Blog di Marco Castellani

Categoria: galassie Page 3 of 8

C’è un cuore pulsante

Nel nostro nuovo modo di vedere il cosmo, come qualcosa tutt’altro che (es)tatico, ma come un cantiere aperto di realizzazioni continue, sconvolgimenti e rinnovamenti ad ogni scala, possiamo finalmente comprendere come anche le galassie non risultino più quelle entità pigre in lenta rotazione, che una certa superficiale letteratura scientifica ci ha indotto a pensare.

Tutt’altro. L’astronomia moderna vede nel centro esatto di moltissime grandi galassie (se non tutte) il punto geometrico esatto del massimo della rivoluzione, del moto più furibondo di cambiamento e innovazione su scala cosmica.

Il cuore pulsante delle galassie…
(Crediti: NASA, ESA and J. Olmsted (STScI))

L’immagine (merito di Hubble) mostra una lontana galassia con un quasar al suo centro. Questo emette una impressionante quantità di energia, generata dalla materia in caduta libera verso il buco nero superassimo che si nasconde (ma non troppo) dentro il quasar stesso. I fortissimi venti galattici che ne risultano si avvertono su ogni scala della galassia stessa, e sospingono stelle per centinaia di volte la massa del nostro Sole.

Il materiale spinto agisce come spazzaneve nell’ambiente galattico, generando onde di densità che possono influire sulla formazione di nuove stelle.

Insomma, il cuore della galassie (nostra, compresa) è vivo, pulsante. Come lo è l’universo.

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Evviva! Manca ancora qualcosa

Tanti pensieri, come tutti. Alla fine però è il dato empirico che vince, che dice qualcosa di veramente nuovo. Non i pensieri, le teorie, le speculazioni. Di quelle ne abbiamo fin troppe. La scienza è bellissima perché è una opportunità di privilegiare quel che si vede, a quel che si pensa. Un’opportunità per tutti.

Nuove osservazioni fatte con Hubble (in orbita) e con il Very Large Telescope (in Cile), ci mostrano che il mistero è ancora intatto. La materia oscura si comporta diversamente dai nostri modelli più avanzati, ci indica che dobbiamo capire ancora. Qui è la concentrazione a piccola scala che risulta, dai dati, molto più forte rispetto ai nostri modelli.

In questa immagine “artistica” la materia oscura è evocata da aloni blu intorno alle galassie. Crediti: NASA, ESA, G. Caminha (University of Groningen), M. Meneghetti  (Observatory of Astrophysics and Space Science of Bologna), P. Natarajan (Yale University), the CLASH team, and M. Kornmesser (ESA/Hubble)

Qualche ingrediente fisico ancora manca o nelle simulazioni o nella nostra comprensione della materia oscura dice Massimo Meneghetti, il coordinatore del lavoro (sì, italiano, e fa piacere, senza alcuna tentazione di sovranismo, ma semplicemente fa piacere: siamo gente capace, quando vogliamo). Rincara la dose Priyamvada Natarajan, nello stesso team. C’è una caratteristica dell’universo reale che non stiamo catturando nei modelli.

Personalmente, quando mi imbatto in queste ammissioni di insufficienza, mi esalto. Sono il segno di una nuova umiltà che gli scienziati più avvertiti stanno finalmente assimilando, segno di questa scienza nuova che ha dismesso ogni supponenza e pretenziosità, per allinearsi in uno sguardo meravigliato e curioso sulle infinite meraviglie del cosmo.

Cosmo che è nostro, propriamente nostro, quando appena cediamo alla sua meraviglia, rinunciando ad ogni pretesa di dominio, anche intellettuale.

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Un arazzo cosmico

Davvero un meraviglioso arazzo, quello che possiamo ammirare in questa immagine. Rappresenta uno degli esempi più spettacolari tra le zone di nascita di stelle che ha mai inquadrato Hubble in tutti i suoi trent’anni di onorata carriera. La nebulosa gigante è NGC 2014 e il suo vicino si chiama NGC 2020. Insieme fanno parte di una estesa zona di formazione di stelle, nella Grande Nube di Magellano, un satellite della nostra Galassia, a circa 163000 anni luce da noi.

