E che dire, hanno ragione, è veramente un bel film.
Tre ore filate che non senti nemmeno il tempo, tanto è serrato il montaggio, incalzante la narrazione. L’alternarsi di colore e b/n è un espediente riuscitissimo, gli attori sono follemente bravi, il gioco della colonna sonora a volte preponderante altre volte quasi assente, è di indubbia sapienza.
Un film dove la fisica (e anche l’astrofisica, più di un poco: vedi al proposito la trattazione del collasso delle stelle, dei buchi neri) è protagonista dall’inizio alla fine. Una fisica innestata profondamente nella realtà, anche nella terribile realtà degli ordigni nucleari.
Oppenheimer ne esce come un uomo – con tutti i suoi entusiasmi, le sue confusioni, le sue cadute, le sue incertezze. Perché anche un grande fisico alla fine è un uomo semplice, splendidamente incongruente – se vogliamo – come tutti gli altri.
E forse questo è un pregio del film, il suo specifico valore culturale. Anche al di là delle legittime discussioni sulla bomba atomica, su questa spaventosa arma di distruzione di massa.
C’è ancora bisogno, sì, di ricordarci che i fisici sono uomini (o donne), perché c’è bisogno di capire che la fisica è umana, umanissima. Impregnata di umanità: questa, del resto, è la sola fisica che mi interessa, che ci interessa davvero.
Scopri di più da Stardust
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.