A volte pensiamo qualcosa così, ma dopotutto è normale. Sì, a volte lo pensiamo, dobbiamo ammetterlo. Ma è comprensibile, con tutta la tecnologia nella quale ci sentiamo avvolti, con tutte le sonde che abbiamo spedito in giro per lo spazio. Pensiamo che tutto quello che riguarda l’universo vicino sia stato ormai chiarito, che al massimo si possa lavorare sui dettagli (roba che alla fine interessa solo la gente del mestiere, ma è chiaro, niente di eccitante). Che le grandi questioni ancora aperte riguardino l’universo lontano, o le domande “ultime”, tipo, come è iniziato tutto, oppure come si concluderà (nel caso si dovesse concludere, ovviamente).

E’ normale pensare così, accade ad ognuno di noi. Ed è anche vero che le domande sull’origine e il destino dell’Universo sono forse le cose più intriganti a cui è chiamata a lavorare la scienza, nel complesso (almeno io la vedo così). Va detto però che è anche abbastanza sbagliato, nella pratica. Sì, perché la cosa emozionante di questo Universo, è che continua a regalarci cose misteriose su ogni scala, in modo che ci sia sempre materiale su cui lambiccarci il cervello e sopratutto, spingere la nostra curiosità, in modo da imparare sempre cose nuove.

Un mistero tra i tanti, di quelli che si trovano “dalle nostre parti” (cosmologicamente parlando, è ovvio), è quello dell’esagono di nuvole su Saturno. L’abbiamo già trattato nel corso degli anni, ma questa immagine è straordinaria, vale dunque la pena tornarci.

Crediti immagine: NASAESAJPLSSICassini Imaging Team

Ebbene, a cosa sia dovuta la forma esagonale che assumono le nubi intorno al polo nord di Saturno, nessuno ancora lo sa (dire che ci sono tante ipotesi, in casi simili, è come quando si dice la polizia sta battendo ogni traccia per dire in modo elegante, che ancora non sa che pesci prendere).

La faccenda è stata scoperta della gloriosa sonda Voyager nel suo passaggio ravvicinato al pianeta, negli anni ’80, ed è stato subito chiaro che ci si trovava di fronte a qualcosa che non ha analogo in tutto il Sistema Solare. Questa immagine che vedere è stata acquisita da Cassini molti anni più tardi, nel 2012 (intanto che Voyager si apprestava a diventare interstellare, come sappiamo).

Tra l’altro questa (ed altre immagini) ci dimostrano efficacemente la stabilità di questo esagono su un arco di tempo superiore ai venti anni. In più, a differenza di configurazioni di nubi che anche sulla Terra possono talvolta assumere un aspetto vagamente esagonale, questo esagono di Saturno (giudicate voi) è semplicemente perfetto e vanta una mirabile uguaglianza di lunghezza su ogni lato.

Ah, per avere un’idea della dimensione, tenete conto che nell’esagono c’entrerebbe tutta la Terra. Ma non una volta soltanto, bensì quattro.

Sopra, nella parte destra, si intravede un pezzettino della suggestiva regione degli anelli, che in questa immagine appaiono di un bel blu luminoso.

Insomma, questo problema – come tanti altri – rimane aperto, per gli astronomi. Ed è un bel segnale, per noi che magari ci occupiamo d’altro, che alziamo gli occhi al cielo solo ogni tanto, e nemmeno per il desiderio di osservare le stelle (insomma, non sempre). Sì, perché pensate che barba sarebbe un Universo in cui ormai si conosce tutto, che non ci regala più sorprese. No, questo rapporto tra noi e il cosmo è vivo perché ancora sorprendente, perché non c’è abitudine che tenga, non c’è progresso tecnologico e scientifico che possa sfuggire a questo irriducibile fatto, che più cose scopriamo più il mistero aumenta.

L’idea di fare chiarezza totale (per capirci, la fissa che avevano gli astronomi dell’ottocento) sembra intrigante ma alla fine è forse la cosa più temibile, perché ci porterebbe ad un cosmo noioso. Grazie al cielo – si può ben dire – le cose sono diverse, ormai lo sappiamo: per ogni risposta che troviamo, si aprono altre dieci domande.

Nessun rapporto vive senza un po’ di mistero, lo sappiamo (non necessariamente esagonale, a dire il vero). E quello tra noi e le stelle, tra noi e il tutto, non sfugge a questa regola. C’è sempre qualcosa da imparare e raccontare. E dopotutto, questo ci mantiene vivi, più vivi.

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