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Sono molto contento di come sono poi andate le cose su Mediterranea. Sono contento del clima che si è creato, sereno e costruttivo, di tanti bei momenti trascorsi insieme ai ragazzi scelti, e all’equipaggio. Così ricca è stata l’esperienza, che per parlarne in un solo post, devo per forza restringermi su un particolare angolo di visione, adottare un criterio specifico (altrimenti supero come niente la lunghezza ragionevole per un post). Qui di seguito scelgo allora di focalizzarmi soprattutto sull’aspetto didattico, su cosa ne ho riportato, da una esperienza così “sperimentale” e così originale. Qualche altro appunto è nel mio blog personale.
Va subito detto che il lavoro predisposto per essere svolto su Mediterranea, per una precisa scelta, abbracciava un campo molto vasto della ricerca astronomica. Questo con l’intento dichiarato di poter offrire ai ragazzi partecipanti uno spaccato concreto e (per quanto umanamente possibile) completo, dello stato attuale della ricerca, ed insieme anche del modo con il quale si fa ricerca. A tale scopo, accanto alle lezioni di argomento più squisitamente teorico (una sull’evoluzione stellare ed un’altra sulla cosmologia e i modelli di universo) sono state delineate lezioni più illustrative e con una importante componente tecnologica (la conoscenza del Sistema Solare con il notevole contributo delle relative missioni spaziali, e le motivazioni e le tecniche proprie dell’astronomia condotta al di fuori dall’atmosfera terrestre).
Ultima, ma non certo meno importante, è stata dedicata una intera lezione ad uno specifico grande progetto attualmente in corso, ovvero quello del satellite GAIA dell’Agenzia Spaziale Europea (al quale partecipo da diverso tempo), scelto come preziosa opportunità per entrare nel dettaglio tecnico e scientifico di una moderna importante missione astronomica, con la possibilità per i ragazzi di “assaggiarne” la intrinseca complessità di ideazione e di finalizzazione della medesima.
Cosa mi aspettavo, preparando le lezioni? Stante la notevole varietà di tematiche, e i momenti di approfondimento, le mie aspettative – in qualità di docente – erano di godere di un certo grado di attenzione e anche di essere oggetto di qualche domanda a fine lezione o durante la stessa. Riguardo a questo, devo esprimere con chiarezza che tali aspettative sono state decisamente superate in positivo, sorpassate dall’atteggiamento e dal comportamento dei ragazzi a bordo, durante le lezioni stesse e anche negli altri momenti di vita in comune. Difatti, non soltanto l’attenzione durante le lezioni è stata sempre elevata, non soltanto si è creato un clima di lavoro costruttivo che ha reso il mio lavoro più semplice e gratificante.
La vera sorpresa è stata, per lo scrivente, che l’intero soggiorno in barca si è trasformato per i ragazzi in una occasione praticamente continua di rapporto con il docente. Rapporto che si è inizialmente dispiegato in una serie di domande (devo dire, molto spesso assai pertinenti) inerenti al materiale didattico esposto nella giornata, ma che ben presto – con l’aumento della conoscenza reciproca – si è allargato ad una indagine a tutto campo sulla scienza e sull’umanità di chi ad essa presta professionalmente la propria opera. Ho toccato con mano il fatto che i ragazzi sono sì interessati all’astronomia, e questo già rende l’avventura un pieno successo, ma sono altrettanto interessati a capire dal vivo come vive uno scienziato, come interseca il suo mestiere con la vita concreta, con gli affetti, con le sfide della contemporaneità. I ragazzi attenti, in fondo, hanno fame di maestri. Sono consapevoli che per crescere, comunque, è necessario il confronto con persone più grandi.
Tutto questo mi porta a dire con tranquillità che il mio obiettivo iniziale è stato raggiunto (merito largamente dei ragazzi, va da sé) ed anzi largamente superato. Parimenti, l’utilità e la peculiarità di iniziative come queste, per i ragazzi interessati e meritevoli, si è a mio avviso dimostrata al di là di ogni possibile dubbio.
D’accordo. Forse il titolo potrà apparire un poco improprio, ma è quello che mi viene in mente, pensando all’esperienza che mi attende da domani. O meglio, ahimè, da stanotte. Prima che la nostra amata stella faccia la sua comparsa sull’orizzonte dei cieli della capitale, dovrò essere già in viaggio verso l’aeroporto. Obiettivo: Turchia. Scopo: missione per conto di INAF (il mio ente, appunto), per parlare di astrofisica a cinque ragazzi selezionati a luglio, scelti tra i più meritevoli tra i frequentanti il corso di laurea in Fisica ed in Astrofisica, nelle università italiane.
Quello che è veramente peculiare è il luogo dove si terranno le lezioni. Saremo ospiti a bordo di Mediterranea, un Mikado da 17 metri, che è salpato nella prima vera del 2014 da San Benedetto del Tronto per un viaggio lungo tutto il mediterraneo.
L’iniziativa è appunto patrocinata e finanziata da INAF in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per la Fisica Spaziale e ovviamente Progetto Mediterranea. Sarà senz’altro una occasione stimolante di dialogo e di confronto, oltreché – impossibile negarlo – una esperienza di contatto con il mare e la natura che presenta una indubbia carica di fascinazione. Al proposito: devo confessarlo, ho faticato più di un pochino, in questi giorni, a convincere i miei stimati colleghi astronomi che mi stavo accingendo a partire per una missione lavorativa, e non per una “semplice” vacanza… Ma lo capisco, tale è la peculiarità delle “condizioni al contorno” che non posso che ritenermi fortunato, ed essere grato agli organizzatori per la fiducia ed il credito accordatomi.