I bei colori delle stelle nuove nuove…. (Crediti: NASA, ESA, and STScI)

Aver un universo colorato sopra la nostra testa (e sotto i nostri piedi), un universo di stelle bambine variopinte ed esuberanti, può sembrare una magra consolazione in questi tempi asciutti, dove i media eruttano cifre e statistiche e malattie a ciclo continuo, salvo poi riempire il vuoto da loro stessi generato, con mille programmi di cucina e varia amenità, senza mai fornirci gli ingradienti che servono davvero, gli ingradienti della speranza.

Allora è tempo di ritornare in piedi, confessarsi che un cielo colorato non è un orpello ridondante in una vita difficile e dura, è una parte irrinunciabile di questi ingradienti di speranza ai quali dobbiamo dar fede, attraverso i quali passa una vera rivoluzione, per un inizio di vita diversa, più morbida e relazionale. Qualcosa che può avvenire sulla Terra, proprio passando attraverso questi momenti così particolari.

Qualcosa, alla quale i cieli non potranno certo rimanere indifferenti.

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Il nuovo, che arriva

Sembra una immagine molto dinamica, ci appare quasi strano che si riferisca ad un evento astronomico. Perché se c’è una cosa che per noi è certa (come sensazione, non come ragionamento) è che il cielo è fermo. Le stelle stanno lì, non si muovono. Il cielo delle stelle fisse, si dice d’altra parte. Non certo per caso. Un’idea a cui ci siamo abituati nel tempo, ed è difficile lasciarla andare. Ma la scienza oggi ci dice questo: tutto si muove, tutto è in trasformazione. Anche le galassie. Le pensiamo di solito come entità beatamente isolate, perse nei giri orbitali delle loro stelle, imperturbabili l’una all’altra. Straniere, l’una all’altra.

E invece no. Le galassie si attraggono, si attraversano, si fondono, si modificano, si scambiano flussi di stelle. Le galassie sono entità relazionali, oggi lo sappiamo con certezza inoppugnabile. Troppi esempi ce lo dimostrano.

Crediti: ESA/Hubble & NASA, SDSS, J. Dalcanton; Ringraziamento: Judy Schmidt (Geckzilla)

Come questo. Una galassia (NGC 2799) colta nell’atto di tuffarsi verso il centro di un’altra (NGC 2798), attirata dal suo campo gravitazionale. Le due alla fine diverranno uno, un’unica galassia. Ma nel tempo: ci vorranno centinaia di milioni di anni, forse anche più. E no, niente di catastrofico. Il grande spazio vuoto che c’è tra le stelle, tipicamente, fa sì che anche in questi eventi di fusione, queste scivolino via l’una accanto all’altra, senza grandi problemi.

Così spesso si crea il nuovo: un accostamento pacifico di nuove cose, situazioni. Senza distruggere quel che già c’è, di valido.

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Emozionarsi ancora

Osservate quanto è sottile questa galassia. Molte sono come NGC 5866 in realtà, ma non sono viste di taglio. Una notevole eccezione, la conosciamo bene: si tratta della nostra Via Lattea. Condivide con questa in realtà diverse caratteristiche, sebbene sia un poco più piccola. Qui, la luce impiega circa sessantamila anni per traversarla da parte a parte, il 30% in meno di quanto impiega nella nostra.

Crediti immagine: NASAESA, and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Eh sì, perché certe galassie (tra cui quella in cui viviamo) sono veramente enormi. Noi ce lo dimentichiamo spesso, ma è così. Viviamo in un ambiente che conta circa 300 miliardi di stelle, nientemeno. Una ricchezza incredibile di colori, grandezze, stadi di evoluzione, sistemi plantetari, e via di questo passo.

E con tutto questo, parliamo pur sempre di una singola galassia. Di galassie ce ne sono moltissime. Secondo stime moderne, siamo nell’ordine dei duemila miliardi. Nel nostro universo, beninteso. Che è poi l’unico ambiente di cui possiamo ragionare: se ne esistono o no altri, è faccenda che – almeno oggi – non compete alla scienza.

