Penso che un sogno così non ritorni mai più
Mi dipingevo le mani e la faccia di blu
Poi d’improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito

Penso (per aprire con la stessa parola del testo) che in questa canzone del 1958, canzone famosissima che nessuno ignora, c’è già tutto. Non solo vinse il festival di Sanremo in quell’anno (sarei subito tentato ad un confronto con alcuni recenti vincitori, ma preferisco evitare, in questa sede), ma – mi dice Bard – che è stata tradotta in cento lingue e ha venduto nel complesso più di cento milioni di copie in tutto il mondo. Possiamo senz’altro dire, un pezzo di un certo successo.

La melodia, così mediterranea ed orecchiabile, ha fatto la fortuna della canzone. Ma ci sarebbe tanto, anche, dietro queste parole. Tanto, che colpisce in vari modi l’immaginazione di un astrofisico.

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