Blog di Marco Castellani

Mese: Luglio 2015

Non ci sarebbe molto da dire. Oppure la verità è che ci sarebbe pure, ma scrivere con un iPhone 5 un testo esteso è qualcosa che fa venire un forte desiderio di mordere dei sassi, che alla fine può, come si dice, nuocere gravemente alla salute.

Una stella in discesa sulla marina di Caprioli (SA )

L’unica cosa che vorrei scrivervi in questa cartolina dalla provincia di Salerno, è che anche qui la nostra stella regala davvero degli spettacoli maestosi.

Come quello che ho provato a fotografare con i miei modesti mezzi (quelli con cui scrivo, appunto).

Una piccola stella in fase di sequenza principale, come ce ne sono tante. Eppure unica, per noi. E se penso a quante montagne di idrogeno il Sole inghiotte ogni secondo per mandare avanti questo spettacolo  beh… Vedete un po’ voi, per me c’è qualcosa di cosmico, di colossale, che sta accadendo sotto i nostri occhi.

Ma non voglio virare sul filosofico ora, questa è appena una cartolina.

Però, non so se ho fatto bene a studiare astrofisica, ma sapere abbastanza cosa succede in quella grande palla di fuoco – sapete – a pensarci mi piace.

E mi rincresce per il gran consumo di idrogeno. Ma non troppo. Direi anzi che è ben speso.

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La cosa più preziosa

Una cosa ho imparato nella mia lunga vita: che tutta la nostra scienza è primitiva e infantile eppure è la cosa più preziosa che abbiamo.
(Albert Einstein)

Members of the New Horizons science team react to seeing the spacecraft's last and sharpest image of Pluto before closest approach later in the day, Tuesday, July 14, 2015 at the Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (APL) in Laurel, Maryland. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)

Members of the New Horizons science team react to seeing the spacecraft’s last and sharpest image of Pluto before closest approach later in the day, Tuesday, July 14, 2015 at the Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (APL) in Laurel, Maryland. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)

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Tra le due e le tre di questa notte, è arrivato dalla sonda New Horizons il tanto atteso segnale. La sonda ha confermato il suo buono stato di funzionamento, e si aspetta dunque con trepidazione l’invio dei dati riguardanti la sua “gita a Plutone”.

Dati che che, come abbiamo ricordato, rivestono una importanza epocale, perché per un bel po’ di tempo – fino a chissà quale prossima missione – saranno i soli dati di Plutone di cui potremo disporre.

L'entusiasmo al centro di controllo della missione dopo il passaggio ravvicinato a Plutone (Crediti: NASA/Bill Ingalls)

L’entusiasmo al centro di controllo della missione dopo il passaggio ravvicinato a Plutone (Crediti: NASA/Bill Ingalls)

Il web ha reagito con entusiasmo a questa impresa, come sappiamo. Forse un po’ meno i più tradizionali canali informativi, come possiamo evincere (anche) da questo post di Corrado Lamberti apparso poco fa su Facebook,

TG1 RAI.Il TG1 della RAI ieri sera ha dato la notizia del Flyby della New Horizons come quarto titolo, quasi si trattasse di cronaca curiosa, aprendo invece con l’accordo sul nucleare con l’Iran, definito “storico”. Fra mille anni, secondo voi, sugli e-book dei nostri pronipotini, il 14 luglio 2015 per cosa sarà ricordato? Per l’Iran? Mi sembra di sentirli: “Scusi sig.ra maestra, cos’è l’Iran?”

Posted by Corrado Lamberti on Mercoledì 15 luglio 2015

Con tutto il dovuto rispetto per l’accordo sul nucleare (la cui importanza penso sia fuori questione, per tutti), ritengo che notizie della portata di questo flyby a Plutone, dopo ben nove anni di viaggio, dovrebbero essere date con molto maggior risalto. “Dovrebbero” mi viene da dire, per un senso di utilità comune, non per un qualche obbligo o subalternità nei confronti della scienza, sia chiaro.

