Blog di Marco Castellani

Autore: Sabrina Page 4 of 71

Nuovi dischi protoplanetari osservati da Hubble Space Telescope

Hubble_dischi protoplanetari in formazione

Immagini in alto: le due immagini nella parte superiore del pannello mostrano dei dischi di detriti intorno a giovani stelle che non erano state osservate nelle immagini di archivio prese dall’Hubble Space Telescope della NASA. Nella illustrazione che si osserva sotto ad ogni foto viene mostrata l’orientazione dei dischi di detriti. Crediti: NASA/ESA, R. Soummer, Ann Feild (STScI).

Alcuni astronomi utilizzando l”Hubble Space Telescope della NASA hanno applicato una nuova tecnica per processare le immagini e ottenere delle foto della luce diffusa nel vicino infrarosso di cinque dischi attorno a giovani stelle e che fanno parte del Mikulski Archive for Space Telescopes database. Questi dischi rappresentano dei dischi di grande importanza a livello astronomico in quanto rivelano la formazione di nuovi pianeti.

Revisionando vecchi file e dati, un gruppo di astronomi guidati da Remi Soummer dello Space Telescope Institute (STScI) di Baltimore, Maryland, ha potuto fare questa straordinaria scoperta, un vero e proprio tesoro a livello planetario.

Le stelle in questione sono state inizialmente osservate dal Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS) di Hubble Space Telescope sulla base di alcune evidenze piuttosto insolite misurate con lo Spitzer Space Telescope della NASA e dall’Infrared Astronomical Satellite che era in orbita nel 1983. I dati precedenti avevano fornito degli interessanti indizi sulla presenza di dischi di polvere attorno a queste stelle. Piccole particelle di polvere nei dischi possono diffondere la luce e di conseguenza rendere visibile il disco stesso. Ma quando per la prima volta Hubble Space Telescope osservò tali stelle tra il 1999 e il 2006, non furono evidenziati dischi in formazione dalle immagini ottenute da NICMOS.

Recentemente con il miglioramento del processo di elaborazione delle immagini, tra cui alcuni algoritmi, Soummer e il suo team hanno rianalizzato le immagini dell’archivio. Questa volta hanno potuto notare in modo del tutto inequivocabile i dischi di polvere e di detriti e determinarne pure le loro dimensioni.

Lo strumento NICMOS, che ha iniziato a raccogliere i dati nel 1997, sta iniziando a mostrare il suo grande potere: dato che l’Hubble Space Telescope è attivo da 24 anni, NICMOS fornisce un archivio di dati estremamente importante , osservazioni di lunga durata che permettono di venire analizzate e confrontate fra loro nel corso del tempo.

“Ora con queste nuove tecnologie nell‘image processing possiamo andare a consultare l’archivio e fare una ricerca più precisa di quella che era possibile in precedenza con i dati di NICMOS” ha affermato Dean Hines dell’STScI.

“Queste scoperte aumentano il numero dei dischi di polvere e di detriti osservati in luce diffusa da 18 a 23. Con questa importante aggiunta alla popolazione nota e grazie alla varietà di forme di questi nuovi dischi, Hubble aiuta gli astronomi a comprendere meglio come si formano i sistemi planetari e come si evolvono” ha affermato Soummer.

La polvere nei dischi si ipotizza venga prodotta da collisioni tra piccoli corpi planetari come gli asteroidi. I dischi di detriti sono composti di particelle di polvere formate dalle collisioni. Le particelle più piccole sono costantemente spazzate via verso l’esterno dalla pressione di radiazione della stella. Ciò significa che devono essere reintegrati di continuo da altre collisioni. Questo gioco di scontro continuo doveva essere molto comune nel nostro Sistema Solare circa 4,5 miliardi di anni fa. La luna e il sistema di satelliti attorno a Plutone sono considerati dei sottoprodotti di queste collisioni.

“Una stella particolarmente interessante è HD 141943” ha affermato Christine Chen, esperta nei dischi in formazione e membro del team di ricercatori. “E’ un gemello esatto del nostro Sole durante l’epoca di formazione dei pianeti terrestri nel nostro Sistema Solare”. Hubble ha trovato che la stella mostra un disco visto di taglio con una asimmetria. Questa asimmetria potrebbe essere la prova che il disco sia gravitazionalmente perturbato dalla presenza di uno o più pianeti non ancora osservati.

“Essere in grado di vedere questi dischi ora ci permette di pianificare ulteriori osservazioni per poterli studiare in più grande dettaglio utilizzando gli strumenti di Hubble e i grandi telescopi a Terra” ha aggiunto Marshall Perrin dell’STScI.

“Stiamo pure lavorando per implementare le stesse tecniche come un metodo di elaborazione standard per il James Webb Space Telescope della NASA” ha affermato Laurent Pueyo dello STScI. “Questi dischi saanno gli obiettivi principali per il Telescopio Spaziale Webb”.

Fonte Orbiter.ch: Astronomical Forensics Uncover Planetary Disks in NASA’s Hubble Archive – http://orbiterchspacenews.blogspot.it/2014/04/astronomical-forensics-uncover.html?spref=fb

Sabrina

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Un’astronoma tra i finalisti delle Olimpiadi di Astronomia 2014

olimpiadi di astronomia 2014 studenti

I quaranta partecipanti alle Olimpiadi di Astronomia 2014, Liceo Corbino di Siracusa. Crediti e copyright: Sabrina Masiero.

E’ stata la mia prima Olimpiade. Da anni seguivo e raccontavo dell’esperienza di molti studenti italiani interessati all’astronomia. Parlare di Olimpiadi di Matematica e di Olimpiadi di Fisica è piuttosto comune, ma di Olimpiadi di Astronomia un po’ meno. Il punto fondamentale sta nel fatto che l’astronomia non viene intesa come una vera e propria materia scolastica. Un tempo la si insegnava all’ultimo anno del liceo scientifico come “geografia astronomica”. Recentemente è passata come materia del primo anno del liceo scientifico, il che significa che il livello culturale dei ragazzi in questo ambito si è abbassato.

Vedo le Olimpiadi di Astronomia come un momento importante per i giovani di confronto e di nuova esperienza di vita e soprattutto di cultura. La competizione c’è come lo è in tutte le Olimpiadi, ma si avverte soprattutto la voglia di stare assieme e di confrontarsi. Anche Stefano Sandrelli, Presidente delle Olimpiadi di Astronomia, che fa parte dell’INAF di Brera, ha dato il suo suggerimento agli studenti durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, sabato 12 aprile, alla presenza di molte autorità: “La cosa che vi chiedo, ragazzi, come ho fatto nelle altre competizioni nelle finali delle Olimpiadi, è di darvi una mano. Se stasera andando a cena qualcuno di voi ha dei dubbi, parlatene. E’ questo lo spirito con cui si affronta il problema della conoscenza oggi perché le Olimpiadi di Astronomia sono un enorme investimento sulla cultura. E di questo noi ne siamo molto contenti e ne siamo coscienti, e se anche voi lo siete, secondo me questo aiuta tantissimo”.

