Ogni tanto medito se interrompere il mio abbonamento a Readly1, tanto per risparmiare un poco. Poi ci sono anche diversi giorni in cui non apro nessuna delle riviste alle quali ho accesso. E devo dire che ci sono riviste che vorrei fossero nel paniere, ma non ci pensano ad arrivare. Mi piacerebbe avere Riza Psicosomatica (ci sono riviste di psicologia ma quella a mio avviso è unica), il National Geographics e magari Le Scienze (oppure Scientific American, va bene lo stesso). Se addirittura poi arrivasse qualche pubblicazione in italiano tra i quotidiani, beh… sarebbe fantastico.
Leggere una rivista può rappresentare un bel momento distensivo…
Però alla fine di riviste valide ce ne sono tante. Tra le mie, PC Professionale, PC Pro, Macworld, BBC Music, Prog Italia, New Scientist e diverse altre.
Spesso abbiamo scritto che la nostra galassia, la Via Lattea, è di dimensioni ragguardevoli, rispetto a tante altre aggregazioni di stelle. E anche rispetto a tutte le galassie del Gruppo Locale (il vero gruppo, non questo sito…), appare ancora più vero.
Tuttavia anche la Via Lattea, se allarghiamo appena lo sguardo, viene surclassata di gran lunga, da veri giganti, come è il caso per UGC 2885, qui riprodotta in una bellissima foto presa dal Telescopio Spaziale Hubble.
Questa bellissima (e smisurata) galassia si trova a circa 232 milioni di anni luce dalla Terra, e si distende nello spazio per una ampiezza di circa ottocentomila anni luce (al confronto la Via Lattea risulta appena larga centomila anni luce). Contiene al suo interno la bellezza di un trilione di stelle (mille miliardi, per capirci), ovvero surclassa di circa dieci volte il numero di stelle totali della nostra Galassia.
Se i risultati scientifici finanziati con i soldi dei contribuenti sono “beni pubblici”, e’ utile o addirittura etico spendere miliardi per cercare una particella elementare? O per andare a visitare un satellite di Giove o cercare l’acqua su Marte? O per osservare una galassia ai confini dell’Universo?
In altre parole, e’ utile finanziare la ricerca di base? E se sì, con che risorse? E per fare quale tipo di ricerca? La competizione e’ diventata una delle maggiori forze trainanti per la ricerca. Ma siamo sicuri che il modello competition-driven science sia davvero quello migliore? Di più, sta cambiando il concetto stesso di conoscenza? Siamo sicuri che sia ancora valido e applicabile oggi il “metodo scientifico” introdotto da Galileo più di 400 anni fa?
Le risposte a tutte queste domande non sono scontate. Più volte ce ne siamo occupati in questo blog, e ci piace dunque rilanciarle in occasione di un evento di sicuro interesse, proprio per fare un po’ di chiarezza su questo tema, che coinvolge un ambito ben più ampio di chi è coinvolto direttamente nella ricerca scientifica, ma si allarga alla più vasta comunità che finanzia direttamente la ricerca stessa.
Martedì 10 ottobre alle ore 11.45 si terrà infatti un interessante seminario di Fabrizio Fiore, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Roma. L’intervento potrà essere liberamente seguito in streaming collegandosi a questo indirizzo (dove rimarrà anche disponibile per la visione in tempi successivi).
… e ci penso io a presentarlo in formato adatto. Saranno cose note ai più, ma io me ne sono accorto solo da poco. L’altro giorno con mia figlia stavamo verificando dei compiti di matematica: non avendo una calcolatrice sottomano sono andato su Google per effettuare un conto. Sapevo già che mettendo l’espressione nella maschera di ricerca ritornava il risultato. Quello che invece non sapevo ancora è che Mr. Google, notando che hai messo giù un conto, oltre a presentarti il risultato, ti restituisce a schermo una bella calcolatrice pronta all’uso,: così, casomai ci avessi preso gusto e ti andasse di fare altri conticini…
La… plasticità di Google non si ferma alla matematica, in ogni caso. Stamattina al caffè si è sviluppata una discussione con alcuni colleghi, riguardo alcuni “antichi” cantanti italiani, che io onestamente non conoscevo. E’ venuto fuori tra l’altro il nome di Luciano Tajoli: ho appena appreso che ha vinto il Festival di San Remo nel 1961 (no, io non ero ancora nato, ma non ci mancava molto…). Ordunque, per colmare -almeno parzialmente – la mia spaventosa lacuna culturale, ho fatto un passaggio su Google per cercare notizie. Con mia rinnovata sorpresa, mi si è parata davanti non una impersonale ricerca, ma una pagina organizzata ad arte, con un elenco di canzoni, link a Wikipedia e YouTube
L’elenco delle canzoni presentato nella parte alta dello schermo ha anche la simpatica prerogativa di presentare dei pulsanti che permettono di far scorrere la lista stessa, presentando così altri titoli di canzoni (senza che si alteri la parte più bassa della pagina).
