Blog di Marco Castellani

Tag: stella di neutroni

Pareidolia (e capovolti rifugi)

Non voglio barare: conosco questo termine, pareidolia, solo da poche ore. Da quando mi sono imbattuto in questo post sul sito della NASA, riguardo al percepire forme familiari nelle immagini astronomiche. Come questa, dove in effetti l’impressione di una “mano cosmica” è molto forte.

E ho ammirato la bellezza di questa altra immagine. Riguarda ancora l’oggetto denominato PSR B1509-58, una stella di neutroni in rotazione circondata da una grande nube di particelle di alta energia, a circa 17000 anni luce di distanza dalla Terra.

Credit: X-ray: NASA/CXC/SAO; Infrared: NASA/JPL-Caltech

Appare oltremodo curioso che anche in questo caso la pareidolia possa entrare in gioco, perché stavolta sembra di poter scorgere addirittura un volto. Che ovviamente è frutto dell’elaborazione del nostro cervello.

Tuttavia, prima di biasimare il nostro sistema percettivo, rimango ammirato dal tentativo inconscio, spontaneissimo ed immediato, di umanizzare quello che vediamo in cielo (e in Terra), di ricavarne cioè uno spunto, una storia che ci consenta di rapportarci con più confidenza e familiarità a quel che vediamo.

“La luce delle stelle fisse, come un rifugio capovolto” cantava molti anni fa De André in Dolce Luna. In fondo è tutto qui: ricavare storie è l’operazione sempre necessaria di rendere raccontabile l’universo. Così, finalmente, possiamo ritornare a sentirci a casa, a sentirci protetti, nel rifugio del suo grembo cosmico.

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Il buco nero più giovane mai trovato

La notizia è ghiotta (ne abbiamo già accennato nelle “brevi”, ma val la pena riprenderla con più agio qui): Chandra ha trovato il buco nero più “giovane” mai individuato fino ad ora. Il buco nero in questione avrebbe appena una trentina di anni, pertanto costituisce una opportunità unica per osservare tali oggetti nelle primissime fasi del loro sviluppo…

Tale buco nero potrebbe aiutare gli scienziati a comprendere meglio come esplodono le stelle di grande massa, quali di esse si lasciano “dietro” dei buchi neri oppure delle stelle di neutroni, nonché il numero di buchi neri nella nostra galassie e nelle altre.

Il.. trentenne in questione è il “residuo” dell’esplosione della supernova SN1979C, un oggetto nella galassia M100, a circa cinquanta milioni di anni luce dalla Terra. I dati raccolti da Chandra e da diversi altri strumenti ci mostrano una sorgente di raggi X che è rimasta praticamente immutata durante il periodo di osservazione che va dal 1995 al 2007. Questo fa pensare che il buco nero sia alimentato, o da materiale in caduta verso di esso proveniente dalla supernova, oppure da una stella binaria compagna.

L'oggetto SN1979C nella stupenda galassia M100 (Crediti: X-ray: NASA/CXC/SAO/D.Patnaude et al, Optical: ESO/VLT, Infrared: NASA/JPL/Caltech)

Gli scienziati ritengono che SN 1979C, scoperta da un astrofilo nel 1979, si sia formata quando una stella circa venti volte più grande del Sole ha subito il collasso a supernova. Molti “nuovi” buchi neri nell’universo lontano sono già stati scoperti, a motivo della loro emissione in banda gamma. Tuttavia SN1979C è peculiare, perché è molto più vicino a noi, ed anche perché appartiene ad una classe di supernovae che difficilmente viene associata a lampi gamma (GRB).

L’idea di un buco nero con un’età di appena 30 anni è consistente con i lavori teorici più recenti. Nel 2005, è stata presentata una teoria secondo la quale la brillanza di questa supernova può essere fornita da dei “jet” provenienti da un buco nero, però non in grado di penetrare l’inviluppo di idrogeno dell’oggetto, condizione necessaria per formare dei lampi gamma. Le osservazioni di SN1979C sembrano in ottimo accordo con questa teoria.

Non va dimenticato comunque che – oltre alla giovane età – vi è una seconda possibile interpretazione dei dati. L’emissione X osservata potrebbe infatti essere prodotta da una stella di neutroni in rapidissima rotazione, con un potente vento di particelle energetiche. Questo farebbe di SN1979C l’esempio di stella di neutroni più giovane.. o l’uno o l’altro, indubbiamente la scoperta è rilevante e… suggestiva !

Chandra Press Release

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Quante masse per un buco nero ?

Quanto deve essere massiccia una stella perché diventi un buco nero ? E’ quanto si chiedono gli astronomi che, grazie all’utilizzo del Very Large Telescope dell’ESO, hanno dimostrato che una magnetar – un insolito tipo di stella di neutroni – si è formata da una stella di almeno 40 volte la massa del sole. Il risultato presenta grandi sfide alle attuali teorie relative all’evoluzione delle stelle, di come una stella di tale massa si ipotizzasse essere destinata a diventare un buco nero e non una magnetar.