Utilità comune, sì. Mai come adesso abbiamo il bisogno di sentirci partecipi di una avventura comune, di gioire insieme per un risultato che premia non certo soltanto gli scienziati e i tecnici che hanno lavorato al progetto, la loro costanza e la loro pazienza. No, premia tutti gli uomini di buona volontà che giorno per giorno lavorano per rendere il mondo un ambiente pacifico, producendo per così dire terreno fertile perché questi piani ambiziosi e un po’ folli possano vedere la loro concreta realizzazione.

A costo di sfiorare la retorica, vorrei dire che il flyby a Plutone è stato possibile per loro: per tutte quelle persone che in questi nove anni hanno pensato che tutto sommato il mondo non è da buttare, che tutto sommato vale la pena. E che per questa attitudine – magari faticosamente ripresa, ogni volta daccapo – hanno ipso facto reso il mondo più pacifico ed ospitale. Più adatto a spiegare le ali della curiosità, della voglia di sapere, di conoscere e di capire.

E’ dunque una vittoria di tutti, e andrebbe adeguatamente celebrata come tale. Perché la curiosità è tanta, l’interesse è veramente grande: basti vedere come lievitano i follower agli account Twitter relativi a queste missioni, in questi momenti “epocali”.

Ecco, io penso che questo interesse è tutt’altro che fatuo. E’, in fondo, il medesimo interesse dei primi uomini, in ammirazione estatica del cielo stellato. E’ l’interessa che insopprimibilmente anche i più cinici tra noi albergano ancora nel cuore, per sapere cosa c’è davvero qui fuori.

Cosa c’è, insomma, oltre noi stessi, oltre le nostre piccole e grandi paure, oltre le nostre tensioni domestiche  e anche oltre i nostri stessi entusiasmi. Di cosa facciamo parte.

Dobbiamo stimolarlo, questo interesse buono.  Abbiamo bisogno, per rendere il mondo più vivibile, di sentirci parte di una grande avventura comune, una avventura pacifica ed intrigante, che ci possa impegnare a fondo. L’esplorazione dello spazio (come la ricerca sui costituenti ultimi della materia, per altri versi) condotta (e divulgata) con passione oltre che con il necessario rigore, è un possibile antidoto al cinismo e una fonte perpetua di possibili meraviglie.

Perché il mondo là fuori, ragazzi, è veramente intrigante e ancora – di molto – sconosciuto. Basti pensare che, secondo i modelli più accreditati, la gran parte dell’Universo è costituita da materia ed energia oscura, tutta ancora da comprendere: vedete che razza di avventura ancora ci attende?

E se questo anelito a conoscere e capire è stato – in un certo senso – l’anelito di sempre, c’è però una cosa nuova. C’è che mai come ora, grazie ai moderni mezzi di comunicazione come Internet, esiste una strada tecnicamente percorribile perché tutte le persone interessate, in ogni parte del pianeta, possano seguire in tempo reale e anche partecipare (spesso anche attivamente) a questa avventura.

Una coincidenza di opportunità, un nuovo orizzonte, che davvero non possiamo perdere. Se vogliamo rendere questa Terra un posto migliore, dobbiamo guardare allo spazio.

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Una lavatrice su Plutone

E’ grande circa come una lavatrice. Pensate, una lavatrice lanciata negli spazi cosmici, diretta agli estremi confini del Sistema Solare. Arriva domani al suo punto di massimo avvicinamento. Ed è forse il momento migliore, nell’attesa che divori gli ultimi fatidici chilometri, per ripercorrere un po’ la storia della sonda.