“L’astronomia ha una valenza sociale che è estrema, eccezionale” ha continuato Stefano Sandrelli. “Ci sono delle ricerche presentate a congressi internazionali che mostrano come ragazzi delle scuole dell’infanzia, delle scuole elementari, delle scuole medie di estrazione sociale estremamente diverse di nazionalità diverse ma che si trovano a convivere nello stesso paese quando vengono coinvolti tutti insieme in attività di tipo astronomico trovano una coesione tra ragazzi e tra le famiglie dei ragazzi che non ha uguali. Quindi, noi studiamo il cosmo ma attraverso il cosmo veramente noi aiutiamo noi stessi, aiutiamo tutto ciò che riguarda l’integrazione e la comprensione l’uno dell’altro. E credo che questo sia uno dei messaggi più belli che dà l’astronomia, proprio come se fosse uno specchio, e che ci torna sulla Terra”.

Olimpiadi astronomia 2014 prova scritta

Gli studenti olimpionici poco prima dell’inizio della prova scritta, domenica 13 aprile 2014 presso il Liceo Corbino di Siracusa. Crediti e copyright Sabrina Masiero.

Partecipare significa sentire l’emozione vibrante della prova, la tensione del voler fare bene lo scritto, la concentrazione che si diffonde nell’aria mentre i ragazzi prendono posto, il bisogno di avere un adulto vicino che ti consoli mentre sembra che il tuo stomaco non regga alla paura.

Partecipare significa rendersi conto che sono ragazzi con una grande passione, simile alla tua, solo che tu le Olimpiadi non le hai mai potute fare, visto che sono nate solo 14 anni fa.

Partecipare per me ha voluto dire molto di più. E’ stata l’occasione per presentare ai ragazzi la mia splendida esperienza al Telescopio Nazionale Galileo, il telescopio italiano di 3,6 metri che si trova nell’Isola di La Palma, nell’Osservatorio del Roque de Los Muchachos. La mia esperienza può’ essere, e così mi pare sia stata, un esempio tra i molteplici casi di persone qualificate con laurea e dottorato che continuano a sognare e a lavorare nell’astronomia. Ho già raccontato della mia prima volta al TNG qui . Le emozioni che provavo erano quelle che vivevo da giovane, sui banchi di scuola, quando mi guardavo intorno e sentivo il cuore palpitare per il desiderio di conoscere di più, anche se ero consapevole di essere la sola a pormi questioni sulla luminosità delle stelle o su come si muovevano i pianeti. Alle Olimpiadi di Siracusa nessuno si sentiva isolato, anzi. C’era un filo rosso che legava ognuno di loro e nei loro sorrisi si coglieva la giovinezza di questo sentimento.

Mi facevano tenerezza e in fondo mi ritrovavo in loro, nei loro gesti, nei loro pensieri, nei loro occhi.

Sono grata al Direttore del TNG Emilio Molinari per questi miei sei mesi alla Fundacion Galileo Galilei-TNG dove ho messo alla prova tutta me stessa e dove ho potuto davvero coronare il sogno della mia vita. Visitare, vivere il TNG è stato decisamente il sogno più bello. Sono grata a coloro che mi hanno dato la possibilità di parlare a questi ragazzi, mostrando che sono solo uno tra i molteplici esempi di persone innamorate del proprio lavoro e che non vogliono arrendersi nonostante le grandi difficoltà che la vita in modo naturale pone davanti. I sassi che bisogna superare, le rocce appuntite che si trovano lungo il percorso li voglio vedere come ostacoli che rendono più luminosa la tappa finale, il coronamento dei propri sogni.

Ma passiamo a loro. Ai vincitori delle Olimpiadi Italiane di Astronomia 2014, premio Margherita Hack. Qui di seguito la lista:

Categoria junior

Cascone Mariastella, Liceo Scientifico “G. Galilei”, Catania
Latella Luca, Istituto Comprensivo “Don Bosco-Cassiodoro”, Reggio Calabria
Gurrisi Giuseppe, Liceo Scientifico “E. Vittorini”, Francofonte (SR)
Gatto Andrea, Istituto Comprensivo “Carducci-da Feltre”, Reggio Calabria
Imbalzano Francesco, Istituto Comprensivo “Don Bosco-Cassiodoro”, Reggio Calabria

Categoria senior

Miglionico Pasquale Liceo Scientifico Statale “Federico II di Svevia”, Altamura (BA)
Santoni Giacomo, Liceo Scientifico “G.Galilei”, Macerata
Giunta Marco, Liceo Scientifico “G. Galilei”, Catania
Pizzati Elia, Liceo Scientifico “Galileo Galilei”, Dolo (VE)
Gagliardi Francesco, Liceo Scientifico “E. Fermi”, Cecina (LI)

In base alle graduatorie precedenti, la squadra che rappresenterà l’Italia alle International Astronomical Oyimpiad è formata dai primi 3 classificati nella categoria junior e dai primi 2 classificati nella categoria senior. Pertanto la squadra italiana sarà costituita da:
Categoria junior: Cascone Mariastella, Latella Luca, Gurrisi Giuseppe
Categoria senior: Miglionico Pasquale, Santoni Giacomo

Ai seguenti link potete scaricare le prove sostenute dai ragazzi, con le correzioni:

la prova pratica per la categoria Junior e Senior
la prova teorica per la categoria Junior e Senior

A questa pagina potete trovare le foto della Finale.

Il video realizzato da Marco Galliani di Media INAF:

Sito ufficiale delle Olimpiadi di Astronomia: http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/

Sito ufficiale Olimpiadi di Astronomia – La squadra italiana selezionata nella finale di Siracusa – http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/la-squadra-italiana-selezionata-nella-finale-di-siracusa/

Programma delle Olimpiadi di Astronomia: sito web dell’INAF-Catania – http://www.oact.inaf.it/olimpiadi/Finale_2014.html

Altre informazioni sul sito di Media INAF: L’Astronomia Olimpica a Siracusa – http://www.media.inaf.it/2014/04/14/lastronomia-olimpica-a-siracusa/

Dai alcuni quotidiani online:
Siracusa NEWS- Siracusa, Svolte stamane le premiazioni delle Olimpiadi di Astronomia – http://www.siracusanews.it/node/46920

SiracusaOggi.it – Siracusa. Premiati i vincitori della finale italiana delle Olimpiadi di Astronomia – http://www.siracusaoggi.it/siracusa-premiati-i-vincitori-della-finale-italiana-delle-olimpiadi-di-astronomia/

247 Libero- Siracusa, svolte stamane le premiazioni delle Olimpiadi di Astronomia – http://247.libero.it/rfocus/20252066/1/siracusa-svolte-stamane-le-premiazioni-delle-olimpiadi-di-astronomia/

Esse press – A Siracusa l’Olimpiade di astronomia con 40 studenti da tutta Italia. “Evento legato alla storia della città e ad Archimede” –
http://www.essepress.com/a-siracusa-lolimpiade-di-astronomia-con-40-studenti-da-tutta-italia-evento-legato-alla-storia-della-citta-e-ad-archimede/

Su facebook – Olimpiadi di Astronomia – https://www.facebook.com/olimpiadiastronomia?fref=ts

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Primo pianeta extrasolare nella zona di abitabilità della sua stella

Kepler-186f NASA

Rappresentazione artistica di Kepler-186f, il cugino della Terra. Crediti: NASA Ames/SETI Institute/JPL-Caltech.

