Una immagine come questa indubbiamente ci rimane addosso, non si scrolla via facilmente. Solo perché siamo inclini al dimenticare, solo quello ci mette “al riparo” dalla meraviglia continua. Ci dimentichiamo perfino di essere immersi in un universo abbondante, presi come siamo da mille (spesso piccole) cose.

L’ammasso di galassie Abell 370 (e molto altro…)
Crediti: NASAESA, Jennifer Lotz and the HFF Team (STScI)

A circa quattro miliardi di anni luce da noi, vive il gigantesco ammasso di galassie Abell 370, che qui ci viene mostrato in una immagine di Hubble, capace di coglierne tutto il suo splendore.

L’ammasso appare dominato da due enormi galassie ellittiche e – potremmo dire – quasi infestato da una abbondanza di tenui archi luminosi: in realtà tali archi più deboli e bluastri sono generati dalla luce di altre galassie che si trovano sullo sfondo, ben più distanti dell’ammasso stesso. La loro luce viene infatti distorta attraversando questo addensamento compatto di galassie, per il noto fenomeno delle lenti gravitazionali.

Una lente gravitazionale è la semplice e diretta conseguenza dell’intuizione di Einstein, secondo la quale la materia curva lo spazio: i raggi luminosi semplicemente seguono una traiettoria rettilinea, ma tale traiettoria è inevitabilmente immersa nello spazio curvo e dunque produce questi effetti. Bizzarri, ma precisi: tanto che ci consentono di scoprire molte cose sia sull’oggetto “distorto” che sulla materia che interviene a provocare questa profonda distorsione del tessuto spaziotemporale.

Vivere dentro un universo flessibile, un universo morbido che si modifica costantemente a seconda di quel che contiene, è appunto fin troppo facile da dimenticare: siamo tenacemente convinti di muoverci ed esistere dentro uno spaziotempo rigido e determinato, spesso con ben poca libertà a nostra disposizione. Ma è un errore: scientificamente e (direi) psicologicamente un grave errore di prospettiva. Proprio per questo, fare attenzione a queste meraviglie, tornare spesso a meditare su questi larghi orizzonti, rappresenta un’ottima palestra per la mente. E restituisce all’astronomia una importanza che va ben al di là del mero accumulo di nozioni sugli oggetti celesti.

Essere rivoluzionari – tornare finalmente ad esserlo – è innanzitutto non accondiscendere a questo sistema cosmico-mentale che ci vuole totalmente determinati, imbrigliati in una catena di montaggio liberal-commerciale, con ogni nostro desiderio cosmico banalizzato ed incanalato in un opportuno (?) consiglio di acquisto. Tornare alle stelle (che di questo le galassie son fatte) mi sembra la prima decisiva opposizione, per ritrovare ciò che è indispensabile, per riaprire la partita con il proprio cuore, con la sua scomoda e splendida irriducibilità.

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