A noi scienziati compete solo ricordare questo: siamo in un cosmo abbondante e variegato, tale da sorpassare ogni schema concettuale. Tale da costringerci ad allargare la mente, ragionare in grande, superare piccolezze e meschinità. Almeno con il cuore, almeno per slancio di un momento: proiettiamoci nell’immensità del cosmo. Sentiamo la meraviglia, a pelle. Emozioniamoci, ancora.

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Tutto cambia

Tutto è in movimento, niente rimane uguale. Tutto è in continuo movimento. La nostra stessa Galassia non è che il risultato di una trama di incontri, di connessioni, di scambi. La notizia appena pubblicata su Nature Astronomy è che la Via Lattea sia stata deformata nel passato in modo sostanziale, da un incontro con una galassia più piccola che anche oggi si trova vicina a noi, la Grande Nube di Magellano. Gli scienziati hanno scoperto che circa 700 milioni di anni fa (un niente, in termini astronomici) questa galassia è passata molto vicino ai bordi della nostra, sconvolgendo non poco il suo assetto complessivo, e contribuendo a plasmarla nella forma oggi a noi familiare.

La Nebulosa Tarantola fa parte del variegato ambiente della Grande Nube di Magellano. 

Tutto è movimento, fuori e dentro di noi. Ogni cosa ce lo dice. Le idee di staticità in fondo sono idee vecchie, incrostazioni, residui di modi di pensare ammuffiti. Stare nel cambiamento richiede lavoro, disciplina, passione. Ma vuol dire assecondare il moto del cosmo: molto probabilmente, ne vale la pena.

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Un universo effervescente

Si trova “appena” ad undici milioni di anni luce dal pianeta Terra, il suo nome in codice è NGC 5128 ma è più nota con il nome di Centaurus A. E’ una galassia di forma ellittica che si estende nello spazio per ben sessantamila anni luce. Questa immagine presa dal Telescopio Spaziale Hubble ci mostra un “particolare” largo circa 8500 anni luce, più che sufficiente per mostrarci la maestosità di questa galassia.

La parte centrale di Centaurus A
Crediti: NASAESAHubble Heritage (STScIAURA)-ESA/Hubble Collaboration

La storia di Centaurus A è la testimonianza di un Universo che non si ferma, che non ammette soluzioni “stazionarie”, che è in sommovimento perenne. Stiamo infatti osservando il risultato di una collisione tra due galassie “normali” che incontrandosi, hanno generato questo ambiente “spumeggiante” e composito, costituito da regioni di forte formazione stellare, ammassi stellari massicci, ed ancora gas e polvere cosmica, in grandissima quantità.

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Quel grande dibattito…

Sono passati cento anni appena, e questo ci dovrebbe far riflettere. Di quanto in cento anni è cambiata la nostra percezione del mondo, dell’universo. Abbiamo appena dietro le spalle il periodo di cambiamenti più accelerati, probabilmente, di tutta la storia della nostra millenaria indagine riguardo la struttura ultima del cosmo.

Gli scienziati vi si riferiscono come al Grande Dibattito, ormai, senza altre qualifiche, e prende le mosse proprio nel 1920. La cosa di cui si discute è probabilmente l’ultima grande questione di una tale rilevanza “cosmica” che l’umanità si trova davanti (fino ad una nuova sorpresa, ovviamente).

La galassia di Andromeda, qui in una meravigliosa foto acquisita con il Galaxy Evolution Explorer, fu uno degli oggetti del “Grande Dibattito” (Crediti: NASA/JPL/California Institute of Technology)

Esiste solo la nostra Galassia o ce ne sono altre? E’ stranissimo a pensarci, ma solo cento anni fa questa domanda aveva una pertinenza di freschissima attualità. Era la domanda cosmologica fondamentale. E’ difficile realizzare compiutamente quanti passi avanti abbiamo compiuto, da allora, come è cambiata la nostra percezione dell’universo in così poco tempo.

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