una cosa molto più incredibile. Vuol dire che non è proprio possibile dire chi è una particella e chi è un’altra! Non so se vi rendete conto, per me ‘sta cosa ha una portata filosofica veramente enorme… Mi fa capire come la scienza veramente sfonda il senso comune in cui (abbiate pazienza se ve lo dico, io che nel mondo quantistico ci sguazzo) siete un po’ tutti immersi, e apre a mondi che ancora hanno bisogno di essere capiti, nella loro alterità veramente rivoluzionaria. 

Appunto. E’ la meccanica quantistica, ragazzi. Una cosetta che avete sviluppato nel secolo scorso e ancora dovete bene capire cos’è. Roba su cui ancora far luce (parola di fotone, che di luce se ne intende).

Avete ragione, stavo divagando. La cosa che volevo dire è questa. Pur se un fotone punta verso l’uscita, pur se è nella direzione giusta per scappar via, ebbene: questo non dura. Sbatte, viene assorbito e poi rilasciato, quello che volete. Il punto è che un attimo dopo il fotone sarà orientato a caso, in un’altra direzione. Ecco la conseguenza noiosissima dell’interazione: la strada giusta è già persa! E via di questo passo. Non vi dico quante volte.

Insomma siamo come ubriachi che puntano da una parte ma poi fanno un cammino molto arzigogolato, vagando qua e là in tutte le direzioni possibili. Capite che per arrivare fuori ci mettiamo una quaresima (termine quanto mai appropriato oggi, visto il calendario…).

Dunque, la morale eccola qui: nonostante noi si vada alla velocità massima (sempre a tavoletta, garantito), quei nanetti di neutrini ci battono alla grande, nella corsa verso l’uscita. Con loro perdiamo sempre, non c’è verso.

Dite un po’ se anche voi non girerebbero un po’ le particelle, per questo…!

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Salve, sono Phòs

Mi presento: mi chiamo Phòs, che è il nome greco per Fotone. Io e i miei amici riempiamo l’Universo di luce, proprio quella che vi permette di vedere i fiori, gli alberi, il sorriso di una ragazza, la corsa di un bimbo. Tutto perché ci mettiamo di mezzo noi, e vi portiamo le informazioni fino sulla superficie dei vostri occhi. Siamo proprio noi che urtiamo i vostri sensori biologici, dopo aver sbattuto sulle cose che vi stanno intorno, e vi portiamo informazioni sul mondo circostante.

Lo facciamo continuamente, e non ci stanchiamo neanche troppo. 

Forse visto che siamo così importanti (parere personale), vorreste avere qualche informazione in più su di noi? Sono qui per questo, in effetti mi piace parlare un po’ di me.  Ora vi dico giusto due cose, poi magari approfondiremo. Ecco, iniziamo da qui: magari non ci pensate spesso, ma la prima cosa che fate la mattina, appena aprite gli occhi, è quella di avere a che fare con noialtri. Senza di noi miagolereste nel buio, direbbe qualcuno. Anche per leggere queste parole, dopotutto, avete bisogno di gente come me.

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Certo che siamo bravi, a farvi vedere che spettacolo è il mondo… 

Intanto diciamo subito che noialtri non pesiamo nulla. Letteralmente, non abbiamo massa. E questo magari già sconcerta alcuni di voi, quelli che dicono se non tocco non ci credo. Perché il fatto è questo, noi non ci si può toccare, ma proprio per niente. Eppure siamo reali, molto reali. Provate a spegnare la luce (o chiudere la finestra). Siamo tanto reali che se noi ce ne andiamo, non sapete proprio come muovervi, dite la verità!

A proposito di movimenti, vi confido che noi non possiamo stare fermi, ahznzi ci muoviamo ad una velocità pazzesca, la più grande che c’è. Davvero, giuro. Dicono gli scienziati che niente può muoversi più forte di noi, nessuno può nemmeno pensare di batterci. Va beh veramente c’è stato qualcuno che diceva che i neutrini (quei nanerottoli!) ci battevano, ma poi hanno dovuto fare marcia indietro: sembra fosse tutto un problema di connessione di un cavo. Tutte balle! Noi siamo sempre i più veloci, lo dice la scienza! Pensate che in appena un secondo facciamo poco meno di trecentomila chilometri. 

