Così scrive don Julian Carron nella bella lettera pubblicata sul Corriere di oggi.

“Dio non ha vergogna di noi, della nostra fragilità, delle nostre ferite, del nostro essere sballottati da tutte le parti”

Un Dio così è veramente interessante, è veramente “amabile”. Vale la pena, mi dico, lavorare per togliere dalla mente le altre immagini di Dio e tutte le paure, lasciando entrare questa, risanante e tranquillizzante.

Lasciando che questa “nasca” in noi, trovi dimora, riparo.

Una immagine di Dio che ci può fare compagnia, che se impariamo a fare nostra, a farla entrare dentro di noi, può aiutarci e sostenerci. Nella vita normale, intendo. Ci vuole qualcosa proprio per la vita normale, la vita che viviamo fuori dalle festività. Ci vuole una ripartenza, una diversa esistenza, proprio per quello. Ci vuole un mondo nuovo, esattamente per il mondo ordinario. Mentre camminiamo, ci fermiamo, mangiamo, leggiamo, mentre siamo in un negozio, in un bar, mentre scorre la vita, ecco, ci vuole l’idea di una prospettiva diversa, fragrante, morbida. Su cui fermarsi a pensare e a volte, anche, fermarsi per gioire.

Gioire da fermi, pensando. Pensare in modo morbido e aperto, se da qualche parte c’è una gioia, diventa in qualche modo possibile, ritorna possibile in diversi modi, per l’alba di diversi mondi. Di pianeti che sono lo stesso nostro pianeta ma diversi, anche, e dove c’è vita ma più vita di qui, anche se siamo qui.

Ci vuole un’altra vita, come cantava Franco Battiato tanti anni fa. E così si dicono Anita e la sua mamma, questi giorni, sotto un cielo di stelle di puntini piccoli piccoli luminosi invadenti impertinenti. Lievemente, giocosi.

Lo sappiamo che ci vuole un’altra vita, lo sentiamo tutti che questa, per molti versi, ci sta stretta. Il fatto è che niente, a volte non lo riteniamo possibile. E questo c’entra con le immagini del divino, secondo me, c’entra parecchio, ci si professi credenti o no. Insomma una immagine così di un Dio amico e vicino e che “non ha vergogna” fa piazza pulita di tante incrostazioni mentali, e ci fa ripartire.

Certo la mente è quello che è e le incrostazioni mentali tornano, amano tornare, a volte si trova una via luminosa e viene voglia di dire ma ecco è così! Ci siamo, ci siamo è così! e la vita ordinaria aspetta e vuole riprenderci nelle sue dinamiche e così i pensieri, nei soliti collaudati e un po’ esauriti pensieri.

Ecco perché penso che queste buone notizie sono, possono essere, l’inizio (o la ripresa) di un lavoro, su di sé, e quindi ipso facto  sul mondo, sul cosmo (fin fino alle lontane stelle,sì). Ci si può applicare, siamo lavorabili dice il poeta e filosofo Marco Guzzi, e il fatto che siamo lavorabili è una gran buona notizia, una notizia che spesso ci dimentichiamo. Il lavoro ha alti e bassi e siamo spesso “sballottati da tutte le parti” (almeno io, lo sono), e il fatto che c’è Chi non ha vergogna di questo, ci aiuta e ci intriga,ci incolla di più in questo lavoro, della vita.

Buon Natale!

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