Apri le tue vele
ad accogliere il vento
che molto ancora
per te deve accadere
(Angelo Branduardi, Il Viaggiatore)
Esci dalla baia, ti allontani dalla terraferma. Ron ron, il motore sotto i tuoi piedi è tranquillo e rassicurante. Ma anche poco interessante, in verità. E’ normale andare avanti, se sei spinto dal motore. Ad un certo punto però qualcuno nell’equipaggio scruta il quadrante, quello davanti al timone: dice sì c’è vento, possiamo aprire. Finora le cime sono tirate, le vele chiuse, contratte. Al segnale lasci scorrere, allarghi il fiocco, la randa. Li spiani davanti al cielo.

La vela si stende, si allarga. Respira, finalmente. E prende vento.

Tutto a posto, puoi spegnere il motore. Ora c’è il silenzio. E la barca vola sull’acqua, senza rumore. Se non quello del vento, che gonfia le vele e ti fa andare avanti. Sembra un miracolo. Andare un barca a vela è un po’ come accendere un fuoco. Una sorta di antichissimo rito, che si rinnova nel presente, davanti a te. Ecco, pensi fare una cosa nuova, in realtà affondi nel solco solido della storia, dei millenni.

Finalmente vai a vela. Un’esperienza unica, nuova e familiare allo stesso tempo.
Sembra impalpabile, etereo, il vento. Sembra qualcosa che c’è e non c’è, come sospeso in una condizione instabile di semiesistenza. Il fatto è che anche tu sei moderno, nel bene e nel male: sei abituato a pensare che esiste solo ciò che tocchi, che manipoli. Fino a che non ti affidi a lui, all’impalpabile vento: lasci le tranquille certezze, spegni il motore, e vieni portato. Non ti accorgi di quanto è reale il vento, di quanto ti spinge, ti porta, fino a che non ti affidi.
E dunque non decidi tu, non stai più lì chino a regolare il motore. E’ una cosa più divertente. Certo, magari studi come sfruttare il vento, come far muovere la barca dove vuoi, sfruttando il vento che c’è. Muovi le vele apposta, se cambia il vento ti adegui, ti muovi di conseguenza. Vai di lasco, di bolina. Cambi mure. In ogni caso, qualsiasi sia la tua strategia, la tua rotta, è lui che ti spinge. Non sei tu che devi inventarti come andare, devi solo ingegnarti a lasciar fare, nel modo migliore.
Navigando nelle acque dell’Argentario…
La vela si gonfia e più è grande, più accoglie vento. Più sei disponile, più apri, più vieni portato. Lo ammetto: a volte mi sento così accartocciato su me stesso, che mi metto in modo tale da non raccogliere vento, da non farmi smuovere, da non farmi portare. Dico che non ho le vele perché le tengo tutte chiuse, ho paura quasi di vedere che ci sono, che si possono aprire, allargare. Allora sì che sto fermo, e ci sto male.
Che poi il vento non è che ti chiede niente, se non la disponibilità ad aprire le vele, aprirti. Non è che sta a vedere se sei stato buono o cattivo, se hai litigato con tua moglie o se tutti i tuoi desideri sono in regola, se stai vivendo come pensi sia giusto vivere o ti sei lasciato prendere da dinamiche differenti. A volte uno è incastrato a pensare a cosa ha fatto o non ha fatto, a inventarsi delle inutili autovalutazioni, a ruminare stupidamente su quanto sia lontano dall’ideale. E si dimentica della cosa più semplice ed importante. Aprire le vele.
E’ quando apri le vele che le cose accadono. Sempre. Non sei determinato dal tuo passato, il passato scompare veloce a poppa, proprio perché la barca sta andando. Il passato è passato ma qui te la giochi nel presente. Sei disponibile o no a fare il viaggio? Apri le vele o no? Il vento soffia e ci invita, sempre. In ogni momento. Ma la decisione rimane nostra, perché il vento invita e non obbliga. E ha un rispetto sacro della nostra libertà.
Di ciò che, veramente, ci fa essere uomini.

Loading


Scopri di più da Stardust

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.