Era un antico refrain pubblicitario, in realtà: il metano, ci dà una mano. E già la mente indugia sui bei tempi passati, comprende anche ogni epoca aveva le sue suggerite priorità, i (tenacemente) sussurrati ordini del giorno. Come accade oggi, in pratica. Né più né meno. Solo che liberarsi è sempre più difficile. Ma questo è già un altro argomento e ci porterebbe fuori strada.

A parte notare quanto questi semplici slogan si incastrino nella memoria e vengano fuori a distanza di decenni, se c’è (come qui) appena un appiglio. Il che può anche apparire inquietante, per certi versi.

Però qui il metano non ci dà una mano per l’uso più o meno virtuoso dell’energia (fateci caso, qualsiasi cosa viene sempre soprannominata pulita oppure verde a seconda delle priorità del momento), piuttosto ci aiuta a capire quanto siano vivibili dei luoghi molto lontani. Argomento, dunque, ben più serio di uno slogan pubblicitario o di una tecnica per acquisire consenso sociale.

L’immagine di fantasia ritrae il pianeta (a destra) attorno al quale orbita una luna (al centro), con la stella madre sullo sfondo (a sinistra). Crediti: Ahmad Jabakenji (ASU Lebanon, North Star Space Art); Data: NASA, ESA, CSA, JWST

Dove altro potrebbe esistere la vita? Una domanda di sempre che sempre più trova nuove risposte, in quest’epoca. Nel 2019 si scovò un esopianeta con una significativa parte di vapor d’acqua in atmosfera, il pianeta K2-18b. Con la sua stella madre (K2-18, lo so non è un gran nome…), vive a circa 124 anni luce da noi. Ben più grande e pesante della Terra, orbita comunque nella zona abitabile della sua stella.

La celebre scoperta del 2019 è stata fatta grazie all’impiego coordinato di ben tre telescopi spaziali: Hubble, Spitzer e Kepler. Adesso, ulteriori osservazioni dal James Webb in luce infrarossa ci portano evidenze di altre molecole di importanza chiave per la vita, incluso il metano (appunto).

Le evidenze di un cosmo assai più abitabile di quanto si pensava un tempo, non fanno che aumentare. Se davvero ci fossero altre intelligenze nell’universo, ebbene, non riesco a non pensare al flusso crescente di tutte queste nuove scoperte se non come un preparare il terreno (in senso culturale, ma anche spirituale) per una grossa notizia che potrebbe – quello sì – rivoluzionare totalmente e per sempre il modo nel quale pensiamo al cosmo. Prima però, ci vogliono pensieri nuovi. Anzi, ci vuole proprio un nuovo modo di pensare.

Perché anche imbattersi in un semplice batterio sicuramente extraterrestre, infatti, vorrebbe dire cambiare per sempre paradigma. Non solo non siamo (più) al centro del cosmo, ma questo cosmo immenso non è neanche tutto nostro: si configura, piuttosto, come una comproprietà. Imparare a fare spazio, a darsi spazio – tra noi e con chissà chi – diventerebbe allora una priorità inevitabile. O forse, già lo sta diventando.

Non arriviamo a scoprire qualcosa fino a che non siamo pronti per capirla, per gestirla. Ma è sempre stato così. Laplace non avrebbe capito uno iota della meccanica quantistica, e quel che avrebbe capito, certo non l’avrebbe accettato (figuriamoci, non l’accettava nemmeno Einstein). Per intanto, fiorisce un sentimento diffuso ed interdisciplinare – che spazia da astrobiologi come Danila Billi a poeti come Claudio Damiani – riguardo la plausibilità di vita intelligente nel cosmo. Ma ognuno di noi, si sente sempre più avvolgere dalla semplice considerazione: ma se (come ora sappiamo) ci sono tanti ambienti simili alla Terra, ma perché no?

Non parlo dell’argomento controverso degli avvistamenti (personalmente, non ho ancora capito come farebbero a fare tutti questi viaggi verso Terra e ritorno, posto che la stella più vicina è a quattro anni luce, una distanza che si copre in molti secoli a meno di tecnologie al limite della fantascienza), non si parla nemmeno di piramidi costruite dagli alieni: mi riferisco solo alla semplice esistenza di vita fuori dalla Terra.

Se esistono altre entità intelligenti nel cosmo, sono comunque convinto che non ci sarà data alcuna prova certa fino a che non saremo abbastanza maturi per il cambio di paradigma che questo comporta.

E allora – tentando una lettura attenta degli eventi – forse non è un caso, che scoperte come questa si susseguano a ritmo sempre più serrato. Mi piace pensare (e mi capita sempre più spesso di farlo) che siamo ormai sulla soglia di una scoperta epocale. Certo non è dimostrabile. Ma non è nemmeno vietato pensarlo.

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