Stasera ho assistito ad una lezione di geometria, geometria dantesca. Il cielo notturno di Milano è basso e lattiginoso, la prima nebbia di stagione fa proprio voglia di ʻuscire a riveder le stelleʼ. Ma uscire da Milano. Noi però siamo entrati, entrati al Planetario….

(Una nota della ‘nostra inviata’ a “La Cosmologia di Dante  – Un percorso tra Scienza e Poesia”, 23/11/2010 Milano)

…Da un poʼ di tempo sta diventando per me una piacevole scoperta. Bisognerebbe frequentare il Planetario molto, molto più di quanto non si accenda la tv, ne acquisteremmo in sanità mentale e… corporale. Il cielo del Planetario e la ʻcosmologia di Danteʼ, con la voce e le parole di una guida di tutto rispetto: il professor Marco Bersanelli, ordinario di Astrofisica e direttore della Scuola di Dottorato in Fisica allʼUniversità di Milano, nonchè responsabile fra gli altri della missione Planck dellʼAgenzia Spaziale Europea.

Che ci fa uno così a parlare di Dante? Innanzitutto il professore ha tenuto a precisare di non essere affatto un competente dantista ma, più semplicemente, un grande appassionato. Le sue letture lo hanno però portato ad alcune interessanti considerazioni, avallate tra lʼaltro da autorevoli studi di altri esperti. La lezione ha avuto il pregio della semplicità e della chiarezza, ma anche con queste premesse non è detto che riesca a riportare tutto fedelmente. Qualche impressione qua e là, e se per caso qualcuno sarà incuriosito e vorrà approfondire…bè, avrò forse raggiunto il mio scopo.

La tesi è che Dante si sarebbe costruito una cosmologia originale distaccandosi addirittura dal modello che ai suoi tempi andava per la maggiore, quello di Tolomeo e Aristotele. Avete presenti le immagini del cielo dantesco di liceale memoria? Quelle che stavano anche dietro la copertina dei sunti per studenti frettolosi (chiamiamoli così). Ecco…scordatevele, pare che quelle non cʼentrino niente con le parole e le intenzioni del buon Alighieri.

Più che ai cerchi concentrici noi dovremmo pensare a delle sfere, dove quella più interna, il cuore, lʼorigine per intenderci, è anche quella che le contiene tutte. E qui devo dire che la mia povera testa cresciuta a geometria euclidea (cioè a pane e acqua a quanto pare) ha dovuto fare qualche contorsione. Fuori dallʼUniverso Dante colloca le sfere angeliche e Dio: “questa altra parte dellʼUniverso dʼun cerchio lui comprende, sì come questo gli altri” Ma dice anche: “parendo inchiuso da quel chʼelli ʻnchiude” cioè che le sfere angeliche circondano lʼintero universo ma al tempo stesso ne sono il centro, sono contenute da esso.

Il relatore, l'astrofisico Marco Bersanelli

Bersanelli non vuole certo convertire un letterato in ricercatore scientifico ante-litteram, ma è tuttavia convinto (e non solo lui, ha tenuto a precisare) che il sommo poeta abbia intuito, senza lʼausilio di costruzioni matematiche, la curvatura dello spazio. Solo questa ipotesi infatti può rendere ragionevoli tali immagini, riuscendo a dimostrare la cosmologia dantesca con una semplice equazione…Ahimè…così dice il professore, e gli devo credere! Giuro che lʼequazione lʼho vista…ma non fatemela ripetere vi prego! Alle elementari siamo fermi al massimo alle equivalenze!

La cosa affascinante è sapere che in qualsiasi punto del cielo tu guardi, in effetti guardi sempre lo stesso lontanissimo punto di origine, che ha originato anche me. Ma per sapere che questa cosa corrisponde tantissimo al desiderio del mio cuore…non ho mica bisogno di una equazione per riconoscerlo.

Indubbiamente la concezione dantesca dellʼUniverso, certamente geniale, è e rimarrà legata al suo tempo: il Medioevo. Allora cosa possiamo imparare? Qui il professore ha tratto una conclusione che secondo me la dice lunga sulla sua personale passione per il proprio lavoro: oggi la scienza ha in qualche modo perduto la capacità preziosa di un punto di origine, di un significato ultimo, un fondamento sintetico al quale fare riferimento per poter osservare, riconoscere e con umiltà sostenere il vero, lʼunità del tutto, che si ricerca nella realtà. Bene, questo punto dʼappoggio Dante lʼaveva, anzi, proprio questo gli ha permesso di arrivare ad ardite intuizioni. Ma la cosa più consolante per me, che non sono certo un genio e nemmeno uno scienziato, è sapere che neppure Dante ha avuto bisogno di equazioni, ma più semplicemente dellʼincontro con una donna, Beatrice, qualcosa che ha toccato la sua vita in modo direi ʻnormaleʼ.

Non che le equazioni non servano, accidenti, proprio il contrario! Ma cʼè qualcosa che viene prima e che può riempire le equazioni di utilità e senso…oltre che di numeri e segni. Tutto, anche la più piccola particella dellʼUniverso, ha un significato, una utilità e un perchè. Una questione di metodo direi, dal poeta una lezione di metodo più che di cosmologia. Certo che questo giudizio forse non procurerà a Bersanelli le simpatie dei distributori di premi Nobel, ma certamente me lo rende più stimabile e, vuoi vedere che mi spiega anche la sua passione per Dante?

Gloria Anfurio

Alcuni link per approfondire:

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