Diceva la poetessa Muriel Rukeyser che l’universo è fatto di storie, non di atomi. In dialogo con Marco Casolino, sulla provocazione salutare che genera questa affermazione, ho provato a dare qualche cenno di un racconto di astronomia che parte dalla sonda Gaia e il suo meraviglioso lavoro di censimento della Galassia, per sfiorare la meravigliosa e luminosa possibilità che l’astronomia stessa si faccia in qualche modo racconto essa stessa, per vivere fuori dai laboratori e dai telescopi, raggiungendo le giovani generazioni e chiunque si fidi della straordinaria potenzialità che ha il raccontare.

Qui puoi rivedere la diretta che si è svolta l’altro venerdì sera. Si è appunto partiti dal lavoro per Gaia del gruppo di Roma (il problema di come Gaia affronta i campi affollati e come in fondo se la può cavare), si è passati per i racconti del primo e secondo libro di Anita (e del lavoro presso una scuola che si è fatto su alcuni di questi racconti), ci si è fermati un momento sulle attività del Gruppo Storie dell’INAF, si è passati al volo sulla rubrica di Edu INAF Lo spazio tra le pagine, dedicata proprio all’intersezione della letteratura con l’astronomia.

Anche per l’astronomia – per chi la studia, chi la divulga – vale quel che Marquez ha scelto come titolo della sua autobiografia, in fondo: vivere per raccontarla.

Aggiungo una nota a margine. Mi ha molto colpito scoprire, a valle della diretta, che c’è chi – come Federico Faggin nel suo recente libro Irriducibile – cita questa frase della Rukeyser per corroborare la sua teoria della coscienza e del cosmo, portando così le sue parole ben al di là di una semplice provocazione. Nel mio piccolo, lontanissimo dalla profondità di argomenti di Faggin (che avrò l’onore di incontrare a Vicenza tra una ventina di giorni) da quando ho letto questa frase, ho sempre pensato che contenga una verità ben maggiore di quanto può sembrare a prima vista.

Spero che questi spunti, anche solo presentiti, abbiano reso la conversazione interessante per tutti.

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