Era il 2006 quando New Horizons venne lanciata da Cape Canaveral. Il suo viaggio paziente è durato nove anni. Ma nello spazio non c’è fretta, tutto va come deve andare. Il “quasi pianeta” Plutone sta aspettando la sua “lavatrice cosmica”

L’account Twitter della sonda fa trasparire giustamente una certa qual eccitazione (condivisa in rete, 827 retweet e 648 preferiti al momento) …

Già una decina di ore dal momento presente, New Horizons incontrava dei segni rassicuranti che mostravano come si fosse sulla strada giusta (691 retweet e 766 preferiti mentre scrivo)  😉

E’ molto interessante il fatto che, proprio mentre New Horizons era già in volo, Plutone abbia subito un imbarazzante e controverso declassamento a “pianeta nano”. Correva infatti il settembre dell’anno 2006 allorché  una votazione dell’Unione Astronomica Internazionale sancì l’uscita di Plutone dai pianeti veri e propri (per mancata soddisfazione dei requisiti dei pianeti, formalizzati lo stesso anno, e segnatamente quello della dominanza orbitale).

Ma non fa niente. Anzi.

Plutone è così diventato uno degli oggetti più importanti della classe di pianeta nanoUn oggetto interessantissimo da studiare. Così, alle 13:50 di domani (ora italiana), la sonda raggiungerà la sua distanza minima dal pianeta, arrivando nel punto fatidico alla rispettabile velocità di 14 Km al secondo (stiamo parlando di più di 50.000 Km all’ora: meno male che non ci sono limiti di velocità molto stringenti da quelle parti, anche perché il traffico è ancora poco).

Dopo poco più di una decina di ore, raccolti abbastanza dati, la sonda li spedirà a Terra. Così sapremo se tutto è andato bene. Ci vorrà un po’, del resto, perché i dati arrivino fino a noi: la distanza tra la “lavatrice cosmica” e il nostro bel pianeta è di circa 4,77 miliardi di chilometri.

Questa è la prima immagine a colori di Plutone e Caronte, presa da New Horizon nell'aprile di quest'anno. La distanza stimata era allora di circa 115 milioni di chilometri.

Questa è la prima immagine a colori di Plutone e Caronte, presa da New Horizon nell’aprile di quest’anno. La distanza stimata era allora molto più grande di adesso, pari a circa 115 milioni di chilometri.

Ed è veramente pazzesco pensare che da tale distanza, se tutto va bene, ci stanno per arrivare dati significativi che ci aiuteranno a comprendere la natura di uno tra i corpi celesti più elusivi.

Dati che resteranno per un bel po’ gli unici di cui potremo disporre per questo lontano ambiente.

Si dice e si insegna che l’esperimento scientifico deve essere innanzitutto riproducibile, ma in questi casi è solo una prescrizione teorica senza reali possibilità. Dobbiamo anzi renderci conto che, di fatto, per molti anni, tutto ciò che sapremo di Plutone sarà una elaborazione dei dati che stanno per essere raccolti nelle prossime ore.

Non è difficile capire il perché.

La grande distanza da Terra rende veramente difficile esplorare Plutone. La Voyager 1 secondo i piani iniziali ci doveva passare, ma poi la traiettoria fu modificata. Da allora, nessun tentativo serio per mettere il naso nei dintorni del pianeta (che allora non era ancora “nano”) è da registrare. Fino all’inizio degli anni ’90, quando la NASA iniziò a sviluppare la Pluto Kuiper Express. La sonda non solo però non arrivò a Plutone, ma nemmeno alla propria rampa di lancio. Essendo stata congelata per motivi di bilancio dopo pochi anni, per essere poi sostituita appunto dalla New Horizons.

La quale è quasi sull’obiettivo, ormai.

E’ impressionante comprendere dove possiamo arrivare, se solo ci mettiamo con entusiasmo e passione a fare quello che ci viene meglio di tante altre cose: seguire la curiosità, esplorare. Cercare di capire.

Domani è un altro momento storico per la scienza. Un’altra occasione per essere fieri d’essere uomini. Nonostante tutto, potreste voler aggiungere. Comunque, fieri, ribadisco io.

Forza New Horizons, che quasi ci sei!