Grazie al Telescopio Spaziale Kepler della NASA un gruppo di ricercatori astronomi ha scoperto il primo pianeta di dimensioni terrestri in orbita attorno ad una stella nella sua zona di abitabilità, ossia nella regione in cui l’acqua si può trovare in forma liquida sulla superficie planetaria. La scoperta di Kepler-186f conferma che i pianeti che hanno dimensioni di tipo terrestre esistono nella zona di abitabilità delle stelle. Terra e Marte nel nostro Sistema Solare vengono a cadere nella zona di abitabilità del Sole.

Finora erano stati scoperti dei pianeti che si venivano a trovare nella zona di abitabilità della loro stella ma erano almeno un 40 percento più grandi della Terra. Questa volta le cose sono diverse. “La scoperta di Kepler-186f è un passo significativo verso la scoperta di mondi simili al nostro pianeta Terra” ha affermato Paul Hertz, Direttore dell’Astrophysics Division della NASA presso il quartier generale dell’Agenzia spaziale a Washington. “Le future missioni  NASA, come il Transiting Exoplanet Survey Satellite e il James Webb Space Telescope scopriranno pianeti extrasolari rocciosi più vicini e determineranno la loro composizione oltre che le loro condizioni atmosferiche” cercando da un lato di rispondere ad alcune domande fondamentali sulla nascita della vita sulla Terra e dall’altro di trovare delle risposte su possibili forme di vita nell’Universo.

Anche se le dimensioni di Kepler-186f sono ben note, la sua massa e composizione non lo sono. Ricerche compiute in passato, comunque, mostrano che un pianeta delle dimensioni di Keper-186f deve probabilmente essere roccioso.

“Sappiamo di un solo pianeta dove esiste la vita, la Terra. Quando cerchiamo la vita al di fuori del nostro Sistema Solare ci focalizziamo sulla ricerca di pianeti con caratteristiche che si avvicinano a quelle terrestri” ha affermato Elisa Quintana, Research Scientist al SETI Institute presso l’Ames Center della NASA a Moffett Field, California e primo autore del paper pubblicato ieri su Science. “Il trovare un pianeta nella zona di abitabilità confrontabile in dimensioni con la Terra è un grande passo in avanti”.

Kepler-186f fa parte del sistema Kepler-186, a circa 500 anni luce di distanza dalla Terra nella Costellazione del Cigno, la regione dove Kepler cerca i pianeti extrasolari. Il sistema è formato da altri quattro pianeti che orbitano attorno ad una stella con dimensioni e  massa pari a circa metà di quelle del nostro Sole.

“Le stelle nane di tipo M sono le stelle più numerose” ha affermato Quintana, e questo fa sì che da un punto di vista statistico sia più probabile trovare pianeti attorno a stelle di questo tipo.

Kepler-186f  ha un periodo di 130 giorni e riceve dalla sua stella circa un terzo dell’energia che il nostro pianeta riceve dal Sole. Inoltre, si trova vicino al bordo esterno della zona di abitabilità. “Anche se si viene a trovare nella zona di abitabilità questo non significa che il pianeta sia abitabile. La temperatura sulla superficie del pianeta dipende fortemente dal tipo di atmosfera che il pianeta ha” ha affermato Thomas Barclay, Research Scientist presso Bay Area Environmental Research Institute ad Ames e secondo autore del paper. “Kepler-186f può essere pensato come un cugino della nostra Terra piuttosto che un gemello. Possiede infatti molto proprietà caratteristiche della nostra Terra.”

I quattro pianeti compagni, Kepler-186b, Kepler-186c Kepler-186d Kepler-186e orbitano attorno alla loro stella ogni 4, 7, 13 e 22 giorni rispettivamente, rendendoli troppo caldi per la vita come la conosciamo. Questi pianeti più interni rispetto a Kepler-186f hanno dimensioni inferiori a 1,5 volte quelle terrestri.

I prossimi passi nella ricerca di vita su mondi lontani dal nostro sono quelli che puntano alla ricerca di pianeti gemelli della Terra o con dimensioni simili che orbitano nella zona di abitabilità della loro stella, oltre alla misura della loro composizione chimica. Il Telescopio Spaziale Kepler, che simultaneamente e continuamente ha misurato la luminosità di oltre 150 000 stelle, è la prima missione della NASA in grado di rilevare pianeti delle dimensioni terrestri attorno a stelle simili al Sole.

Fonte JPL-NASA:NASA’s Kepler Telescope Discovers First Earth-size planet in “Habitable Zone: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2014-119&utm_source=iContact&utm_medium=email&utm_campaign=NASAJPL&utm_content=universe20140417

Media INAF – Kepler trova un cugino della Terra- http://www.media.inaf.it/2014/04/17/kepler-trova-un-cugino-della-terra/

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Il primo sistema di anelli attorno ad un asteroide

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L’asteroide Chariklo in una rappresentazione artistica con due anelli. Crediti: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser/Nick Risinger. Fonte ESO: http://www.eso.org/public/italy/images/eso1410c/

La grande scoperta è arrivata dall’ESO: il remoto asteroide Chariklo è circondato da due densi e stretti anelli.

Telescopi in ben sette luoghi differenti nel Sud Ameria, tra cui il telescopio danese di 1,54 metri e il telescopio TRAPPIST all’Osservatorio di La Silla dell’ESO in Cile sono stati utilizzati per fare questa sorprendente scoperta ai confini del nostro Sistema Solare interno, ossia oltre l’orbita di Nettuno.

Questo risultato suscita grande interesse e dibattito dato che Chariklo rappresenta il più piccolo oggetto, oltre che estremamente lontano, all’interno del nostro Sistema Solare ad avere un sistema di anelli. E’ il primo asteroide ad avere questa caratteristica a parte i quattro pianeti giganti gassosi: Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

La scoperta è avvenuta durante un transito sul disco della stella UCAC4 248-108672 il 3 giugno 2013, visibile dall’America meridionale. La stella è svanita per pochi secondi quando l’asteroide è transitato davanti, una vera e propria occultazione. Lo stesso metodo che usa il Telescopio Spaziale Kepler della NASA per osservare pianeti extrasolari.
In questo caso i cali di luce sono stati due. Grazie alle osservazioni in punto differenti è stato possibile calcolare la forma, la larghezza e le altre caratteristiche degli anelli appena scoperti.

Si fa l’ipotesi che tale sistema di anelli si sia formato dai detriti lasciati da una collisione. Ma ora ci si aspetta che Chariklo abbia almeno una piccola luna che gli ruoti attorno.
I responsabili del progetto hanno provvisoriamente chiamato questi anelli con i nomi di Oiapoque e Chuí, due fiumi alle estremità Nord e Sud del Brasile.

Ulteriori informazioni su ESO-http://www.eso.org/public/italy/news/eso1410/ in italiano.

Fonte ESO: First Ring System Around Asteroid – http://www.eso.org/public/news/eso1410/
ESO Cast – episodio 64 First Ring System Around an Asteroid – http://www.eso.org/public/announcements/ann14022/

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Una corsa a rotta di collo con le braccia aperte

pulsar with jet

Crediti: X-ray: NASA/CXC/ISDC/L.Pavan et al, Radio: CSIRO/ATNF/ATCA Optical: 2MASS/UMass/IPAC-Caltech/NASA/NSF. Immagine disponibile su Chandra web site: http://chandra.harvard.edu/photo/2014/igrj11014/

Una piccola stella densa e in rapido movimento, si allontana con una velocità superiore a quella del suono dalla sua regione di formazione, emettendo un potente getto di particelle. I risultati sono stati ottenuti da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui la maggior parte italiani che lavorano a Ginevra, in Svizzera.

L’oggetto in questione è una pulsar, ossia il nucleo compatto e rotante che rimane dopo che una stella massiccia collassa su se stessa ed esplode in supernova. I ricercatori hanno osservato quest’oggetto, denominato IGR J11014 – 6103, inizialmente scoperto dal satellite INTEGRAL dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), mentre si allontana dal resto di supernova, il materiale lasciato dalla gigantesca esplosione di supernova (come la nuvola di polvere che rimane dopo l’esplosione di un fuoco d’artificio).

La pulsar espelle durante la sua fuga uno spettacolare getto di materiale visibile in luce X e lungo ben 37 anni-luce: il getto in raggi X più lungo mai osservato nella nostra Galassia.

Oltre a questo, un’altra caratteristica della pulsar è la sua velocità stimata tra 4 milioni e 8 milioni di chilometri all’ora, che la rende una delle pulsar più veloci tra quelle note.

“Non avevamo mai osservato un oggetto che si muovesse così velocemente e che producesse anche un getto”, ha affermato Lucia Pavan dell’Università di Ginevra, Svizzera, primo autore dell’articolo recentemente pubblicato su questo risultato . “Per fare un confronto, questo getto è lungo quasi dieci volte la distanza tra il Sole e la nostra stella più vicina”.

Oltre alla sua lunghezza impressionante, il getto osservato nella pulsar IGR J11014 – 6103 ha altre caratteristiche spettacolari e interessanti. Ad esempio, il getto ha la forma di un’elica, come una sorta di cavatappi. Questo suggerisce che la pulsar stia oscillando come una trottola. Vi sono anche evidenze di un debole getto lanciato in direzione opposta.

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Con un po’ di immaginazione questo getto sembra una ballerina con un boa di piume. Crediti: X-ray: NASA/CXC/ISDC/L.Pavan et al.

“IGR J11014-6103, che abbiamo soprannominato “nebulosa faro” per il suo aspetto in raggi X, ha attirato la mia attenzione per la sua emissione nell’intervallo dei raggi X molto energetici che vengono monitorati da INTEGRAL” afferma Lucia Pavan “ma solo quando ho trovato negli archivi del satellite XMM un’immagine che aveva catturato per caso la sorgente, mi sono davvero interessata a quest’oggetto: l’immagine in X mostrava una forma sorprendente, molto allungata, come una sorta di striscia nel cielo”.

“Con un gruppo di colleghi dell’Integral Science Data Center (ISDC) e dell’Institute of Astronomy and Astrophysics (IAAT) di Tübingen, Germania, abbiamo iniziato a lavorare su quest’oggetto. Quasi subito abbiamo sviluppato l’ipotesi che questa lunga striscia brillante in raggi X fosse il risultato di una pulsar, anche se ancora non sapevamo come potesse essere prodotta. Ci sono solo un paio di altre strisce simili prodotte da pulsar isolate, e non è ancora chiaro quale sia il meccanismo fisico alla base del fenomeno. Quest’oggetto era affascinante, ma con i dati a disposizione non eravamo in grado di testare le nostre ipotesi. Avevamo bisogno di saperne qualcosa di più, in tutte le possibili bande di energia. E’ lo stesso che facciamo tutti noi nella vita quotidiana per sondare un oggetto “sconosciuto” che ci troviamo di fronte: lo esploriamo con tutti i nostri sensi, osservandolo, toccandolo, ecc. Facciamo lo stesso in astrofisica, eccetto che i nostri “sensi” in questo caso sono tutte le diverse lunghezze d’onda della luce (o bande di energia)”.

“Abbiamo chiesto di fare una nuova osservazione in X con Chandra, per la sua tecnologia unica al mondo che ci permette di ottenere le immagini più nitide in assoluto in X, e in radio con l’Australia Telescope Compact Array (ATCA) formato da sei antenne che possono essere spostate su un binario di 6 chilometri.
Ero ad una conferenza a Parigi quando vari mesi dopo ho finalmente ricevuto i dati delle nostre osservazioni con Chandra. Anche la prima immagine grezza toglieva semplicemente il respiro. La striscia lineare mostrava molti più dettagli di quanto mi aspettassi. C’era un’altra striscia, molto più debole, in direzione opposta. La pulsar produceva anche una coda molto più corta, come una sorta di “cometa” luminosa in X e in onde radio, e diretta quasi perpendicolarmente alla striscia lunga. “

“Abbiamo iniziato a lavorare sui nuovi dati insieme ai colleghi dell’Università di Western Sydney e dell’INFN di Roma. Dimostrare la nostra idea è stato molto più difficile di quello che ci aspettavamo all’inizio, ma con tutti i dati che abbiamo raccolto nelle diverse lunghezze d’onda, alla fine siamo stati in grado di concludere che la piccola cometa è dovuta al “vento” prodotto dalla pulsar, quello che viene chiamato il “pulsar wind nebula”. La sua forma allungata è dovuta alla velocità della pulsar, nello stesso modo in cui gli aeroplani supersonici formano i coni di Mach. Abbiamo potuto confermare anche che la pulsar si è formata circa 15000 anni fa durante l’esplosione che ha lasciato i detriti visibili più a nord (quello che viene definito “resto di supernova”), come era stato suggerito da altri ricercatori con un’osservazione Chandra molto più breve.”

“La pulsar e il resto di supernova sono alla stessa distanza da noi (a circa 20 000 anni-luce) e la lunga scia in X prodotta dalla pulsar ha una lunghezza incredibile, di quasi 40 anni-luce! La pulsar sta viaggiando dall’istante dell’esplosione a una velocità di oltre 1 000 km/s.”

“L’ultimo -e fondamentale- aspetto, molto più difficile da risolvere, era capire se questa striscia così lunga ed energetica, fosse o meno un flusso di particelle emesso dalla pulsar stessa (quello che viene chiamato “getto”). Solo quando abbiamo creato un modello numerico per simulare i diversi aspetti di un getto osservato attraverso gli occhi del satellite Chandra, e lo abbiamo confrontato con i nostri dati, siamo stati finalmente in grado di dimostrare che questo è davvero il getto di una pulsar. Il secondo getto ci appare molto piu’ debole e corto per un effetto della relatività di Einstein. È come se la pulsar stesse correndo nello spazio interstellare a rotta di collo, con le sue braccia completamente aperte, lasciando una scia dietro di sé.”

“Avendo dimostrato che la scia è effettivamente il getto di una pulsar, abbiamo anche ottenuto l’informazione di come sia orientato l’asse di rotazione della pulsar (il getto giace sempre sull’asse di rotazione, altrimenti le particelle espulse non potrebbero formare una scia, ma piuttosto un disco). Questo a sua volta apre numerose questioni, ad esempio sul tipo di esplosione che ha formato la pulsar, che -contrariamente a quanto ci si aspettava- ha lanciato la pulsar in una direzione diversa da quella del suo asse di rotazione. Il resto di supernova non è completamente sferico, ma sembra piuttosto distorto da una sorta di “barra” orientata in una direzione simile ai getti della pulsar. Questo potrebbe suggerire che i getti abbiano avuto un ruolo importante durante l’esplosione, una questione che dovrà essere approfondita in futuro.
Un altro importante aspetto del getto è la sua forma ad elica, simile ad un cavatappi. L’interpretazione più immediata è che la pulsar stia “oscillando” (fenomeno chiamato precessione libera) e l’elica rispecchia le diverse direzioni di emissione delle particelle. Diverse altre pulsar sembrano oscillare in modo simile, come nel caso della pulsar Vela, ma questa ipotesi è ancora argomento di forte dibattito nella comunità astrofisica. Un’altra possibile ipotesi è che questi effetti siano dovuti invece a delle instabilità che si sviluppano lungo il getto”.

“Ci sarà ancora molto da scoprire e da capire su questo oggetto, e sulla formazione delle pulsar e dei getti in generale, fenomeni che sono molto comuni nella nostra Galassia e che qui, per la prima volta, possono essere studiati tutti insieme in un solo oggetto. Speriamo che i nuovi dati che stiamo aspettando da Chandra, un’osservazione molto più lunga -pari a circa tre giorni, e in diverse lunghezze d’onda, ad esempio nella banda ottica con il Very Large Telescope in Cile, ci aiuteranno a risolvere le questioni ancora aperte.”

Articolo:

L. Pavan, P. Bordas, G. Puehlhofer, M. D. Filipovic, A. De Horta, A. O’Brien, M. Balbo, R. Walter, E. Bozzo, C. Ferrigno, E. Crawford, L. Stella, The helical jet of IGR J11014-6103: echoes of a core-collapse supernova, arXiv:1309.6792, disponibile su: http://arxiv.org/abs/1309.6792

Un ringraziamento particolare va a Lucia Pavan per il  lavoro che abbia fatto assieme nella stesura dell’articolo. Lucia, CONGRATULAZIONI! Un risultato che premia anni di lavoro!

Fonti:

Chandra X ray Observatory: Running at Breakneck Speed With Open Arms –  http://chandra.harvard.edu/blog/node/485

Blog Chandra:  Running At Breakneck Speed With Open Arms – di Lucia Pavan – http://chandra.harvard.edu/blog/node/485

Universe@CSIRO: Freaky pulsar flaunts its tail -http://csirouniverseblog.com/2014/02/19/freaky-pulsar-flaunts-its-tail/

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Una notte al TNG

TNG

Il Telescopio Nazionale Galileo, TNG, fa parte dell’Osservatorio del Roque de Los Muchachos insieme ad altri 14 telescopi ad una quota di 2400 metri. Ha uno specchio primario di 3,6 metri. Crediti e copyright: Sabrina Masiero/FGG-TNG.

Racconto di una visita al Telescopio Nazionale Galileo alle Canarie . La schedula della nottata rientrava nel programma di osservazione INAF per la caratterizzazione dei sistemi planetari, il Global Architecture of Planetary Systems – GAPS.

Articolo pubblicato su Media INAF il 18-19 febbraio 2014

In collaborazione con Caterina Boccato (INAF-Osservatorio Astronomico di Padova)

Ore 15:30: partenza da Santa Cruz, zero metri sul livello del mare dove, oggi, c’era una temperatura di almeno 25°C. La strada è un po’ lunga e decisamente densa di curve ma la facciamo senza intoppi, incontrando solo una manciata di automobilisti in discesa.

Entrada_Sur_de_Santa_Cruz_de_la_Palma

La vegetazione muta tre volte, si passa dalle palme alle conifere e, infine, a dei bassi cespuglietti, unici ignari testimoni del fatto che ci troviamo sulla Terra e non su Marte. Sì perché l’affascinante paesaggio rosso e brullo ha un che di “alieno”.

Ore 17:00: arrivo all’Osservatorio del Roque de Los Muchachos, 2400 metri sul livello del mare, sole accecante e grande emozione appena ci si rende conto di essere giunti a destinazione; una delle prime cupole che si vedono è quella del Nordic Optical Telescope (NOT) dei nostri colleghi scandinavi. E poi ecco il Gran Telescopio Canarias, chiamato anche GranTeCan, coi suoi 10,4 metri di diametro e finalmente, più in alto ancora, il nostro Telescopio Nazionale Galileo (TNG) riconoscibile per la sua tipica cupola ottagonale!

IMG_5762-340x254Prima tappa alla Residencia, hotel e mensa di proprietà dell’Istituto Astrofisico delle Canarie (IAC) che sorge a poco lontano dal TNG, dove prendiamo possesso delle nostre stanze. Si ha la sensazione di essere veramente sul tetto del mondo, perché sotto di noi c’è un mare di nuvole. Un leggero malessere, come un capogiro, a causa degli effetti del brusco cambiamento di quota sulla pressione sanguigna, che però passa in cinque minuti dopo qualche biscotto e un buon caffè caldo.

Ore 17:30: si riprende l’auto e si sale verso il TNG. Ma subito è troppo forte la tentazione, nonostante i divieti di accesso, di andare a vedere da vicino MAGIC, il Major Atmospheric Gamma-ray Imaging Cherenkov Telescope. Si tratta del più grande telescopio gamma al mondo. Costruito e gestito da un consorzio di scienziati in prevalenza italiani, tedeschi e spagnoli, consiste di due grandi paraboloidi di 17 metri di diametro ed è in grado di rivelare raggi gamma di origine extraterrestre per studiare l’origine dei raggi cosmici e altri fenomeni di fisica e di astrofisica. Il primo paraboloide ha iniziato la raccolta dati nel 2004; il telescopio gemello, a 85 m dal primo, nel giugno 2009.

Sono splendidi con il paesaggio, i caseggiati e gli altri oggetti intorno che vi si specchiano rovesciati e con le proporzioni sfalsate.

Ed ecco finalmente che arriviamo al TNG (Telescopio Nazionale Galileo) riconoscibilissimo proprio per la sua cupola diversa dalla altre, squadrata e ottagonale. Abbiamo chiesto lumi di questa particolare conformazione al Direttore della Fondazione Galileo Galilei TNG, Emilio Molinari: “La cupola del TNG è stata copiata da quella del New Technology Telescope (NTT) in Cile, progettata per lasciare che l’aria esterna entri seguendo un flusso laminare, ossia creando la condizione migliore per la stabilità termica degli specchi e la qualità delle immagini. Insomma, tutto progettato per migliorare quello che chiamiamo seeing di cupola cioè quelle micro-turbolenze che degradano la visione perfetta del nostro specchio ad ottica attiva. Un’unica pecca: in tutti quegli interstizi, sulla copertura esterna, d’inverno col brutto tempo, il ghiaccio si blocca un giorno in più del normale! Ma questo nell’arido deserto cileno non lo potevano sapere.”

Ci troviamo ora a 2387 metri sul livello del mare ad appena 350 metri più in alto di MAGIC dove tira un vento incredibile che spalanca i portelloni dell’auto e sembra che ti porti via! Sotto si vede, già aperta, la cupola del GranTeCan. Ancora qualche fotografia e si entra.

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Caterina e Sabrina davanti al TNG. Crediti e copyright: Sabrina Masiero/FGG-TNG.

Sono le 18:40. Saliamo in cupola dove troviamo Daniele Carosati, operatore al telescopio della Fondazione Galileo Galilei (FGG), che sta aprendo la cupola e ci fa salire spiegandoci che c’è qualche problemino perché i motori che aprono le paratie sono andati fuori fase e quindi è necessario fare un intervento manuale. Che sia stato El Duende del TNG? El Duende, letteralmente il Folletto, è una figura fantastica immaginata dagli astronomi quando si manifestano dei fenomeni improvvisi di questo tipo. Chissà! Niente di male, anzi, per noi è un’occasione per visitare la cupola del TNG. Bellissima esperienza, nonostante il vento freddo che soffia a 40 chilometri orari!

Approfittiamo quindi per perlustrare l’edificio a 3 piani, a partire dal piano più alto dove si trovano le due zone corrispondenti ai fuochi Nasmyth del TNG, con i collegamenti ai diversi strumenti del telescopio passando al piano del basamento del telescopio, una parte cilindrica che racchiude il pilastro centrale.  Attenzione: bisogna seguire sempre le frecce per non perdere l’orientamento quando la cupola sta girando!  Infine, scendiamo al piano terra, dove trovano posto le officine e la sala di controllo da cui astronomi e operatori gestiscono le osservazioni.

Ore 19:30: tutto pronto, si parte! Ci troviamo ora nella control room, con l’astronomo Ennio Poretti dell’INAF di Brera, che ci spiega come all’inizio si devono far partire tutta una serie di operazioni pianificate che permettono di mettere in funzione lo strumento. Stanotte è il turno di HARPS-N (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher in North hemisphere), lo spettrografo ad alta risoluzione definito il “cacciatore di pianeti extrasolari” dell’emisfero Nord, per distinguerlo dal suo “quasi” gemello, HARPS, montato al telescopio di 3.6m dell’ESO in Cile, che opera da oltre dieci anni. HARPS-N ha visto la sua prima luce nell’aprile 2012 e l’anno scorso ha permesso di “caratterizzare” il pianeta extrasolare Kepler-78b, il pianeta più simile alla nostra Terra finora scoperto, determinandone le principali caratteristiche fisiche, quali per esempio la massa e il raggio.

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Ennio Poretti dell’INAF di Brera, Sabrina Masiero dell’INAF di Padova e FGG/TNG e Caterina Boccato dell’INAF di Padova. Crediti e Copyright Sabrina Masiero/FGG-TNG.

Ora che la parte tecnica è pronta si fanno partire le operazioni scientifiche. Si controlla prima di tutto il fuoco del telescopio per non perdere tempo osservativo durante la notte.  La ricerca del fuoco e’ una procedura automatica che richiede circa 7 minuti, cercando di adeguarsi il più possibile alla situazione teorica.

Ore 19:42: con 5 minuti di anticipo sulla schedula inizia la notte osservativa. Di tanto in tanto veniamo scosse dallo squillo di una… campanella!  Che ci fa mai una campanella nella control room?  Il TNG ha appena completato una qualche operazione e allora “sveglia” l’astronomo osservatore con un tono… un po’ alto!

La lista di oggetti che lo science team di GAPS ha selezionato per questa notta prevede circa 40 stelle che sono indicate con delle sigle: Kp (known planet, pianeta noto), M (stelle di tipo M) e Mp (metal poor, stelle povere di metalli).

La percentuale di umidità nel frattempo è arrivata al 73% ma ha un trend in salita. Se si arriva all’85% si deve chiudere la cupola!

La lista di oggetti che lo science team di GAPS ha selezionato per questa notta prevede circa 40 stelle che sono indicate con delle sigle: Kp (known planet, pianeta noto), M (stelle di tipo M) e Mp (metal poor, stelle povere di metalli).

Il primo oggetto viene puntato due volte: il primo puntamento serve per calibrare il fuoco del telescopio. Il suono della campanella ci dice che il puntamento è stato completato. Una volta terminata l’operazione si passa al secondo oggetto. Si sente il telescopio muoversi alla ricerca nel cielo della seconda stella. Un pensiero va a quei pianeti attorno a stelle così lontane… Ma l’attenzione ritorna al monitor. Ora si deve riconoscere tra le stelle di campo quella di interesse selezionandola con la camera di guida. 900 secondi, pari a 15 minuti, è il tempo di esposizione (standard) adottato da GAPS  per acquisire la spettro della stella e ricavarne i valori di velocità radiale. Nel frattempo Ennio aggiorna il report della stella puntata in precedenza per evitare di dover poi far tutto in un solo colpo al mattino quando, finalmente, sarà ora di andare a riposare.

Le operazioni da compiere per ogni singola stella, come per esempio il tempo di esposizione, sono già decise in anticipo e riportate in un Observing Block che l’astronomo osservativo ha con sé e consulta sempre.

Ore 20:01: Daniele ci informa che il valore dell’umidità sta continuando a salire e che potrebbe farci chiudere la cupola per una buona parte della notte!  Siamo al 76%.

Ore 20:45: tentiamo un’uscita per contemplare il cielo a occhio nudo con una macchina fotografica in mano. Siamo travolte dall’oscurità ma la Luna ci guida verso l’edificio alto 24 metri che ospita il TNG con grande difficoltà perché il vento soffia a 12-14 m/s, più di 40 chilometri orari, e ci fa percepire i 5 °C di temperatura come fossero -7 °C! Tutto dura meno di un minuto, ma i nostri occhi fotografano l’immensità del cielo e delle nuvole oltre il dirupo. Sembra davvero di toccare le stelle!

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Il Telescopio Nazionale Galileo. Crediti e copyright: Sabrina Masiero/FGG-TNG.

Nel frattempo, Ennio è arrivato a puntare il quinto oggetto della notte. Improvvisamente squilla il telefono, non la campanella… Allarmi ovunque! Chi sarà mai? Si cerca qualcuno, un tecnico, un certo Miguel. Daniele continua il monitoraggio, si arriva a valori di umidità pari a 84%. Rischio chiusura cupola TNG in vista!

Ore 21:00: l’umidità scende a 80%, tiriamo un sospiro di sollievo. Il puntamento della stella MP10 mostra chiaramente la presenza di una stella compagna. Per esserne certi, Ennio consulta il database degli oggetti GAPS e nota che la stella in questione non era mai stata osservata. Siamo testimoni della prima osservazione compiuta con HARPS-N di questo sistema binario! Un qualunque catalogo stellare, come SIMBAD, permette di avere tutte le informazioni utili sulla stella che si sta puntando.

“Gli oggetti da osservare possono avere priorità alta o bassa”, ci spiega Ennio Poretti. “Per ciascuna notte è stabilita una schedula delle osservazioni che può essere modificata dall’osservatore sulla base del seeing del momento, dell’altezza e della magnitudine della stella.”

Ore 21:08: per la prima volta ho il privilegio di fare il puntamento della stella M44 che viene accompagnata da pop corn che Daniele ha preparato, caldi… Buonissimi!

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Ore 21:15: l’oggetto puntato è una stella doppia, ma ben tre sono le stelle nel campo di vista e per individuare la nostra stella si deve usare un direttorio che contiene tutti i cataloghi, le cartine, i report delle osservazioni GAPS compiute nel corso del tempo. Selezionando la cartina della stella in esame conservata in questo direttorio possiamo individuare in modo univoco la stella e quindi puntarla!

Ore 21:48: umidità al 76%, meno male, sta scendendo! Le osservazioni continuano.

Ore 23:16: Ennio e Daniele si mettono a parlare animatamente. Gli chiediamo se vi è qualche problema nelle osservazioni. L’astronomo dice di no, ma avendo valutato che c’è un po’ di tempo in più vale la pena osservare un oggetto che si trova in un ammasso aperto. Ennio si chiede perché non sia  in schedula per quella notte e decide di fare un collegamento Skype con il chair del progetto GAPS, Isabella Pagano, dell’INAF di Catania. Collegamenti via Skype o via e-mail fra l’osservatore e gli altri membri GAPS sono frequenti. Ad esempio, nella notte precedente, ci racconta Ennio, uno scambio di messaggi col Principal Investigator della proposta osservativa, Alessandro Sozzetti dell’INAF di Torino, ha permesso il preciso riconoscimento di due stelle vicine, una “appartenente” a GAPS e l’altra a un altro programma,  quindi assolutamente non puntabile dall’astronomo osservatore GAPS.

Ore 23:35: Mentre si parte col puntamento Daniele Carosati si accorge che l’interfaccia dell’auto guida è congelata, in pratica i monitor dei pc sono piantati. Capiamo che la situazione si sta congelando anche in sala controllo. I due si guardano e convengono che sia meglio “abortire l’operazione per ammazzare l’interfaccia”. Ci guardiamo anche noi e decidiamo che, visti i toni, è giunto il momento di porre fine alla nostra notte osservativa e di andarcene a dormire.

In realtà la cosa si risolve in pochi minuti. Durante le notti di osservazione capita spesso di dover far fronte a piccoli problemi strumentali/informatici che di solito si risolvono senza danni. La notte è andata a buon fine con il 100% degli oggetti in lista osservati! Tutto questo lo abbiamo naturalmente saputo leggendo il report che a fine notte l’osservatore GAPS deve compilare per informare gli altri membri e che, solitamente, arriva verso le 8 – 8:30 del mattino.

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Il Gran Telescopio Canarias (GTC, o GranTeCan) di 10,4 metri di diametro, il piu’ grande telescopio ottico/infrarosso. Fa parte dell’Osservatorio del Roque de Los Muchachos. Crediti e copyright: Sabrina Masiero/FGG-TNG.

Il giorno dopo splende ancora il Sole, si va in visita al GanTeCan che con il suo specchio di 10 metri di diametro, ha una struttura veramente notevole.

Ore 12:00. Si riparte per tornare a Santa Cruz. Ciao TNG, ciao Roque e ciao paesaggio marziano!

Caterina e Sabrina
Foto © Sabrina Masiero (INAF – Osservatorio Astronomico di Padova e Fundacion Galileo Galilei -Telescopio Nazionale Galileo FGG-TNG)

Pubblicato su Media INAF:
Una notte al TNG – prima parte: http://www.media.inaf.it/2014/02/18/una-notte-al-tng/
Una notte al TNG – seconda parte: http://www.media.inaf.it/2014/02/19/una-notte-al-tng-2/

 

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ESA: vapore acqueo su Cerere

Artistic Impression of Cere

Una rappresentazione artistica del pianeta nano Cerere, che si trova nella Fascia degli Asteroidi tra le orbite di Marte e Giove. Le osservazioni compiute dall’Herschel Space Observatory dell’ESA tra il 2011 e il 2013 mostrano la presenza di vapore acqueo sulla superficie del pianeta. E’ la prima rilevazione chiara della presenza di vapore acqueo su un oggetto della Fascia di Asteroidi. Il riquadro mostra il segnale rilevato da Herschel l’11 ottobre 2012. Crediti: ESA/ATG medialab/Küppers et al. Fonte ESA: http://www.esa.int/spaceinimages/Images/2014/01/Artist_s_impression_of_Ceres2

Un gruppo di ricercatori utilizzando l’Herschel Space Observatory ha rilevato per la prima volta la presenza di vapore acqueo su Cerere, l’oggetto maggiore della Fascia degli Asteroidi.

Si pensa che dei pennacchi di vapore acqueo si formino periodicamente su Cerere quando delle piccole porzioni della sua superficie iniziano a riscaldarsi. Cerere e’ stato classificato nel 2006 dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU) come pianeta nano, dato che ha una massa sufficiente da conferirgli una forma sferica ma non ha ripulito la zona in cui si viene a trovare dai detriti [1]. Infatti, Cerere si viene a trovare in una zona in cui vi sono altri oggetti che hanno dimensioni un po’ piu’ piccole e che possono arrivare fino a qualche metro di diametro”. Un pianeta nano e’ una condizione a meta’ strada tra quella di asteroide e di pianeta. La stessa sorte, come ben sappiamo, e’ toccata a Plutone.

Herschel Space Observatory e’ una missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) dove vi sono anche importanti contributi della NASA, l’ente spaziale americano.
“Questa e’ la prima volta che del vapore acqueo viene rilevato in modo inequivocabile su Cerere, in generale su un qualsiasi oggetto della Fascia degli Asteroidi e fornisce la prova che Cerere presenti una superficie ghiacciata e un’atmosfera” ha affermato Michael Kuppers dell’ESA in Spagna, primo autore del paper pubblicato su Nature.

I risultati arrivano al momento giusto per la missione Dawn della NASA che si sta avvicinando all’asteroide Cerere dopo aver trascorso piu’ di un anno in orbita attorno a Vesta. Dawn si avvicinera’ Cerere nella primavera del 2015 per osservare e scandagliare la sua superficie.

“Abbiamo una sonda che si sta avvicinando a Cerere e non dovremo aspettare a lungo prima di ottenere dei risultati affascinanti, proprio dalla sua superficie” ha affermato Carol Raymond, Deputy Principal Investigator per Dawn presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, California. “Dawn mappera’ la geologia e la chimica della superficie con un’alta risoluzione, rivelando i processi che guidano l’attivita’ di degassamento”.

Nell’ultimo secolo Cerere e’ stato conosciuto come l’asteroide maggiore del nostro Sistema Solare. Ha un diametro di 950 chilometri ed e’ stato il primo asteroide scoperto, nel 1801, appartenente alla Fascia di asteroidi tra Marte e Giove. Subito dopo sono venuti tutti gli altri.

Si fa l’ipotesi che Cerere abbia della roccia al suo interno con un fitto mantello di ghiaccio che, se sciolto, potrebbe essere equivalente all’acqua piu’ fresca presente sulla Terra. I materiali che compongono Cerere probabilmente risalgono ai primi milioni di anni di vita del nostro Sistema Solare che hanno portato alla formazione della Fascia Principale degli Asteroidi stessa.

Finora la presenza di ghiaccio sulla superficie di Cerere era stata solo ipotizzata, ma non rilevata. E’ stato Herschel, grazie al suo occhio nel lontano infrarosso, a osservare la firma spettrale del vapore acqueo. Tale firma e’ stata osservata in ben quattro occasioni, in una invece, non c’era.

