Blog di Marco Castellani

Giorno: 4 Maggio 2011

Dalla Terra… al Sistema Solare!

La NASA ha appena messo a disposizione del pubblico degli internauti una nuova collezione di immagini del nostro Sistema Solare e di diversi posti sulla Terra dove vengono condotte ricerche di astrobiologia. Per l’occasione è stato creato un nuovo sito, chiamato “From Earth to the Solar System” (indicato anche con l’abbreviazione alquanto poco mnemonica di FETTSS.).

Negli intenti degli organizzatori, la galleria di immagini vuole trasmettere l’entusiasmo per la ricerca nel campo dell’esplorazione planetaria, nonché la meraviglia per i risultati che si stanno ottenendo in questo viaggio nel Sistema Solare, confortati dai risultati (davvero di eccellenza) provenienti dalle numerose missioni spaziali sparse per il nostro sistema di pianeti.

Lago Mono

Una suggestiva visione del "lago Mono" in California. Image Credit: Henry Bortman

Il sito nasce da una collaborazione tra l’Istituto di Astrobiologia dell’ Ames Research Center (NASA) e lo Smithsonian Astrophysical Observatory. La collezione di immagini (alcune veramente suggestive!) è resa disponibile per celebrare l‘Anno del Sistema Solare indetto dalla NASA, che suggella un momento di straordinaria vitalità per la scienza dello studio dei pianeti orbitanti attorno alla nostra stella. Le celebrazioni, come viene riportato sul sito NASA, vanno da ottobre del 2010 fino all’agosto del 2012 (un anno un pò… stirato, si potrebbe dire!)

La collezione è destinata anche ad una vita “fuori” dagli schermi dei computer, perché da questa estate  sarà anche esposta in diverse parti del mondo.

Al momento dunque non resta altro da dire, se non suggerire di collegarsi direttamente al nuovo sito, raggiungibile all’indirizzo http://fettss.arc.nasa.gov . Da lì gli appassionati di social network troveranno anche i collegamenti alle relative pagine di FETTSS su Facebook e Twitter (derivazioni ormai quasi onnipresenti, per arricchire l’esperienza d’uso dei siti più disparati)

Loading

Il Sole al sodio

Il Sole ripreso il 27 marzo 2011 da Marcello Lugli con un Telescopio Rifrattore Vixen 102/1000. Tutte le immagini sono state gentilmente concesse da Marcello Lugli per la pubblicazione su questo blog.

di Marcello Lugli

L’immagine del Sole è stata ottenuta con un Telescopio Rifrattore Vixen 102/1000. Tale immagine, tramite una lente collimatrice, entra (con raggi paralleli) nel Filtro M.O.F. In uscita dal Filtro l’immagine viene ripresa con obiettivi di diversa focale, anche fotografici. Possibile sia la versione visuale che fotografica o di ripresa con telecamera (personalmente utilizzo ancora l’analogico con le minitelecamere Vixen o Vatec).

Particolare del Sole ripreso il 9 marzo 2011. Cortesia Marcello Lugli.


Sole ripreso il 31 marzo 2011. Cortesia Marcello Lugli.

Prima di entrare nel M.O.F.  il fascio di luce attraversa un Pre-filtro al Sodio di  20Ang., quindi subito dopo, un primo polarizzatore e poi l’ampolla contenente, in due piccole anse laterali, il Sodio Metallico. Successivamente e prima dell’obiettivo finale, è presente un secondo polarizzatore a chiusura completa della luce proveniente dal disco solare. Le anse contenenti il Sodio sono riscaldate tramite una resistenza elettrica che permette al metallo di sublimare. I vapori vanno a stabilizzarsi nell’arco di circa 15 minuti, lungo il corpo dell’ampolla di soli 20 mm di diametro e 5cm di lunghezza provocando la depolarizzazione prima realizzata, permettendone la visione.

Il Sodio, ionizzato o meglio eccitato, blocca tutte le radiazioni che non appartengono alle sue due righe dello spettro che sono le sole a transitare, contemporaneamente. L’ampolla, in vetro pirex, è contenuta all’interno di un magnete permanente di adeguata potenza in Gauss.  Il Filtro è stato studiato e inventato dal Prof. Alessandro Cacciani dal quale ho avuto in dono, per la collaborazione prestata, la sola ampolla,  provvedendo poi di persona a tutta l’architettura del sistema ottico-meccanico per renderla funzionante.

Particolare sul Sole ripreso il 07 marzo 2011. Cortesia Marcello Lugli.

Marcello Lugli


Marcello Lugli è “futore del post, che ringraziamo di cuore.

