Perdonate, non posso fare a meno di andare con la mente alla celebre aria di Mozart e Da Ponte, punto eclatante di quel capolavoro che è il Don Giovanni. Non posso farne a meno quando si ragiona su un evento così importante come quello dell’apertura al pubblico del primo catalogo dei dati di GAIA, che è avvenuto proprio nella giornata di ieri.

Un momento, ma chi è GAIA? No, non c’è speranza di incontrarla dal vero, perché non solo non è una persona (purtroppo, o per fortuna…) bensì un satellite dell’ESA, che attualmente orbita intorno al punto lagrangiano L2, un punto particolarmente importante di stabilità gravitazionale alle bellezza di un milione e mezzo di chilometri da Terra.

La bambina che guarda le stelle, il logo forse più bello tra i tanti delle varie missioni...

La bambina che guarda le stelle, il logo forse più bello tra i tanti delle varie missioni…

Di GAIA ci siamo occupati a più riprese nel nostro piccolo blog (parlammo di GAIA già in uno dei nostri primissimi post, a maggio del 2002), e per i nostri affezionati lettori sarà come una vecchia amica, ormai. GAIA è stata lanciata nel dicembre del 2013 e da allora, non solo ha fatto strada, ma ha già fatto un bel po’ di lavoro, tale da rendere possibile l’apertura al pubblico più vasto (e intendo davvero tutti) un primo parziale catalogo di stelle, che già sorpassa i due milioni di oggetti stellari, registrati con una accuratezza assolutamente senza precedenti.

E che ovviamente fa impallidire numericamente anche il celebre catalogo – beninteso, di natura squisitamente diversa – del celeberrimo Don Giovanni mozartiano…

E’ così, verso il mezzogiorno di ieri sono stati aperti gli archivi (tra i quali possiamo sottolineare con un certo orgoglio, ve ne è uno tutto italiano, presso l’Agenzia Spaziale, che si è potuto realizzare grazie alla pazienza e alla lungimiranza di alcuni astronomi del nostro paese, con un ruolo importante nel team di GAIA).

Archivi alla cui apertura – così pare – è seguito una dinamica degli accessi il cui entusiasmo è pari solo alla portata stessa dell’impresa…

Dell’importanza di questi dati, e di come rivoluzioneranno negli anni a venire la nostra conoscenza della Galassia, e da questa in un salto in avanti, a gettare nuova luce sulle modalità stesse di formazione delle galassie più grandi, siano anche le più lontane, molto è stato detto e molto potrete trovare negli articoli apparsi su web in questi giorni.

Posso dire solo che è qualcosa che ripaga le dedizione di molti ricercatori, che dura ormai da anni (e che coinvolge anche l’Osservatorio Astronomico di Roma, nella persone di chi scrive e di altri validi collaboratori), e che finalmente produce dei risultati immediatamente accessibili a tutta la comunità. 

Su questo appena vale la pena di fermarci, forse, per sottolineare quanto anche la scienza moderna stia facendo uno sforzo – encomiabile – per diventare più relazionale e trasparente possibile. E per far sì che uno sforzo comune abbia ricadute immediate e tangibili, nell’ambito più vasto possibile.

Vorrei proprio sottolineare questo punto, perché mi pare di una portata culturale decisiva. Ero presente ieri alla presentazione presso l’Agenzia Spaziale Italiana (se proprio siete convinti, potete gustarvi una piccola intervista video…), dove sono state illustrate le specifiche di accesso al catalogo. Sono rimasto davvero colpito, al di là di ogni retorica, per la premura con la quale si è cercato di garantire – nell’ambito di una ragionevole gestione delle risorse hardware – il massimo accesso possibile ai dati appena rilasciati dal team di GAIA.

In termini semplici, questo vuol dire che si possono scaricare porzioni ingenti di dati senza nemmeno necessità di registrarsi, ma semplicemente accedendo alla relativa pagina di interrogazione. Questo vuol dire che ogni persona con una ragionevole idea di come utilizzare i dati, e di come interrogare il catalogo (un passo tecnico inevitabile), può accedere ai dati più recenti di una missione in corso, e lavorarli a piacere per esplorare la sua ipotesi. Senza dover chiedere niente a nessuno, senza dover fornire alcuna giustificazione.

E sono dati che esprimono la ricerca più avanzata e precisa ad oggi disponibile sulle popolazioni stellari della Via Lattea (e non solo).

Per ovvie ragione, un accesso ancora più ampio ai dati è garantito a chi si registra, tramite la semplice procedure sul sito. Accesso ai dati che – ci è stato promesso – verrà poi ulteriormente allargato qualora il carico medio dei server lo permetta.

Al di là dunque delle ricadute specifiche di una indagine così ambiziosa, sulle quali diverse volte ci siamo ampiamente soffermati, quello che oggi ci colpisce anche un non specialista, è la diversa impostazione culturale  che sta permeando l’indagine scientifica moderna. Il fatto che i dati vengano resi accessibili a tutti ed immediatamente è un paradigma nuovo anche per la scienza, infatti, che supera gli archetipi di periodo proprietario con i quali – pur legittimamente – si riteneva di dover garantire un accesso prioritario ai dati ai ricercatori che più di altri avevano lavorato alla messa in opera di un dato progetto.

Ora questo non esiste più, almeno per la missione GAIA (tra l’altro, è bene ricordarlo, una missione a forte partecipazione italiana). Ed è un paradigma che – bisogna ammetterlo – sorprende anche gli stessi scienziati, che un po’ faticano ad adeguarsi, a volte. Ma è in ultima analisi un paradigma che si iscrive pienamente nel segno di una nuova scienza, di una altra scienza, che vuole abbattere ogni muro divisorio artatamente eretto, sempre indice di un atteggiamento bellico o difensivo, per aprirsi davvero in una inedita avventura, di tutto il genere umano: una avventura che ha per sponda solo una eterna e rinnovata meraviglia.

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