Blog di Marco Castellani

Tag: Via Lattea

Si apre l’occhio di Herschel sulla Via Lattea

Una nuova immagine dall’Osservatorio Herschel ben mette in evidenza il naturale “talento” della sonda verso le osservazioni a lunghezze d’onda multiple. L’osservatorio opera nell’infrarosso, ed è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con una quota importante di partecipazione anche dell’ente spaziale statunitense (NASA). Notevole il fatto che Herschel possa utilizzare due strumenti scientifici in maniera simultanea, per osservare in ben cinque diversi colori nell’infrarosso, una lunghezza d’onda com’è noto invisibile all’occhio umano, ma decisamente importante per una estesa serie di osservazioni spaziali (prima tra tutte lo studio della formazione stellare, come più volte abbiamo evidenziato in questo sito).

Alcune regioni tra le più fredde e ricche di polvere nello spazio, risultano ugualmente brillanti se osservate in luce infrarossa, come può fare Herschel…
Crediti: ESA/NASA/JPL-Caltech

La nuova immagine composita, appena rilasciata, è decisamente interessante e mostra una regione scura e fredda della nostra Via Lattea, dove il materiale interstellare viene compattato insieme, incamminandosi verso la sua prospettiva di formare nuove stelle. Va detto che gran parte della regione apparirebbe davvero scura nella luce visibile, tuttavia Herschel riesce a scorgere il rivestimento molto sottile di polvere, solo leggermente più calda della temperatura minima teoricamente ottenibile nella zona.

La visione della sonda rivela anche che la regione di formazione stellare è addirittura più ricca di materiale freddo e turbolento di quanto ritenuto fino ad oggi: dunque sta già fornendo dei dati importanti per  gli scienziati.  Herschel è in verità ancora in quella che viene detta performance verification phase, nella quale gli strumenti sono attivi ma prevalentemente per essere registrati e messi a punto, prima dell’inizio delle osservazioni scientifiche “programmate”.

Pur dunque nelle fasi iniziali del suo ciclo operativo, dunque, la sonda sembra già fornire ottimi risultati… Dunque un’altra missione spaziale, tra le tante ormai, dalla quale possiamo aspettarci con fiducia un non trascurabile contributo alla sempre migliore conoscenza del nostro Universo…!

NASA JPL Press Release

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Da Chandra, una finestra sul centro galattico

Una visione radicalmente nuova del centro della nostra Via Lattea: è quella che ci fornisce il Chandra X-ray Observatory, una visione che ci permette di ammirare nuovi livelli di complessità e inauditi “intrecci” nell’affollato ed esuberante centro Galattico.

Se la nostra Galassia fosse una città, com’è noto, noi dovremmo accettare il fatto di abitare in una estrema e tranquilla periferia, mentre il centro cittadino ferve di vita e di movimento. Magari un pò  troppo, come stiamo scoprendo grazie anche alla sonda Chandra…

Il mosaico di ben 88 puntamenti diversi della sonda Chandra, ben si può ritenere una istantanea di un gigantesco spettacolo di evoluzione stellare – quasi come una immagine che congelasse un momento particolare di un ambiente quanto più possibile variegato – con una compresenza di  oggetti stellari che spaziano da quelli brillanti e giovani, di grande massa, e si conclude con i buchi neri. Il tutto immerso in un ambiente decisamente affollato, e potremmo dire “ostile”, dominato da un buco nero supermassivo, che si trova nella regione centrale della Galassia.

Chandra ci apre una interessante “finestra” sull’inquieto centro galattico…
Crediti: NASA/CXC/UMass/D. Wang et al.

La regione è permeata da un alone diffuso di radiazione in banda X, originato da gas che è stato riscaldato fino a milioni di gradi per i forti venti originati dalle enormi stelle più giovani – che sembrano formarsi qui molto più frequentemente che in tanti altri posti della Via Lattea. E non è tutto: l’ambiente è rallegrato (per così dire) anche da esplosioni di stelle nelle fasi evolutive più avanzate, nonchè dall’attività del buco nero centrale (Sagittarius A). In particolare, i dati di Chandra e degli altri telescopi in banda X suggeriscono che tale enorme oggetto se ne stia tutt’altro che quieto (e buon per noi che ne siamo molto lontani!): enormi sbuffi di raggi X sembra siano stati emessi dal buco nero in varie circostanze., ad intervalli di qualche centinaia di anni.

Per finire, la zona contiene anche diversi filamenti di radiazione in  banda X di origine ancora piuttosto misteriosa (forse da porre in relazione con la presenza di stelle di neutroni). Insomma, se nonostante la stagione, state pianificando una vacanza, il consiglio è uno solo: evitate il centro galattico… ! 😉

Chandra Press Release

 

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Le enormi stelle nei pressi del centro galattico…

La zona molecolare centrale (Central Molecular Zone, CMZ) della nostra Galassia è un complesso gigante di gas molecolare e polveri situato nei più interni 700 anni-luce della Via Lattea. Sebbene la Galassia sia larga più di centomila anni luce, quasi il 10% di tutto il gas molecolare risiede proprio nella piccola CMZ.

Gli astronomi sanno che tale regione di gas denso e polveri tende in continuazione a formare nuove stelle, poichè il materiale si addensa e riscalda sotto l’azione della propria gravità, fino a raggiungere le condizioni di temperatura e densità sufficienti, in alcuni punti, per l’innesco nucleare e dunque per la nascita di una nuova stella. Ci si aspetta dunque una abbondante formazione stellare nella CMZ, ed infatti questa risulta la sorgente di circa il 5-10% di tutta la luce infrarossa e ultravioletta della Galassia, proprio a motivo dell’attività di formazione di nuove stelle. Come si sa, nei luoghi di formazione stellare si trovano facilmente molte stelle di grande massa, quelle a vita più breve, che dominano con la loro “esuberanza” sull’emissione di luce di tali regioni.

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Una immagine in falsi colori della zona centrale della Via Lattea.
Crediti: NASA/JPL Caltech

Abbiamo – in realtà – già un bel pò di evidenze indirette per la presenza di stelle di grande massa nella CMZ; la loro influenza può infatti essere facilmente recepita in diverse zone dello spettro, dal radio alla banda X. Va considerato però che – proprio a motivo della grande quantità di polvere – questa zona risulta piuttosto opaca alla luce visibile, tanto che è realmente difficile individuare direttamente le stelle massive. In tale situazione, osservazioni spettroscopiche in infrarosso offrono invece una strada percorribile, perchè tale radiazione non è schermata dai gas e polveri come quella ottica.

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Stelle bambine nel centro della Via Lattea!

Finalmente, si può dire, alcuni astronomi sono riusciti a ottenere evidenze dirette di alcune stelle appena nate nel centro stesso della nostra Via Lattea. La scoperta è stata effettuata per mezzo del telescopio spaziale Spitzer dell’ente spaziale statunitense, la NASA. Sappiamo bene ormai come il centro della nostra galassia (una tipica galassia a spirale) sia affollatissimo di stelle, polvere e gas. Proprio al centro, nel punto di densità più elevato, staziona un buco nero di grandissima massa. Tutto questo per dire che le condizioni ambientali in tale luogo sono – potremmo dire – davvero “estreme”; fortissimi venti stellari, potenti onde d’urto e diversi altri fattori, rendono davvero difficile che il gas trovi le condizioni sufficientemente “quiete” per sedimentare e formare nuove stelle.

Le tre stelle giovani trovate nel centro della Galassia. Peggio che cercare il classico ago nel pagliaio… Crediti: S. V. Ramirez (NExScI/Caltech), D. An (IPAC/Caltech), K. Sellgren (OSU)

In realtà, gli astronomi hanno già da un pò di tempo imparato che le stelle riescono a formarsi anche in ambienti piuttosto caotici, anche se non ne hanno finora compreso le specifiche modalità. Non è del resto una cosa facile: a confondere ancor più il problema vi è anche tutta la polvere nella linea di vista tra noi e il centro della Galassia, che riesce a fermare gran parte della luce visibile, impedendoci osservazioni dirette. Finora dunque, nessuno era stato capace di spiegare come si potessero formare queste stelle bambine e soprattutto nessuno era stato capace di localizzarne una.

Spiter è davvero comodo in una indagine come questa; lavorando in banda infrarossa, riesce a penetrare facilmente le zone di gas e polveri, dove la luce visibile appunto viene invece fermata.

C’è anche da dire che il centro della Via Lattea è un posto piuttosto misterioso, esteso circa 600 annn luce; per quanto sia una frazione davvero piccola della larghezza dell’intera Via Lattea (parliamo di circa 100.000 anni luce!), questo “nucleo” è occupato da ben il 10% del totale del gas in tutta la Galassia – e molte molte molte stelle…… C’è dunque voluto, nonostante l’abilità e la capacità di uno strumento come Spitzer, una ricognizione estesa del nucleo galattico, un esame attento del mosaico di immagini e immagini, per riuscire ad individuare finalmente un centinaio di candidate “stelle appena formate”.

Ad uno scrutinio ancor più rigoroso, condotto con lo spettrografo di Spitzer, molte di queste sono state scartate: alla fine ne sono rimaste appena tre. Ma queste mostrano molto chiaramente i loro “segni di gioventù”, come ad esempio alcuni tipi di gas caldo. E ce ne è voluto di lavoro, per riuscire a trovarle ! Sentite come racconta della scoperta Solange Ramirez, a capo del team di ricercatori che ha lavorato con i dati di Spitzer: “E’ stupendo per me come abbiamo trovato queste stelle. Il centro galattico è un posto davvero interessante. Contiene stelle giovani, vecchie, buchi neri, qualsiasi cosa. Siamo partiti esaminando un catalogo di circa un milione di sorgenti, e siamo arrivati a trovare tre stelle giovani – stelle che ci aiuteranno a rivelare i segreti dello stesso nucleo della Via Lattea”

.Spitzer Press Release

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La scala delle distanze astronomiche dopo Ipparcos

Il numero 111 di Publications of the Astronomy Society of Pacific riporta una breve relazione su un interessante convegno, “Armonizzare la scala delle distanze cosmiche nell’era post-Ipparcos” , che ha riunito in Francia, a settembre dello scorso anno, 70 esperti di 17 paesi.

La pubblicazione del catalogo del satellite Hipparcos e’ stato un passo fondamentale nella comprensione delle distanze nel cosmo, poiche’ ha fornito un set di dati di determinazione di distanze di notevole precisione. Nello stesso tempo, dati di diversa provenienza, in special modo del Telescopio Spaziale Hubble rendono ora possibile l’ analisi della convergenza tra diverse determinazioni.

La gran parte degli interventi ha riguardato la determinazione delle distanze tramite i cosiddetti indicatori primari e secondari nella nostra Galassia, come primo passo per la determinazione della scala delle distanze verso oggetti piu’ lontani, come le Nubi di Magellano e le “galassie esterne”.

Tra gli argomenti affrontati, il problema della discrepanza dei valori di distanza delle Pleiadi, il ruolo delle Cefeidi come indicatori di distanza, le stelle di ” ramo orizzontale” e la distanza degli ammassi globulari…

Nel complesso, dal convegno e’ risultato evidente come, sebbene la “marcia” per la “armonizzazione” della scala delle distanze da dati di diversa provenienza sia in corso, molti passi importanti ancora debbano essere fatti.

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