Sito web di Marcello Lugli: http://digilander.libero.it/malug


Domani altre foto spettacolari del nostro Sole riprese in H-alfa.

Loading

La Cometa Plutone

Rappresentazione artistica di Plutone con la sua atmosfera – Credit: PAS Cruickshank.


di Umberto Genovese


Nel 2006 una controversa decisione dell’Unione Astronomica Internazionale tolse lo scettro di pianeta a Plutone per relegarlo tra i corpi minori del nostro sistema solare.
Fu una decisione sofferta, contestata da quanti avevano preso simpatia per questo pianetino, il nono in ordine di distanza dal Sole. Il problema era che grazie a strumenti e tecniche sempre più raffinate c’era il concreto rischio di dover allungare a dismisura l’elenco dei pianeti del sistema solare, colmo di planetoidi della taglia di Plutone [1].

Che Plutone avesse un’atmosfera lo si sapeva già da molti anni [2], lo si era scoperto tramite i transiti planetari, ossia i passaggi del pianetino davanti a una stella e misurando la curva di luce di quest’ultima.
La composizione chimica di questa tenue atmosfera è azoto e metano, a cui si è aggiunto recentemente il monossido di carbonio [3].

 

Lo spettro della traccia di monossido di carbonio (in verde) espressi in unità di gradi. – Credit: J.S. Greaves / Joint Astronomy Centre.


La pressione atmosferica è bassissima e estremamente varia a causa dell’eccentricità dell’orbita di Plutone: va da 6,5 a 24 μbar. Quando Plutone si allontana dal Sole, la sua atmosfera congela e precipita al suolo. Viceversa quando Plutone è più vicino al Sole, la temperatura di Plutone aumenta e la parte più volatile della sua superficie sublima.Curiosamente questa sublimazione ha come conseguenza quella di raffreddare  il pianeta, lo stesso meccanismo del sudore che raffredda il nostro corpo man mano che evapora dalla superficie della pelle. Infatti la temperatura di Plutone è di circa 43 K (-230 ° C), 10 K più  bassa di quanto si sarebbe supposto.
Invece il metano [4] crea una inversione di temperatura, con temperature medie più calde (36 kelvin 10 chilometri al di  sopra della superficie).
Questo crea il paradosso di come Plutone possa aver mantenuto la sua atmosfera così a lungo: e qui il monossido di carbonio appena scoperto svolge un ruolo importante per raffreddare ulteriormente l’atmosfera funzionando da termoregolatore in contrapposizione all’azione riscaldante del metano.

L’effetto quindi è che durante l’estate plutoniana si potrebbero verificare … curiose nevicate di azoto sulla superficie!
Sempre durante la breve estate il metano atmosferico può essere scisso in carbonio dalla radiazione ultravioletta solare e ricadere sulla superficie creando zone chiaroscure in contrasto con la brina di azoto visibili dalle immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble [5]. Queste macchie scure provocano il riscaldamento localizzato della superficie provocando dei geyser che espellono gas proprio come nelle comete.

L’evoluzione fisica dell’atmosfera di Plutone è pertanto estremamente sensibile all’eccentricità dell’orbita del corpo. Ancora purtroppo ne sappiamo troppo poco e questi dati attendono conferma dalla sonda New Horizons 6 il cui arrivo nei pressi di Plutone è previsto per il 14 luglio 2015.

Noi aspettiamo con ansia!

 

 

[1] Io personalmente sono contrario a questa decisione, si poteva mantenere Plutone come pianeta anche solo per ragioni storiche senza guardare la sua taglia.
[2]Plutone ha anche ben tre satelliti:  Caronte, con cui forma il sispema doppio Plutone-Caronte, e due corpi più piccoli: Nix e Idra, scopperti nel 2005.
[3] Discovery of carbon monoxide in the upper atmosphere of Pluto: http://arxiv.org/abs/1104.3014 .
[4] Il metano è un idrocarburo che è anche un potentissimo gas serra 23 volte più dell’anidride carbonica CO2.
[5] New Hubble Maps of Pluto Show Surface Changes: http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/2010/06/image/e/
[6] Questo è il sito ufficiale della missione New Horizons: http://pluto.jhuapl.edu/ .

Potremmo considerare Plutone come il precursore di una nuova categoria di corpi planetari: i Kuiper Belt Object.
Cosi avremmo tre tipi diversi di pianeti con struttura chimica ed evoluzione fisica simile: i terrestri, i gioviani e quelli che io chiamo plutini, non necessariamente in risonanza 2:3 con l’orbita di Nettuno.

Pubblicato inizialmente su Il Poliedrico: http://www.ilpoliedrico.org/2011/04/la-cometa-plutone.html

Umberto

Loading

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén