Blog di Marco Castellani

Tag: Einstein

La ricerca tramite le galassie storte

A volte sono le cose storte che ci sono più utili. Succede nella vita quotidiana, lo sappiamo bene. Qualche accadimento che nell’istante rubrichiamo come contrattempo, come fastidio, poi ci porta a pensare o scoprire delle zone di realtà, dei risvolti di pensieri e sensazioni, che altrimenti avremmo perso. Ci aiuta un poco ad uscire dai binari soliti entro cui ci ostiniamo a correre. Anche in modo sgradito, certo: ma poi ci regala qualcosa.

Pure per la scienza è così. E non potrebbe essere altrimenti, essendo la scienza una cosa parecchio umana. In astronomia, per esempio, si fa ottima scienza con le galassie storte. Come questa qui sotto.

Si fa buona ricerca (anche) con le galassie storte…
Crediti immagine: ESA/Hubble & NASA

In questa immagine, una galassia molto lontana appare ingrandita e distorta per l’effetto dello spazio modificato dalla gravità. Sappiamo infatti da Einstein in poi, che lo spazio non è piatto come tendiamo a pensare normalmente, ma si incurva: in modo particolare intorno a delle grandi masse. La luce accarezza poi le curve dello spazio (non può fare altro) e dunque l’effetto è un po’ come se ci fosse una lente che distorce l’immagine. Una lente gravitazionale, infatti. Questa è una delle più belle che si siano mai trovate: la galassia distorta avvolge quella al centro della foto circondandola nella metà sinistra. Ma appunto è una distorsione apparente dovuta alla geometria dello spazio.

Analizzando questa immagine, gli astronomi hanno assegnato una distanza alla galassia distorta, pari a 9,4 miliardi di anni luce. Il che la posizione proprio all’epoca di punta della formazione delle strutture stellare nel quadro dell’evoluzione cosmica. In un universo ancora molto giovane, decisamente molto esuberante.

Quello che vediamo si chiama anche anello di Einstein, invero uno dei più larghi e quasi completi, che si sia mai visto. Una stortura spettacolare, possiamo ben dirlo.

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Osservate per la prima volta le onde gravitazionali con LIGO

A_long_time_agodi Umberto Genovese e Sabrina Masiero

… c’era una coppia di buchi neri, uno di circa 36 volte la massa del Sole mentre l’altro era un po’ più piccolo, di sole 29 masse solari. Questi due pesantissimi oggetti, attratti l’uno dall’altro in una mortale danza a spirale hanno finito per fondersi insieme, come una coppia di ballerini sul ghiaccio che si abbraccia in un vorticoso balletto. Il risultato però è un po’ diverso: qui ne è uscito un oggetto un po’ più piccolo della semplice somma algebrica delle masse: 62 masse solari soltanto.

Il resto è energia dispersa, non molta per la verità date le masse in gioco, pressappoco come quanta energia potrebbe emettere il Sole nell’arco di tutta la sua esistenza. Solo che questa è stata rilasciata in un singolo istante come “onde gravitazionali“.

Ma cos’è un’onda gravitazionale?

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La visione dello spazio che da sempre conosciamo è composta da tre uniche dimensioni, larghezza, altezza e profondità; x, y e z, se preferite. Il tempo, un fenomeno comunque misterioso, fino agli inizi del XX secolo era considerato a sé. Una visione – poi confermata dagli esperimenti di ogni tipo – fornitaci dalla Relatività Generale è che il tempo è in realtà una  dimensione anch’essa del tessuto dello spazio; una quarta dimensione. insieme alle altre tre [1].

Fino alla Relatività Generale di Einstein si era convinti che una medesima forza, la gravità, fosse responsabile sia della caduta della celebre mela apocrifa di Newton, che quella di costringere la Luna nella sua orbita attorno alla Terra e i pianeti nelle loro orbite attorno al Sole. Nella nuova interpretazione relativistica questa forza è invece vista come una manifestazione della deformazione di  uno spazio a quattro dimensioni, lo spazio-tempo, causata dalla massa degli oggetti. Così quando la mela cade, nella Meccanica Classica (essa è comunque ancora valida, cambia solo l’interpretazione dei fenomeni) la gravità esercitata dalla Terra attrae la mela verso di essa mentre allo stesso modo – e praticamente impercettibile – la Terra si muove verso la mela, nella Meccanica Relativistica è la mela che cade verso il centro di massa del pianeta esattamente come una bilia che rotola lungo un pendio e la Terra cade verso il centro di massa della mela nella stessa misura prevista dai calcoli newtoniani.

