In ideale continuazione del post di qualche giorno fa, dove abbiamo ammirato un insolito Giove all’infrarosso, scopriamo adesso cosa altro ci può sorprendere nell’adottare questo strano ma fruttuoso “modo di vedere”, aumentando appena la lunghezza d’onda della radiazione rispetto al visibile. Disponiamoci alla sorpresa, se appena puntiamo verso il cosmo più ampio, a quello che ci attende al di fuori dal Sistema Solare.

Perché si scoprono soavi meraviglie, come questa.

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Crediti: NASAESA, and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Tecnicamente, quella che stiamo ammirando è una vastissima, magnifica nube interstellare, scolpita dai venti delle stelle in maniera molto artistica, a formare una configurazione riconoscibile per noi. Chiamata infatti Nebulosa Testa di Cavallo, si trova completamente immersa nella vasta ed articolata Nebulosa di Orione, una delle nebulose più brillanti di tutto il cielo notturno (oltreché costutuire la regione di formazione stellare a noi più vicina).

Questa stupenda immagine è stata catturata nel 2013 dal Telescopio Spaziale Hubble, proprio in luce infrarossa, in onore del ventitreesimo anniversario del lancio (ora siamo al trentesimo anno di onoratissima carriera).

Tra l’altro c’è in atto una eccellente sinergia cosmica, poiché questa scura nube molecolare, lontana da noi circa 1500 anni luce, nota anche come Barnard 33, risulta visibile soltanto perché è retroilluminata dalla stella di grande massa chiamata Sigma Orionis.

Le cose non stanno mai ferme nemmeno nel cosmo, lo abbiamo ben imparato ormai. Il cielo delle stelle fisse non esiste più per noi da parecchio tempo, almeno fin da quando la nozione di universo in evoluzione è entrato nella nostra area di percezione, nel secolo scorso. Nozione che deve ancora attendere del tempo, probabilmente, per essere compiutamente elaborata a livello profondo, rimanendo adesso, sostanzialmente, un dettato scientifico. E’ certo comprensibile, i tempi di evoluzione sono lenti rispetto alla vita umana, ma il messaggio è ugualmente chiaro: dire sembra che non cambi niente alla fine non è realistico, è comprensibile ma falso, non tiene conto di tutti i fattori in gioco. Primo tra questi, un universo in espansione, un gioco di corpi in perpetuo movimento, ad ogni livello di indagine.

Così anche la forma della nebulosa è in lenta modifica, essendo sostanzialmente una gigantesca “scultura” di gas e polveri. Nei prossimi milioni di anni assumerà certamente un aspetto diverso, e alla fine potrebbe essere “smontata” pezzo a pezzo da quella sorta di “erosione” che opera la luce di alta energia delle stelle che le sono intorno.

Quello che è certo, o meglio, il tipo di universo che risponde alla nostra epoca, è un universo che non rimane mai uguale, uno spaziotempo nel quale ogni osservazione dipende dall’epoca in cui la si compie. Per dire, tra un miliardo d’anni si vedranno cose molto diverse, in cielo.

Gli antichi pensavano che la perfezione fosse nell’assenza di mutamento. E diciamo la verità, un po’ lo pensiamo anche noi, ancora. Essere dentro un cosmo in accelerazione, interroga la nostra mente, sfida le nostre “chiusure”, ci sprona ad aprirci, a superare millenni di pensieri incrostati, di strutture logiche di bassa energia, per arrivare finalmente a capire che nulla è fermo, tutto cambia.

E molto più sottilmente, ma utilmente, tutto si può cambiare.

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