I ricercatori pensano che una parte della sua superficie ghiacciata si scaldi quando il pianeta nano si avvicina di piu’ al Sole e diventa sufficientemente calda da formare del vapore acqueo che fuoriesce sottoforma di pennacchi con una velocita’ di circa 6 chilogrammi al secondo. Quando Cerere si trova nella parte dell’orbita piu’ fredda, non vi e’ presenza di vapor acqueo.

La forza del segnale inoltre e’ cambiata nel corso delle ore, delle settimane e dei mesi, a causa del fatto che i pennacchi di vapore acqueo si spostano passando ripetutamente dentro e fuori la zona di vista dello strumento e questo ha permesso di localizzare la fonte di acqua da due macchie piu’ scure sulla superficie di Cerere, osservate in precedenza dall’Hubble Space Telescope della NASA e da telescopi da terra. Le macchie scure potrebbero essere del gas che fuoriesce, dato che il materiale scuro si riscalda piu’ velocemente del materiale chiaro. Quando la sonda Dawn arrivera’ in prossimita’ di Cerere sara’ in grado di indagare con grande dettaglio tali caratteristiche osservate.
I risultati sono sicuramente qualcosa di inatteso, perche’ le comete, i cugini piu’ ghiacciati degli asteroidi, sono note per dar vita a getti e pennacchi, mentre gli oggetti della Fascia di Asteroidi non lo sono.

In questo modo si sta andando a definire meglio la separazione tra comete e asteroidi. “Sapevamo che gli asteroidi della Fascia Principale avevano mostrato un’attivita’ simile a quelle delle comete, ma questa e’ la prima rilevazione di vapore acqueo in un oggetto asteroidale” ha affermato Seungwon Lee del JPL, che ha dato un contributo ai modelli di vapore acqueo assieme a Paul von Allmen, pure del JPL.

Fonti:

ESA: Herschel Discovers Water Vapour Around Dwarf Planet Ceres

JPL-NASA-Latest News: Herschel Telescope Detects Water on Dwarf Planet
IAU: Pluto and the Developing Landscape of Our Solar System

Note:
[1] Secondo IAU: Ceres is (or now we can say it was) the largest asteroid, about 1000 km across, orbiting in the asteroid belt between Mars and Jupiter. Ceres now qualifies as a dwarf planet because it is now known to be large enough (massive enough) to have self-gravity pulling itself into a nearly round shape. (Thomas, 2005) Ceres orbits within the asteroid belt and is an example of the case of an object that does not orbit in a clear path. There are many other asteroids that can come close to the orbital path of Ceres.
Cerere e’ (ed ora possiamo dire e’ stato) il piu’ grande asteroide, di circa 100 chilometri di diametro, che orbita nella Fascia degli Asteroidi tra Marte e Giove. Cerere e’ ora classificato come pianeta nano perche’ e’ noto essere sufficientemente grande (sufficientemente massiccio) da avere una gravita’ che gli conferisce una forma sferica (Thomsa, 2005). Cerere orbita entro la fascia degli asteroidi ed e’ un esempio del caso di un oggetto che non ha un’ orbita ripulita (con un cammino pulito). Vi sono molti altri oggetti che possono avvicinarsi all’orbita di Cerere.
Ma anche:
A dwarf planet is an object in orbit around the Sun that is large enough (massive enough) to have its own gravity pull itself into a round (or nearly round) shape. Generally, a dwarf planet is smaller than Mercury. A dwarf planet may also orbit in a zone that has many other objects in it. For example, an orbit within the asteroid belt is in a zone with lots of other objects.
Un pianeta nano e’ un oggetto che si trova in orbita attorno al Sole che e’ grande abbastanza (massiccio abbastanza) da avere una sua gravita’ che gli conferisce una forma sferica (o quasi sferica). In generale, un pianeta nano e’ piu’ piccolo di Mercurio. Un pianeta nano puo’ orbitare in una zona dove vi sono molti altri oggetti. Per esempio, un’orbita all’interno della Fascia degli Asteroidi con un sacco di altri oggetti.

Sabrina

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Al Via il Concorso INAF: “Osserva il Cielo e disegna le tue emozioni”

Sefora_9_La Via Lattea

Sefora, all’epoca 9 anni, rappresenta la Via Lattea. Anno 2009. Fonte INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania.

di Giuseppe Cutispoto

Nell’ambito delle iniziative divulgative per l’anno 2014, l’INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania indice un concorso riservato agli studenti delle scuole primarie.
Gli studenti sono invitati a realizzare dei disegni con tema principale un qualsiasi soggetto di carattere astronomico. Saranno accettati elaborati realizzati con qualsiasi tecnica purché presentati su fogli di formato massimo A4. Ogni studente potrà inviare un solo elaborato. Saranno accettati lavori di gruppo fino a un massimo di tre studenti.

Gli elaborati ricevuti saranno esaminati da una giuria di preselezione, che ammetterà alle fasi successive solo quelli contenenti come tema principale un soggetto astronomico.
Gli elaborati accettati saranno pubblicati nel sito web del Concorso: http://www.oact.inaf.it/visite/Concorso_2014.htm dove è possibile scaricare il Bando di Partecipazione completo di allegati.

Una giuria di esperti nominata dal Direttore dell’Osservatorio Astrofisico di Catania sceglierà 10 elaborati ritenuti più originali e/o ben realizzati. Altri 3 elaborati verranno scelti con una votazione via e-mail. Tutti i vincitori saranno considerati a pari merito e premiati nel corso di una cerimonia che si terrà nel mese di Maggio 2014 in giorno e luogo da stabilirsi. Gli elaborati potranno eventualmente essere inseriti in un CD-ROM realizzato in collaborazione con associazioni per la ricerca in campo medico e/o a protezione dei bambini ed eventualmente in un calendario per l’anno 2015, anch’esso a scopo benefico.

Concorso INAF 2011

Elaborato di Cristian, 10 anni intitolato “Luce Floreale”. Disponibile sul sito dell’INAF:http://www.oact.inaf.it/visite/foto/2011/Concorso_2011/Con_2011_179_R.jpg

Gli elaborati dovranno essere inviati entro il 16 Aprile 2014 (farà fede il timbro postale) all’indirizzo:

INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania –

Concorso “Osserva il Cielo e disegna le tue emozioni” – Via S. Sofia, 78 – 95123 – Catania.

Concorso_2013_INAF_Osserva il cielo

Carlo, 10 anni, disegna Mondi Lontanissimi. 7° Concorso Nazionale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica 2013, disponibile sul sito dell’Osservatorio Astrofisico di Catania: http://www.oact.inaf.it/visite/Concorso_2013.htm .

Insieme all’elaborato occorrerà inviare, pena l’esclusione dal concorso, una scheda informativa dello studente (allegata al Bando) firmata da un genitore.

Si incoraggiano gli insegnanti a svolgere funzioni di “tutor” di uno o più studenti, svolgendo opera di collegamento tra la scuola e l’Osservatorio Astrofisico di Catania durante tutte le fasi del concorso.

Per ulteriori informazioni:
095-7332312 – divulgazione@oact.inaf.it
http://www.oact.inaf.it/visite/Concorso_2014.htm

Giuseppe

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