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L’astrofisica su Mediterranea

L’astrofisica non va mai in vacanza, potremmo dire. E magari potremmo aggiungere, neanche gli astrofisici! O piuttosto (tornando ad un più sano realismo…), a volte riescono anche a mettere insieme le due cose: come in questo frangente. Sì, perché chi scrive avra l’occasione, tra agosto e settembre, di essere ospitato per una settimana su un bel Mikado 56, per trascorrere una settimana con i vincitori del progetto L’astrofisica su Mediterranea. Una settimana da attraversare ragionando di evoluzione stellare, di  scala delle distanze, di origine e destino ultimo dell’Universo… e naturalmente, osservando le stelle. Il tutto, ospitati su di una “piattaforma” davvero d’eccezione!

MediTe2015

Per spiegarvi un po’ meglio la faccenda, vorrei percorrere con voi le parole stesse del bando di partecipazione:

“L’Astrofisica su Mediterranea” è un progetto d’introduzione all’Astrofisica patrocinato e finanziato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario per la Fisica Spaziale e il Progetto Mediterranea. Questa iniziativa di formazione è rivolta agli studenti universitari iscritti alla laurea triennale in Fisica ed Astrofisica. Protagonista e “mezzo di divulgazione” è Mediterranea, un Mikado 56, ketch di 17 metri armato a cutter (…qualsiasi cosa ciò voglia dire, NdA), che è salpato nella primavera 2014 dal porto di San Benedetto del Tronto per un lungo viaggio (5 anni) di circa 20.000 miglia in tutto il Mediterraneo (…) Saranno presentate una serie di lezioni e di esperienze sul campo che forniranno agli studenti l’opportunità di collegare i rudimenti della navigazione astronomica con i moderni sistemi di posizionamento satellitare (GPS), i concetti dell’astronomia di posizione con la moderna visione astrofisica del cosmo.”

L’idea di unire la navigazione all’astrofisica è indubbiamente stimolante. Ancora di più la possibilità, per il sottoscritto, di raccontare (e dunque inevitabilmente di raccontarsi) qualcosa del cosmo, un pochino al giorno, tentando l’avventura di (ri)scoprire insieme, la bellezza e l’unicità di quanto lo studio della volta celeste può proporre. Ovvero, di quanta meraviglia ci sia assiepata lassù nel cielo, in attesa soltanto di essere riconosciuta, di essere vista, di essere guardata. Con nuova passione, ogni volta.

Lo sappiamo bene: lo studio delle stelle, almeno in senso posizionale,  dal punto di vista storico, è stato profondamente segnato dalla necessità di punti di riferimento per la navigazione. Sarà un po’ dunque, penso, come tornare all’origine. Ma anche di più. Parlare delle cose del cielo su Mediterranea sarà un po’ capire come e perché il cielo ha (ancora e sempre) a che fare con la terra, come cielo e terra siano cioè i due poli di una equazione la quale – mi pare – assume pieno significato soltanto nella presenza attiva e bilanciata di entrambi i termini. In altri termini, cielo e terra si appoggiano l’uno all’altro, restituendosi significato a vicenda, in uno splendido circolo virtuoso. Questo tanto senso strettamente scientifico, quanto in senso filosofico e spirituale, come del resto tutte le tradizioni più antiche ci insegnano.

Bene, manca ancora una settimana alla scadenza del bando di partecipazione. Se siete per caso nella condizione di poter presentare domanda, e non soffrite (troppo) di mal di mare, vi esorto senz’altro a non perdere questa possibilità. Hai visto mai, potremmo trovarci ad approfondire questi temi in una bella chiacchierata cullati dalle onde, con le coste della Turchia che si distendono sotto un cielo fitto fitto di stelle 😉

Sarà per certo un’avventura interessante. Sarà sopratutto qualcosa nella quale il primo che avrà da imparare, senza alcun dubbio, sarò proprio io.

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