La conseguenza più diretta di questa nuova visione dello spazio-tempo unificato, è che esso è, per usare una metafora comune alla nostra esperienza, elastico; ossia si può deformare, stirare e comprimere. E un qualsiasi oggetto dotato di massa, se accelerato, può increspare lo spazio-tempo. Una piccola difficoltà: queste increspature dello spazio-tempo, o onde gravitazionali, sono molto piccole e deboli – la gravità è di gran lunga la più debole tra le forze fondamentali della natura –  tant’è che finora la sensibilità strumentale era troppo bassa per rivelarle.

Se volessimo cercare un’analogia con l’esperienza comune, potremmo immaginare lo spazio quadrimensionale come la superficie di un laghetto a due dimensioni, mentre la quarta dimensione, il tempo, è dato dall’altezza in cui si muovono le increspature dell’acqua. Qualora buttassimo un sassolino l’altezza della increspatura sarebbe piccola, ma man mano se scagliassimo pietre con maggior forza e sempre più grosse, le creste sarebbero sempre più alte. Però vedremmo anche che a distanze sempre più crescenti dall’impatto, queste onde scemerebbero di altezza e di energia, disperse dall’inerzia delle molecole d’acqua [2]; alcune potrebbero perdersi nel giro di pochi centimetri dall’evento che le ha  provocate, altre qualche metro e così via. Alcune, poche,  potrebbero giungere alla riva ed essere viste come una variazione di ampiezza nell’altezza del livello dell’acqua del laghetto e sarebbero quelle generate dagli eventi più potenti che avevamo prodotto in precedenza. Queste nello spazio quadrimensionale sono le onde gravitazionali e esse, siccome non coinvolgono mezzi dotati di una massa propria per trasmettersi come ad esempio il suono che è solo un movimento meccanico di onde trasmesse attraverso un mezzo materiale,  possono muoversi alla velocità più alta consentita dalla fisica relativistica c, detta anche velocità della luce nel vuoto.

Il grande protagonista: LIGO

E’ stato LIGO-Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (in italiano, Osservatorio Interferometro laser per onde gravitazionali) il protagonista di questa straordinaria scoperta: uno strumento formato da due strumenti gemelli, uno a Livingston (Louisiana) e l’altro a Hanford (Washington), a 3000 chilometri di distanza dal primo.

Sono due gli interferometri, perché i dati possono venir confrontati e confermati: se entrambi gli strumenti rilevano lo stesso disturbo, allora è improbabile che sia legato ad un terremoto oppure a dei rumori di attività umana. Il primo segnale che conferma l’esistenza delle onde gravitazionali è stato rilevato dallo strumento americano Ligo il 14 settembre 2015 alle 10, 50 minuti 45 secondi (ora italiana), all’interno di una finestra di appena 10 millisecondi.

David Reitze del progetto LIGO ha annunciato al mondo la scoperta delle onde gravitazionali: “We have detected gravitational waves. We did it!”. Crediti: LIGO

Ed eccole qui, in questo diagramma: l’onda azzurra, captata da LIGO di Livingston e l’onda arancio, captata da LIGO di Hanford. Sono sovrapponibili, il che ci dice che sono la stessa onda captata dai due strumenti gemelli. E’ la firma della fusione dei due buchi neri supermassicci con la conseguente produzione di onde gravitazionali. In altre parole, questa è la firma del nuovo buco nero che si è formato dai due precedenti e, come è accennato anche più sopra, le tre masse solari che mancano dalla somma delle due masse che si sono fuse assieme dando vita al nuovo buco nero di 62 masse solari si sono convertite in onde gravitazionali.

Volete udire il suono di un’onda gravitazionale? Sì, certo che è possibile…. E’ straordinario pensare che queste onde rappresentano la fusione di due buchi neri in uno nuovo e proviene da distanze incredibilmente grandi, in un’epoca altrettanto remota: un miliardo e mezzo di anni  fa.