Mediterranea che ci aspetta a Canakkale, sponda asiatica dello Stretto dei Dardanelli
Credo proprio che sarà una esperienza interessante. Per me, certo. Ma confido anche per i ragazzi che sono stati selezionati. Spero di poter centrare il mio intento segretissimo (va bene, ve lo dico qui, ma non lo fate sapere a nessuno): riuscire, al di là degli schemi, delle formule e dei diagrammi che andrò a presentare, a trasmettere almeno un pochino il senso di entusiasmo che l’indagine sull’Universo ancora può portare, chi vi si applichi con mente aperta e senza troppi pregiudizi. Cioè, chi sia almeno un po’ ancora, disposto a meravigliarsi.
Perché, vi assicuro, roba di cui meravigliarsi ce n’è parecchia, nello studio del cielo.
Questo infatti è stato un primo bel risultato, che ho ottenuto prima di partire. Preparando le lezioni, dovendo riprendere uno spettro ampio di argomenti, dalla fusione nucleare dentro il Sole alla nascita ed al destino ultimo dell’Universo, mi sono reso conto di quanta carica di stupore e meraviglia sia ancora piacevolmente “incastrata” in questi argomenti. Quanto questi incontrino la curiosità dell’uomo che si affaccia, da sempre, sulla notte stellata come davanti ad un incredibile spettacolo che chiede di essere compreso ed afferrato – proprio per essere gustato nella sua dimensione più profonda e più vera.
Il progetto Mediterranea coniuga molto sapientemente, da tempo, il fascino dell’esplorazione con una serie di percorsi culturali, di questo ed altri tipi. Che altro dire, se non che sono lieto di salire a bordo, per raccontare un po’ di cielo, di quel po’ che – grazie alla capacità e alla pazienza di tanti maestri che ho potuto incontrare- ne ho capito, ne ho potuto trattenere.
E sopratutto, per ammirarlo, quel cielo: ora ed ancora.
L’astrofisica non va mai in vacanza, potremmo dire. E magari potremmo aggiungere, neanche gli astrofisici! O piuttosto (tornando ad un più sano realismo…), a volte riescono anche a mettere insieme le due cose: come in questo frangente. Sì, perché chi scrive avra l’occasione, tra agosto e settembre, di essere ospitato per una settimana su un bel Mikado 56, per trascorrere una settimana con i vincitori del progetto L’astrofisica su Mediterranea. Una settimana da attraversare ragionando di evoluzione stellare, di scala delle distanze, di origine e destino ultimo dell’Universo… e naturalmente, osservando le stelle. Il tutto, ospitati su di una “piattaforma” davvero d’eccezione!
Per spiegarvi un po’ meglio la faccenda, vorrei percorrere con voi le parole stesse del bando di partecipazione:
“L’Astrofisica su Mediterranea” è un progetto d’introduzione all’Astrofisica patrocinato e finanziato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per la Fisica Spaziale e il Progetto Mediterranea. Questa iniziativa di formazione è rivolta agli studenti universitari iscritti alla laurea triennale in Fisica ed Astrofisica. Protagonista e “mezzo di divulgazione” è Mediterranea, un Mikado 56, ketch di 17 metri armato a cutter (…qualsiasi cosa ciò voglia dire, NdA), che è salpato nella primavera 2014 dal porto di San Benedetto del Tronto per un lungo viaggio (5 anni) di circa 20.000 miglia in tutto il Mediterraneo (…) Saranno presentate una serie di lezioni e di esperienze sul campo che forniranno agli studenti l’opportunità di collegare i rudimenti della navigazione astronomica con i moderni sistemi di posizionamento satellitare (GPS), i concetti dell’astronomia di posizione con la moderna visione astrofisica del cosmo.”
L’idea di unire la navigazione all’astrofisica è indubbiamente stimolante. Ancora di più la possibilità, per il sottoscritto, di raccontare (e dunque inevitabilmente di raccontarsi) qualcosa del cosmo, un pochino al giorno, tentando l’avventura di (ri)scoprire insieme, la bellezza e l’unicità di quanto lo studio della volta celeste può proporre. Ovvero, di quanta meraviglia ci sia assiepata lassù nel cielo, in attesa soltanto di essere riconosciuta, di essere vista, di essere guardata. Con nuova passione, ogni volta.
Lo sappiamo bene: lo studio delle stelle, almeno in senso posizionale, dal punto di vista storico, è stato profondamente segnato dalla necessità di punti di riferimento per la navigazione. Sarà un po’ dunque, penso, come tornare all’origine. Ma anche di più. Parlare delle cose del cielo su Mediterranea sarà un po’ capire come e perché il cielo ha (ancora e sempre) a che fare con la terra, come cielo e terra siano cioè i due poli di una equazione la quale – mi pare – assume pieno significato soltanto nella presenza attiva e bilanciata di entrambi i termini. In altri termini, cielo e terra si appoggiano l’uno all’altro, restituendosi significato a vicenda, in uno splendido circolo virtuoso. Questo tanto senso strettamente scientifico, quanto in senso filosofico e spirituale, come del resto tutte le tradizioni più antiche ci insegnano.
Bene, manca ancora una settimana alla scadenza del bando di partecipazione. Se siete per caso nella condizione di poter presentare domanda, e non soffrite (troppo) di mal di mare, vi esorto senz’altro a non perdere questa possibilità. Hai visto mai, potremmo trovarci ad approfondire questi temi in una bella chiacchierata cullati dalle onde, con le coste della Turchia che si distendono sotto un cielo fitto fitto di stelle 😉
Sarà per certo un’avventura interessante. Sarà sopratutto qualcosa nella quale il primo che avrà da imparare, senza alcun dubbio, sarò proprio io.