Siamo anche capaci di fare degli ottimi scherzi. Il migliore è quello di aver fatto impazzire la comunità scientifica già dall’inizio del novecento. Proprio quando pensavano di aver sistemato quasi tutto, nel loro modello della fisica… ma è stato davvero divertente, lasciatemelo dire. Più cercavano di capire come siamo fatti, meno si raccapezzavano. Onda o particella? Come sei veramente, potrebbe chiederci qualcuno.. Beh, Il dibattito su come siamo è durato per parecchi anni: alla fine hanno dovuto arrendersi: siamo onde e particelle insieme.  Ovvero, secondo alcuni esperimenti ci comportiamo come onde, secondo altri ci comportiamo come particelle. E non c’è verso, una sola interpretazione non va bene, non spiega le cose.

Non che a tutti abbia fatto piacere, questa inattesa grana. Gente smagata come Einstein ce la mise tutta per risolvere questa imbarazzante dualità, in un senso o nell’altro. Imparò un sacco di cose, su di noi e sulla natura.

Ma non ci riuscì.

Del resto, noi siamo dispettosi. Siamo proprio noi che abbiamo scosso alle fondamenta il determinismo ottocentesco a cui era approdata la scienza fisica. Quello per cui si pensava, se conosco bene le premesse, posso capire l’evoluzione di un sistema, con la precisione che voglio.

Eh no, le cose sono un pochino più complesse… e un pochino più libere, se mi permettete.

Tanto è vero che alla fine pure i fisici più tenaci si sono arresi: il mondo non lo puoi capire tutto con il ragionamento. E hanno dovuto piegarsi a cose come la probabilità. Ovvero, non dicono più se siamo qui o là, ma dicono con che probabilità possono trovarci qui o là. Sembra poco, ma è cambiato tutto. A me (parola di fotone) tutto questo non dispiace: in fondo in fondo, si può vedere come un bagno di umiltà che hanno dovuto fare questi vostri scienziati, piegandosi al fatto che la realtà è sempre più misteriosa di tutti i loro ragionamenti. Da qualche parte, sempre sfugge qualcosa. Un po’ di mistero rimane sempre, e per alcuni questo non è un problema, anzi è ciò che dà il gusto al loro cercare.

Ma non vorrei diventare troppo filosofico, in fondo sono solo un fotone. Ora scappo, anzi. Lo sapete, fermo non ci so stare. Ma prima vi anticipo che tornerò a parlare di me. Già ho in mente una prossima bella storia da raccontarvi: vi parlerò del lungo e avventuroso viaggio che quelli come me, nati al centro del Sole, devono fare prima di arrivare davanti ai vostri occhi. Un viaggio lungo e articolato, con mille pericoli e diecimila insidie… sapeste chi di noi arriva nella vostra stanza, cosa ha dovuto superare! E quanta strada, quanto tempo… ma di questo ne parleremo poi. Anzi potrebbe essere la prima di una serie di avventure, tutte degne di essere raccontate. Pensate, il mondo visto da Phòs, un semplice fotone. Illuminante, è il minimo che si può dire (passatemela questa, dài…). E poi si può parlare di quelli come noi che arrivano da molto lontano, che ci portano informazioni sull’universo primordiale.. e poi ancora, buttarci sui colori ( quando diventiamo artistici noi siamo senza rivali)…

Vi piace l’idea? Lasciate un commento in fondo al post, così – con il nostro aiuto – verrà visto da quel tipo che riporta sul blog le nostre avventure, magari è la volta che riusciamo a farlo lavorare davvero… 🙂

Per ora, scappo!  Sapete come sono fatto… 

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Quanta luce è stata prodotta finora?

La maggior parte dei cosmologi è d’accordo. Anzi, quasi tutti lo sono: l’universo è iniziato da un “grande scoppio“. Ad un certo punto, intorno ai 13,8 miliardi di anni fa, si è accesa la luce. A proposito di luce, ci si può chiedere, ma quanta ne è stata prodotta dall’universo, in tutto questo tempo?

Bene. Sembrerebbe difficile ottenere una risposta, così su due piedi. Pensiamo ad una comune lampadina. Quando la spegniamo i fotoni sono scomparsi, svaniti nello spazio. Difficile, impossibile, poterli contare, ormai.

Un momento, però… Nello spazio non è esattamente così.  Nello spazio i fotoni possono ancora essere contati. Ogni particella di luce emessa da una galassia o da una stella sta ancora viaggiando, dopotutto. Ecco perché siamo in grado di andare tanto lontano (e tanto indietro nel tempo) con i nostri telescopi.