Le prove indirette

Il decadimento orbitale delle due stelle di neutroni PSR J0737-3039 (qui evidenziato dalle croci rosse) corrisponde esattamente con la previsione matematica sulla produzione di onde gravitazionali.

Il decadimento orbitale delle due stelle di neutroni PSR J0737-3039 (qui evidenziato dalle croci rosse) corrisponde esattamente con la previsione matematica sulla produzione di onde gravitazionali.

La prima prova indiretta dell’esistenza delle onde gravitazionali si ebbe però nel 1974. In quell’estate, usando il radio telescopio di Arecibo, Portorico, Russel Hulse e Joseph Taylor scoprirono una pulsar che generava un segnale periodico di 59 ms, denominata PSR 1913+16. In realtà, la periodicità non era stabile e il sistema manifestava cambiamenti [3] dell’ordine di 80 microsecondi al giorno, a volte dell’ordine di 8 microsecondi in 5 minuti.

Questi cambiamenti furono interpretati come dovuti al moto orbitale della pulsar [4] attorno ad una stella compagna, come previsto dalla Teoria della Relatività Generale. Di conseguenza, due pulsar, in rotazione reciproca una attorno all’altra, emettono onde gravitazionali, in perfetta linea con la Relatività Generale. Per questi calcoli e considerazioni, Hulse e Taylor ricevettero nel 1993 il Premio Nobel per la fisica.

La presenza di una qualsivoglia stella compagna introduce delle variazioni periodiche facilmente rivelabili nel segnale pulsato della stella che i radioastronomi sono in grado di misurare con precisione inferiore ai 100 microsecondi. Giusto per farsi un’idea, immaginiamo di prendere il Sole e di farlo diventare una pulsar. Dal suo segnale pulsato, gli astronomi sarebbero in grado di rilevare la presenza di tutti i pianeti che orbitano attorno a questo Sole-pulsar, grazie al fatto che ogni pianeta causa uno spostamento del centro di massa del Sole di un certo valore espresso in microsecondi. La Terra per esempio, che si muove lungo la sua orbita ellittica, produce uno spostamento del centro di massa del Sole di ben 1500 microsecondi! [5]


Per saperne di più:

La prima pulsar doppia” articolo di Andrea Possenti dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari, pubblicato sul numero di Le Stelle, marzo 2004.

La notizia, pubblicata sul Physical Review Letters, porta i nomi di B. P. Abbott e della collaborazione scientifica di LIGO e VIRGO

Note 

[1]  In realtà le cose sono un attimino più complicate, la quarta dimensione si può percorrere solo in una sola direzione (freccia del tempo) rispetto alle altre tre. Mentre nella Meccanica Quantistica è perfettamente lecito che una particella possa muoversi a ritroso nel tempo (Principio di Invarianza t.

[2] Anche qui occorre sottolineare che la posizione reciproca delle molecole non cambia al passaggio di un’onda, esse si muovono tutte assieme; per provare basta immergere due galleggianti e vedere come essi si comportano al passaggio di un’onda.

[3] [1. In un 1 microsecondo (µs) la luce percorre esattamente 299,792458 metri nel vuoto (questo numero è usato per la definizione del metro).

[4] Una pulsar è una stella dotata di campo magnetico estremamente elevato, circa 2 x 1011 volte il campo magnetico della Terra, una stella formata di neutroni con un raggio di 10-20 chilometri e una massa dell’ordine delle 1,4 masse solari (un po’ come pensare di prendere il nostro Sole e comprimerlo fino a farlo diventare di 20 chilometri di diametro). Il suo asse di rotazione non coincide con l’asse del campo magnetico, e le particelle relativistiche cariche presenti nella magnetosfera emettono radiazione elettromagnetica di sincrotrone focalizzata in uno stretto cono lungo i poli magnetici. Questo segnale elettromagnetico, proveniente da grande distanza e modulato dalla radiazione della stella, viene ricevuto a Terra sotto forma di impulsi elettromagnetici che hanno una ben precisa periodicità. Il sistema si comporta come un gigantesco e compatto volano. Alcune pulsar emettono con una regolarità ben definita da essere utilizzate come orologio di riferimento.

[5] Una lettura interessante su questa prima scoperta la potete trovare sul sito dell’INAF-IAFS di Milano.

