Educarci allo spazio

Devo dirlo, anche a rischio di apparire utopista: io credo che quella nuova umanità che tutti indistintamente attendiamo, dovrà avere – quasi a pelle – una percezione del cosmo molto più viva di quella che abbiamo noi ora.

Siamo ancora immersi in una poderosa stortura, se ci pensiamo: siamo dentro uno spazio immenso e pieno di cose da guardare – che sfidano la nostra immaginazione – ma facciamo perlopiù finta di niente. Cose da guardare, come questa qui sotto: l’ammasso di galassie Abell 2744 ripreso dal James Webb, una poderosa fusione di tre distinti ammassi di galassie a circa tre miliardi e mezzo di anni luce da noi.

Può essere un caso che soltanto in quest’epoca abbiamo accesso ad immagini come questa, soltanto ora il cosmo si svela ai nostri occhi in una ricchezza soverchiante di varietà e di configurazioni, davvero da travalicare ogni pensiero? Basta fare un giro nell’ammasso di Pandora (la voce che accompagna è in inglese ma già le immagini giustificano il viaggio) per accertarsene oltre ogni dubbio.

Vediamo cose nuove, ma custodiamo ancora pensieri vecchi. Normale, ci vuole un po’ di pazienza. Abbiamo bisogno di nuove strategie educative, che riportino lo spazio nei percorsi didattici, fin dai primi anni di formazione della persona. Altrimenti non riusciremo a gestire tutta questa abbondanza, non la capiremo, rimarrà sprecata.

Ci sono già segnali importanti di una nuova educazione che superi i vari nozionismi, riduzionismi ed intellettualismi e finalmente consideri la persona nella sua interezza, inclusa la parte emozionale. Educarci allo spazio è frequentare un luogo privilegiato per tutto questo. Si tratta di andare (apparentemente) lontano, per parlarci sempre e soltanto di noi.

Insomma, la presa di coscienza di essere cittadini dell’universo non può più essere rinviata. Sono proprio immagini come questa, che ce lo chiedono.