Un articolo appena uscito sulla rivista Astrophysical Journal si propone di esplorare la natura di questa “luce diffusa extragalattica” (chiamata brevemente EBL, dalla dizione inglese Extragalactic Background Light). Il team che ha prodotto il lavoro lo dice chiaramente, “per la cosmologia è fondamentale (conoscerla) tanto quanto misurare la radiazione residua dal Big Band (la radiazione cosmica di fondo) alle lunghezze d’onda del radio”

Investigando un po’, viene fuori che diverse sonde della NASA, ad esempio, hanno già fornito validissimi strumenti per iniziare a formulare una risposta. Le sonde hanno investigato l’universo in ogni possibile lunghezza d’onda, dalle più lunghe e deboli onde radio fino ai raggi gamma sprizzanti energia.  Per quanto la loro capacità di indagine non si possa spingere fino ai primi istanti di vita dell’universo, nondimeno ci forniscono utilissimi dati dagli ultimi cinque miliardi di vita dell’universo circa (che poi è – per coincidenza – anche l’età stessa del sistema solare).

Tuttavia rimane una obiezione (almeno). Difficile osservare la debole luce di sottofondo nell’universo, soprattutto in presenza delle stelle e delle galassie, più o meno come sarebbe difficile vedere la Via Lattea da una grande città. E allora? La soluzione c’è (…l’avreste sospettato?) e coinvolge i raggi gamma e i blazar, enormi buchi neri nel centro di una galassia che producono getti di materiale e lampi – come la luce di un flash – che possono puntare verso la Terra.

Ci siete ancora? Perché adesso arriva il “trucco”. Non tutti i raggi gamma prodotti dai balzar, con la giusta direzione, raggiungono la Terra. Può infatti capitare che qualcuno di loro colpisca un fotone EBL che si era venuto a trovare nel percorso. Quando succede una cosa del genere, il raggio gamma e il fotone si annullano tra loro e producono una coppia elettrone-antielettrone (un elettone carico positivamente).

Immagine artistica che raffigura l'interazione tra un blazar e i fotoni di "sfondo" presenti nel tragitto dei raggi gamma. Sono mostrati anche strumenti di misura che si "interessano" del fenomeno. (Crediti: Nina McCurdy and Joel R. Primack/UC-HiPACC; Blazar: Frame from a conceptual animation of 3C 120 created by Wolfgang Steffen/UNAM)

Immagine artistica che raffigura l’interazione tra un blazar e i fotoni di “sfondo” presenti nel tragitto dei raggi gamma. Sono mostrati anche strumenti di misura che si “interessano” del fenomeno. (Crediti: Nina McCurdy and Joel R. Primack/UC-HiPACC; Blazar: Frame from a conceptual animation of 3C 120 created by Wolfgang Steffen/UNAM)

Cosa ancora più interessante, i blazar producono raggi gamma di varia energia, che a loro volta vengono fermati da fotoni ELB di energia diversa. Così, ricavando quando raggi gamma di varia energia sono stati fermati dai fotoni, possiamo avere finalmente una stima di quanti fotoni ELB ci sono tra noi e i balzar più distanti. Un po’ come dire, da quanta pioggia è stata trattenuta dagli alberi in una foresta, possiamo formulare una ipotesi su quanti alberi ci siano, senza guardare in alto.

Non solo, ma possiamo vedere come il numero si è modificato. Ebbene, i ricercatori hanno appena annunciato di essere riusciti a vedere come la quantità di radiazione EBL è cambiata nel tempo. In questa ricerca, andare in direzione dell’universo lontano, è come andare indietro nel tempo. Così man mano che la ricerca prosegue, e si riescono a vedere i raggi gamma dei blazar più lontani, possiamo anche riuscire a mappare meglio i cambiamenti della radiazione ELB nelle epoche più remote. L’articolo citato riporta le misure che è possibile effettuare al giorno d’oggi, come detto, limitate agli ultimi cinque miliardi di anni.

In ogni caso, la tecnica è pronta e può funzionare anche su blazar più lontani (e ce ne sono, ce ne sono…), non appena gli strumenti di osservazione ce lo permetteranno. Un giorno potremo dunque rispondere  con piena ragionevolezza anche alla domanda “ma quanta luce ha prodotto l’universo finora?”

 Rielaborazione di un articolo da Universe Today. Press release originale qui.

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