Per arrivare a tali conclusioni, gli astronomi hanno esaminato l’ammasso stellare Westerlund 1 , che si trova a 16000 anni luce di distanza, nella costellazione meridionale di Ara (l’altare). Westerlund 1 è il super cluster oggi conosciuto, contenente centinaia di stelle molto massicce, alcune così brillanti da avere  una luminosità di quasi un milione di soli e con circa duemila volte il diametro del Sole (grande quanto l’orbita di Saturno).

L'ammasso di stelle Westerlund 1 (Crediti: NASA)

Westerlund 1 è un fantastico zoo stellare, con diverse ed esotiche popolazioni di stelle. Le stelle di questo gruppo condividono però un aspetto: tutte hanno la stessa età, stimata tra 3,5 e 5 milioni di anni e ciò testimonia come questo agglomerato abbia trovato origine da un unico evento.

L’agglomerato Westerlund 1 ospita uno delle poche magnetar conosciute nella Via Lattea. Grazie alla sua presenza in questo gruppo gli astronomi sono stati in grado di dedurre che debba essersi formata  da una stella almeno 40 volte più massiccia del Sole.

Poiché tutte le stelle in Westerlund 1 hanno la stessa età, la stella che è esplosa e ha lasciato come residuo una magnetar, deve aver avuto una vita più breve delle altre stelle del gruppo. “Poiché la durata della vita di una stella è direttamente collegata alla sua massa – più pesante è una stella, più breve la sua vita – se siamo in grado di misurare la massa di una qualsiasi stella superstite, sappiamo per certo che la stella con vita più breve e che è divenuta una magnetar, deve essere stata ancora più massiccia“, afferma il co-autore e leader del team Simon Clark. “Questo è molto importante, perché non esiste una teoria universalmente riconosciuta su come si formino questi oggetti così magnetici “.

Gli astronomi hanno quindi studiato le stelle che appartengono al sistema binario ad eclisse W13 in Westerlund 1, sfruttando il fatto che, in un tale sistema, le masse delle stelle possono essere direttamente determinate dal loro movimento.

Messa a confronto con le altre stelle, si è verificato che la stella divenuta una magnetar deve essere stata almeno di 40 volte la massa del sole. Questo porta a dimostrare che stelle molto massicce, dalle quali ci si attenderebbe la formazione di un buco nero, possono evolvere diversamente, come una magnetar appunto. L’ipotesi precedente riteneva che le stelle con masse iniziali comprese tra circa 10 e 25 masse solari formassero le stelle di neutroni e quelle superiori a 25 masse solari producessero buchi neri.

Rappresentazione di una magnetar (Crediti: ESO)

Questa stella deve essersi liberata di più di nove decimi della sua massa prima di esplodere come una supernova, o altrimenti avrebbe creato un buco nero,” dice il co-autore Ignacio Negueruela. “L’enorme perdita di massa prima dell’esplosione rappresenta la sfida più grande alle attuali teorie sull’evoluzione stellare.

Si pone quindi la spinosa questione di come una stella di grande massa debba collassare per formare un buco nero se stelle più pesanti oltre 40 volte il nostro Sole non fanno altrettanto“, conclude co-autore Norbert Langer.

Si ipotizza che la stella divenuta una  magnetar – il cosiddetto progenitore – sia nata in compagnia di un’altra stella. Poiché entrambe le stelle una volta evolute avrebbero cominciato a interagire, l’energia derivata dal loro moto orbitale avrebbe portato ad espellete le quantità necessarie dell’enorme massa della stella progenitrice.

Se questo è il caso, ciò suggerisce che i sistemi binari possano svolgere un ruolo chiave nell’evoluzione stellare“, conclude Clark.

Vai al comunicato stampa dell’ESO

Articolo originale apparso su Media INAF

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PSR B1509-58, o la mano di una giovane pulsar…

Un oggetto molto denso e piccolo (solo alcuni chilometri di diametro) è all’origine di questa bella nebulosa in banda X, una struttura che si estende nello spazio circostante per circa 150 anni luce.  Al centro dell’immagine, ottenuta con il Chandra X-ray Observatory della NASA, si trova una pulsar molto giovane ed “esuberante”, nota con la sigla PSR B1509-58 (B1509 in breve).

La pulsar è costituita da una stella di neutroni in rapida rotazione, che emette una cospicua quantità di energia nello spazio circostante, che contribuisce a creare strutture complesse e piuttosto suggestive, inclusa una che sembra molto somigliare ad una grande … “mano cosmica”!

La suggestiva nebulosa, vista da Chandra
Crediti: NASA/CXC/SAO/P.Slane, et al.

In questa immagine in falsi colori, la radiazione in banda X di energia più bassa è rappresentata in rosso, quella un poco più energetica con il colore verde, e quella di più elevata energia in colore blu. Gli astronomi ritengono che B1509 abbia un’età di circa 1700  anni, misurata nel sistema di riferimento della Terra (ovvero, in riferimento a quando gli eventi sono osservabili dal nostro pianeta), e si ttrovi a circa 17000 anni luce da noi.

Chandra Press Release

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