Blog di Marco Castellani

Giorno: 16 Settembre 2014

Il catalogo più dettagliato della Via Lattea

Duecentodiciannove milioni di stelle. Non meno di queste, sono le stelle che formano il nuovo catalogo della parte nord visibile della nostra galassia. Ci sono voluti ben dieci anni perché venisse assemblato il catalogo, utilizzando l’Isac Neewton Telescope (INT) localizzato a La Palma presso le Isole Canarie. Il lavorone appare oggi sulle pagine della rivista specialistica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Una banda chiara che attraversa il cielo: così si può ammirare la Via Lattea da posti abbastanza bui. Personalmente, è una delle cose che ammiro con più emozione quando sono in montagna in Abruzzo. Poco fuori da Rocca di Cambio: lì sì che la notte è veramente buia. E lì che il disco della Via Lattea sbalza vivido e gagliardo contro il  nero pulito del cielo, in tutto il suo fulgore. Ma certo, molti di voi avranno il loro posto preferito – e lontano dalle luci – dove poter godere della meraviglia del cielo notturno. E se non l’avete, vi consiglio di trovarlo, e alzare il naso in sù: vale la pena, davvero.

ViaLattea

La mappa di densità del disco della Via Lattea, costruita dai dati IPHAS. La scala mostra la latitude e la longitudine, relative alla posizione del centro della galassia. E’ appena una piccola sezione della mappa totale, ma già da un senso della portata di questa squisita cartografia galattica, costruita con certosina pazienza (Crediti: Barensten e collaboratori)

Tornando al catalogo, diciamo subito che non scherziamo, come dimensioni: stiamo parlando di una estensione di centomila anni luce. Certo il disco galattico è la parte più luminosa ed esuberante della nostra Via Lattea, perché contiene la gran parte delle stelle della galassia (incluso il nostro Sole), e certamente la più densa concentrazione di polvere e di stelle.

L’occhio umano si perde, in questo mare di stelle. Assai meglio se la cava lo specchio da 2.5 metri di INT. Con quello gli scienziati hanno intrapreso la cartografia di 219 milioni di stelle: un compito da far tremare i polsi, non c’è dubbio. INT ci vede lungo, del resto: arriva a stelle della ventesima magnitudine, mentre l’occhio umano arriva sì e no alla sesta (ricordiamo che le magnitudini vanno al contrario della luminosità – o meglio del suo logaritmo: insomma più il numero è grande meno la stella è luminosa).

Attraverso questo catalogo, gli scienziati hanno messo insieme una mappa straordinariamente dettagliata del disco della nostra Galassia, che mostra bene come varia la densità di stelle nelle varie zone. E’ una immagine vivida e completamente nuova di quello che ci circonda.

La produzione del catalogo di stelle, che prende il nome di IPHAS DR2 – solo dal punto di vista informatico una bella impresa – è un lucido esempio dell’approccio moderno dell’astronomia verso i “big data”. Le informazioni riguardano 219 milioni di oggetti, appunto. E ognuno di questi è rappresentato da ben 99 parametri.

Niente male, davvero.

E tutto questo è per la comunità, for free, come si dice. Infatti il team offre al mondo scientifico libero accesso alle misure acquisite attraverso due filtri a larga banda, che hanno catturato la luce all’estremo rosso dello spettro visibile, più una banda stretta centrata sulla linea di emissione dell’idrogeno, quella più luminosa, ovvero H-alpha (ottima scelta per produrre stupende immagini di nebulose, che si trovano in gran numero nella Via Lattea).

Sorgente originale: Phys.org

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L’occhio di Hubble su M 106

Gli esempi di sinergie tra astronomi professionisti e “semplici” appassionati sono probabilmente troppo all’ordine del giorno, perché se ne debba parlare. Potremmo scomodare se necessario i numerosi progetti di crowdsourcing come Galaxy Zoo e affini (ma con insospettabili antecedenti che possono essere fatti risalire perfino all’ottocento). Comunque il messaggio è già limpido: ci dice che la linea di confine tra professionista e amatore – grazie al cielo – non è mai stata davvero invalicabile (pensiamo a tutti gli studi della variabilità stellare, o delle comete), ed oggi è forse ancora più permeabile, appunto perché la moderna tecnologia che permette di contribuire davvero alla ricerca astronomica, anche senza una specifica preparazione, disponendo semplicemente di un computer collegato ad Internet (e tanta voglia di applicarsi). 

Al di là delle affermazioni retoriche, possiamo dire che – come ai tempi più antichi – finalmente la scienza astronomica sta ritornando di tutti. E questo è certamente un bene.

Senza spingerci troppo in là in un discorso complesso, riportiamo solo un ulteriore esempio di virtuosa “collaborazione”. In questo caso è l’immagine della galassia M 106, una galassia a spirale relativamente vicina, perché si trova a poco più di venti milioni di anni luce da noi. Guardate se non è suggestiva questa immagine (promossa ad “immagine della settimana” da spacetelescope.org)

Emmecentosei

Crediti: ASA, ESA, the Hubble Heritage Team (STScI/AURA), and R. Gendler (for the Hubble Heritage Team). Acknowledgment: J. GaBany

Ebbene, lo splendore indiscutibile di questa “istantanea” non è casuale, ma è un ulteriore esempio di quella virtuosa collaborazione di cui parlavamo poco fa. Nel caso specifico, infatti, le osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble sono state integrate da informazioni aggiuntive “catturate” da due astrofili, Robert Gendler e Jay GaBany. In particolare Gendler ha elaborato i dati di Hubble, integrandoli con le sue personali osservazioni, per riuscire produrre una immagine in questi meravigliosi colori.

E ne è valsa la pena, come potete vedere.

Insomma il cielo è di tutti. Come dovrebbe essere – e come in fondo, è sempre stato.

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