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Onde gravitazionali, il giorno della verità

Manca ormai circa un’oretta alla attesissima conferenza stampa nella quale si avranno delucidazioni su questa importante scoperta riguardante le onde gravitazionali, predette da molto tempo ma così elusive che finora sono riuscite a sfuggire ad ogni umano sforzo di detezione. 

Formalmente, la conferenza stampa richiama i giornalisti per un aggiornamento sullo stato della ricerca per le onde gravitazionali, così si può tradurre dalla pagina della collaborazione VIRGO che menziona l’appuntamento odierno.

Tutto comunque fa pensare che siamo ormai alle porte di un annuncio assolutamente clamoroso. Per dirla tutta, la fuga di notizie autorizza a ritenere con ottima probabilità che si sia proprio alla soglia dell’annuncio ufficiale di avvenute detezioni.

Così, se vi va, vi invitiamo a collegarvi per seguire in tempo reale questo annuncio che possiamo, senza troppa enfasi, definire storico. Tra i siti che rendono possibile essere lì, sia pur in maniera virtuale, ricordiamo il servizio offerto da MEDIA INAF, raggiungibile attraverso il suo canale streaming.

Per chi poi non passasse le sue serate chino sui testi di gravitazione e teoria dei campi (legittimo, legittimo…) e dunque non è esattamente cultore della materia, è sufficiente dire che tali impercettibili onde sono state predette da Einstein proprio un secolo fa, nell’ambito della teoria della relatività generale. E dunque riscontrarne adesso la presenza effettiva nello spazio, è una conferma importante, decisiva.


Perché poi, tutta questa importanza?

Complimenti. Bella domanda, anzi… ottima domanda.

Perché vuol dire che siamo un po’ più sicuri del fatto che il nostro modello di universo, la teoria che spiega una quantità innumerevole di fenomeni astronomici (anzi, di fenomeni fisici), è sostanzialmente corretta. Che dunque, per facile ma inevitabile estensione, il mondo fisico è veramente comprensibile, si fa comprendere, si lascia comprendere. Possiamo esplorarlo, capirlo, un poco alla volta.

albert-einstein-1167031_640E quello che sta per succedere oggi è anche qualcosa di più. Se ragioniamo sul fatto che – a detta di molti – la teoria della relatività generale è l’ultima grande teoria fisica elaborata sostanzialmente da un uomo solo (la meccanica quantistica, come sappiamo, è stato uno sforzo decisamente più collegiale), questo ha un ulteriore – corroborante – significato.

Ha il significato che un uomo, da solo (un uomo con tanti limiti umani, peraltro, come diverse biografie lucidamente ci hanno ricordato) può incidere profondamente nella scienza. O perfino nella storia. Un uomo da solo ha comunque un valore e una potenzialità enormi. Ognuno di noi.

Quello che sta per accadere oggi, in fondo, è importante anche per questo.

Per questa conferma, questa rassicurazione.

Anzi, è importante sopratutto per questo.

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Ascoltare la relatività

E’ on-line sul web l’ultima puntata della squadra di FISICAST, in cui Gianluca Li Causi introduce, in forma di intervista, i tre concetti di base della Relatività Speciale: la dilatazione del tempo, la contrazione dello spazio e l’impossibilita’ di andare più veloci della luce.

Tutto parte dal un unico dato di fatto sperimentale (ma completamente ortogonale alla percezione comune!): la velocita’ della luce e’ la stessa rispetto a chiunque, diversamente da qualsiasi altra velocita’ che invece e’ diversa a seconda di come si muove chi la misura.

Superman

C’è qualcuno che può andare veramente più veloce della luce? La fisica dice di no, eppure…

Questo unico fatto, che ovviamente appare impossibile, e’ stato spiegato da Albert Einstein nella sua Relativita’ Speciale: nei poco piu’ di 15 minuti della puntata, l’ascoltatore viene accompagnato, passo passo, alla scoperta del problema, dei paradossi che porta e di come si possano risolvere, in fondo semplicemente, e a capire qual’e’ il vero motivo per cui non e’ possibile superare la velocita’ della luce.

Tutto questo grazie ad un modo di spiegare diverso dal solito, che si mette nei panni dell’ascoltatore. Buon ascolto a tutti.

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