Piccole cose, direte voi. Può essere. A me sembra che sia in corso un tentativo (riuscito) per far diventare la ricerca su Internet sempre più plastica: insomma non una ricerca uguale e “asettica”, ma una ricerca in un certo senso semantica, caratterizzata da un certo grado di consapevolezza del contenuto. Veramente interessante: vedremo dove ci porterà.
Per intanto vi lascio sulle note di una bella canzone degli anni ’30, reinterpretata da Tajoli, a cui sono particolarmente legato, perché me la cantava mia mamma da bambino…. 😉
Si possono imparare molte cose anche dagli sbagli: questa è una regola di vita praticamente assodata, e non serve certo ribadirla in questa sede. Però ha una declinazione interessante anche nel web: così, in maniera simile a quanto abbiamo fatto per i siti di Ubuntu, Apple e Microsoft, vediamo un pochino cosa succede quando digitiamo l’indirizzo di uno dei famosi motori di ricerca, appendendo volutamente alla URL una stringa di nessun significato (ovvero cercando nel dato dominio una pagina chiaramente inesistente). Il server ci deve rispondere che quella pagina, naturalmente, non c’è. Abbiamo fatto una richiesta sbagliata. Ma come gestisce il nostro sbaglio? Questa è la parte interessante, secondo me.
Un esperimento facile facile…
Allora proviamo con Google, inevitabile prima opzione. Ecco cosa accade:
Un robottino triste e spezzettato (o meglio, triste perché spezzettato, con ogni probabilità) ci accoglie informandoci che la pagina che cercavamo non esiste sul server. Non manca neanche il dettaglio tecnico: è un errore “404”, pagina non trovata. Ad ogni buon conto, conclude con “è tutto quello che sappiamo”. Come a dire, ci spiace, ma la questione è chiusa.
Andiamo ora su Bing, il motore di ricerca Microsoft. Cerchiamo una pagina inesistente e vediamo cosa accade:
Ci accoglie giustamente in italiano, intanto. In maniera sobria ci dice che la pagina non esiste, e si mostra volenteroso per aiutarci a uscire dall’errore in cui, evidentemente, ci siamo incastrati. I suggerimenti sono un pò generici, ma non si può chiedere di più, perché il povero Bing non ha idea, in realtà, di come mai siamo finiti a chiamare una pagina che non c’è.
Cosa fa invece il “vecchio” padrone della rete, i re del web1.0, ovvero il celebre Yahoo! ?
Ecco qui cosa ci presenta:
Stavolta in inglese – ma similmente a Bing – si prodiga in un paio di generici suggerimenti, dopo essersi scusato perchè la pagina cercata non esiste (colpa nostra, a dire il vero, non certo sua). Forse un pochino asettico, come del resto Bing.
Conclusioni
Che dire… sarò di parte, ma la pagina più simpatica secondo me, è proprio quella di Google, che non cerca di aiutarti in maniera generica. Anzi ammette la failure (mia, sua, non è specificato, e forse non conta) con quel robottino simpatico ma triste (tuttavia, il fatto che brandisca una chiave inglese nell’arto meccanico fa pensare che le speranze per una ricomposizione armonica siano tutt’altro che esaurite), e poi conclude laconicamente con “è tutto quello che sappiamo”, da cui però traspare un intento ancora giocoso, a mio avviso.
Di converso, le pagine di Bing e Yahoo! mi fanno pensare ad un ambiente tipicamente da “ufficio” piuttosto serioso e non molto esaltante (mi perdonino quelli che hanno esperienza di uffici frizzanti, non vorrei generalizzare). Informativo sì, ma non troppo, collaborativo certo, ma non troppo; comunque con poco tempo e spazio per scherzare su una richiesta sbagliata.
Tendenzialmente vengo attratto dalle cose giocose, così la mia simpatia va a Google, senza tentennamenti. Dopotutto, se ho usato per anni linux anche quando era (diciamolo) veramente un’impresa avere un ambiente desktop veramente operativo e competitivo con altri sistemi, è stato quasi esclusivamente per il senso di avventura e di giocosità insito nel movimento culturale open source.
Difatti, se ti diverti, se si desta il senso di scoperta, superi un sacco di ostacoli con una facilità incredibile.
Ora me ne rendo conto: ci voleva un errore, per scoprirlo.
