C’è bisogno di portare il cosmo più decisamente dentro le nostre vite: la sua “rimozione” è infatti funzionale all’assetto neoliberista del sistema in cui siamo avvolti, perché estraniandoci dalle stelle diventiamo solo più predisposti al consumo e al consenso verso un “ordine del giorno” dettato dalle oligarchie: proprio come quei “polli di allevamento” di cui già Giorgio Gaber parlava profeticamente anni fa. C’è bisogno delle stelle come fattore che contribuisca e inneschi la vera rivoluzione, l’unica ancora possibile, l’unica sempre possibile.

Per questo ci serve il cielo: non è un qualcosa di lassù, un qualcosa qualsiasi. Un qualcosa staccato da noi. Serve nella nostra vita quotidiana, nella vita affannata di mattine corse verso il metrò con magari la pioggia già appiccicata addosso, oppure di incastramenti metallici in lentissimo movimento sulla tangenziale, la testa piena di cose da fare e magari di ruminazioni sulla serata precedente o su quella scadenza saltata o su quella persona che vorremmo conoscere meglio o quell’altra che conosciamo ormai da una vita ma che proprio ieri abbiamo trattato – ancora una volta! – con stizzita sufficienza, non pensando al mistero stellato che lei, che ogni persona, è nel cosmo.

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