Per molti di noi cresciuti ascoltando Carl Sagan,  guardano le sonde spaziali robotizzate muoversi su altri mondi, e allo stesso tempo, indulgendo in libri di fantascienza o film, è un dato di fatto: un giorno troveremo la vita da qualche altra parte del nostro sistema solare e nell’universo.

Ma siamo troppo ottimisti?

Due ricercatori,  Edwin Turner della Princeton University e David Spiegel dell’Institute for Advanced Study affermano che le nostre speranze e le nostre aspettative di trovare ET potrebbero essere basate più sull’ottimismo che su prove scientifiche e le recenti scoperte di pianeti extrasolari, che potrebbero essere simili alla nostra Terra, stanno portando più in alto le nostre speranze.

L’astrofisico Edwin Turner e il ricercatore David Spiegel affermano che l’idea che la vita si possa sviluppare in un altro ambiente simile alla Terra ha solo una piccola possibilità di avvenire. Le prove a sostegno di questa ipotesi sono scarse, la maggior parte sono estrapolate da ciò che si conosce sugli studi della comparsa della vita sulla Terra primordiale. La ricerca di questi due scienziati porta ad affermare che le aspettative che la vita si possa presentare su ipotetici esopianeti è in gran parte basata sull’assunzione che si debbano presentare le medesime condizioni che si sono presentate sulla Terra miliardi di anni fa all’atto della formazione del nostro pianeta.

Utilizzando un’analisi Bayesiana, che pesa quanto una conclusione scientifica derivi da dati reali e quanto derivi dalle ipotesi precedenti del ricercatori, i due studiosi hanno concluso che la conoscenza attuale della vita su altri pianeti porta a ritenere che la Terra possa essere un’aberrazione cosmica, dove la vita ha preso forma in modo inspiegabilmente veloce. Se fosse così, allora la probabilità che un pianeta di tipo terrestre possa ospitare forme di vita è piuttosto basso.

“Evidenze fossili suggeriscono che la vita iniziò molto presto nella storia della Terra e ciò ha portato le persone a stabilire che la vita possa essere piuttosto diffusa nell’universo perchè si è manifestata così in fretta qui, ma la conoscenza della vita sulla Terra semplicemente non ci rivela molto sull’attuale probabilità di vita su altri pianeti” ha affermato Turner.

Di conseguenza, se un ricercatore parte dal presupposto che le possibilità di vita esistente su un altro pianeta siano grandi quanto quelle sulla Terra, allora i risultati scientifici saranno tali da supportare tale assunzione, ha continuato Turner.

“C’è un’argomentazione che spesso si sente e che afferma che la vita deve essere comune, altrimenti non si sarebbe presentata così in fretta dopo che la superficie terrestre si raffreddò” ha affermato Joshua Winn del Massachusetts Institute of Technology. “Questo argomento sembra convincente da una parte, ma Spiegel e Turner hanno mostrano che non regge ad un esame rigoroso da un punto di vista statistico. Con un campione di un solo pianeta abitabile non si può in effetti ottenere una stima corretta su quanto riguarda l’abbondanza della vita nell’universo”.

E’ vero che la scienza si basa sui fatti e non sulle nostre percezioni o sensazioni visceerali. Ma c’è una forte argomentazione basata sul fatto che abbiamo bisogno di essere ispirati per fare meglio, per essere coinvolti anche nella scienza. Lo scrittore Andrew Zimmerman Jones ha scritto che moltissimi scienziati sono stati spronati a scegliere la loro carriera nella scienza perchè da piccoli la fantascienza li aveva guidati in quella direzione.

“La fantascienza più bella si ispira dalle stessa cosa che ha ispirato le più grandi scoperte scientifiche negli anni, l’ottimismo e il futuro” ha scritto Jones.

E forse questo è quello che, in gran parte, sta dietro le nostre speranze nel trovare ET: l’ottimismo e il futuro della razza umana, che un giorno potremo davvero viaggiare verso altri mondi e trovare nuovi amici, per esplorare strani mondi, alla ricerca di nuova vita e di nuove civiltà, fino ad arrivare là dove nessuno è arrivato prima”.

Turner e Spiegel affermano di non voler dare giudizi, ma solo fare un’analisi dei dati esistenti che suggeriscono che il dibattito sull’esistenza di forme di vita su altri pianeti è incominciato in gran parte dalle ipotesi precedenti di altri protagonisti.

Potrebbe essere che la vita sia nata sulla Terra in un certo modo e che si sia presentata in modi differenti su altri (se si è presentata su altri). Naturalmente, il modo migliore per scoprirlo è di cercare. Ma non penso che lo sapremo discutendo il processo di come la vita sia nata sulla Terra”.

Articolo originale: David S. Spiegela e Edwin L. Turnerb, Bayesian analysis of the astrobiological implications of life’s early emergence on Earth, doi: 10.1073/pnas.1111694108 PNAS January 10, 2012 vol. 109 no. 2 395-400 ; disponibile su: http://www.pnas.org/content/early/2011/12/21/1111694108.abstract

Fonte UniverseToday: http://www.universetoday.com/94838/we-really-hope-et-is-out-there-but-theres-not-enough-scientific-evidence-researchers-say/#more-94838

 

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