Venerdì 25 settembre, a Roma un’occasione unica: osservare il cielo da Monte Mario con l’aiuto degli astronomi dell’Osservatorio Astronomico e visitare il Museo Astronomico e Copernicano per ammirare i suoi antichi strumenti, pezzi unici al mondo, guidati dal personale dell’Osservatorio. La manifestazione, in concomitanza con la «Notte dei Ricercatori», è organizzata dall’INAF, in collaborazione con il 3° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito Italiano e il Municipio XVII. Altre iniziative INAF sono in programma a Bologna, Napoli e Trieste.
(Dalla press release INAF) L’ Osservatorio Astronomico di Roma (OAR), in collaborazione con il 3° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito Italiano e il Municipio XVII di Roma organizza la manifestazione “Serata sotto le stelle a Monte Mario”. L’evento si terrà la sera del 25 settembre 2009, e si inquadra all’interno delle attività organizzate nell’ambito del progetto Researchers’ Night («La Notte dei Ricercatori»): manifestazione promossa dalla Comunità Europea che si svolge contemporaneamente in tutti i Paesi membri coinvolgendo istituti e aree di ricerca afferenti a varie discipline scientifiche.
Lo scopo primario dell’iniziativa è avvicinare il pubblico all’osservazione del cielo assieme ai protagonisti della ricerca scientifica nel campo astronomico e, contemporaneamente, attribuire nuova valenza a spazi ricchi di significato storico. Si ricorda, a tal proposito, che presso Villa Mellini l’OAR custodisce un patrimonio storico e artistico di primo piano: il Museo Astronomico e Copernicano. Inoltre, nel territorio del Forte militare è presente la Torre del Primo Meridiano, opera di notevole importanza sia dal punto di vista geografico che storico. Telescopi a disposizione per tutti, brevi seminari introduttivi all’osservazione del cielo e alla storia di Monte Mario completeranno la serata.
La sede storica dell’Osservatorio Astronomico di Roma e, sullo sfondo, la Capitale, viste dalla cupola posta in cima alla Torre Solare
L’Osservatorio di Roma (OAR) partecipa alla “Notte europea dei Ricercatori” da diversi anni allestendo eventi per il pubblico. Quest’anno la manifestazione assume una rilevanza ancor maggiore, in quanto si svolge nell’ambito delle celebrazioni dell’Anno Internazionale dell’Astronomia e dei 400 anni dalle prime osservazioni di Galileo. Per questo motivo, l’OAR ha deciso di coinvolgere sia la sede principale di Monte Porzio Catone, sia le proprie strutture divulgative e museali che si trovano nella sede centrale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica presso Villa Mellini, a Monte Mario.
La manifestazione è ospitata nel distaccamento del 3° Reggimento Trasmissioni sito presso il Forte di Monte Mario, a Belsito. Il programma è stato organizzato per dare particolare rilevanza ai rapporti storici che hanno legato le sorti dell’Astronomia romana a quelle dello sviluppo delle aree di fortificazione nate con l’unità d’Italia. Il pubblico potrà assistere a seminari e mostre di carattere storico. Grazie a una serie di telescopi, i partecipanti potranno anche osservare il cielo insieme ai ricercatori dell’Osservatorio. Infine, è prevista un’apertura serale straordinaria del Museo Astronomico e Copernicano. Grazie allo studio Ferretti & Pescosolido si potrà ammirare un filmato 3D sul Forte di Monte Mario e una proiezione di immagini storiche relative alla collina.
Gli astronomi dell’INAF sono direttamente coinvolti anche nelle iniziative per la «Notte dei Ricercatori» in programma a Bologna, Napoli, Trieste e Frascati (al proposito, alcuni riferimenti alle iniziative li trovate anche nel nostro AstroLink)….
Press Release INAF (leggere per informazioni complete sul programma e i contatti)
Quanta parte ha il software open-source nel contesto della ricerca scientifica odierna? Da ricercatore astronomo, amante e fruitore di software open source, tentare di approfondire la domanda mi intriga parecchio…
Ottime notizie per gli utentu linux affezionati a Google Desktop: è arrivata la nuova release! Lodevole l’attenzione di Google verso gli utenti linux (e c’e’ da dire che nonostante programmi di desktop search per linux ve ne siano parecchi, non ne ho ancora visto uno che presenta i risultati delle ricerche in formato più leggibile e comodo di questo software di Google…)
When we released the first version of Google Desktop for Linux this past June, we signaled a commitment to the Linux community: to develop for the platform and to support our Linux users. Since then, we have been hard at work to improve and refine our product. Today, we’d like to share what we’ve created by releasing Google Desktop for Linux 1.1 Beta.