Vado subito al dunque: quando una stella si forma, origina sempre dei getti di materia? Tutti ce lo siamo chiesti molto spesso, a volte con un’ansia di trovare la risposta, che non ci permette alcuna tregua. Lo so, sono domande che indubbiamente ci assillano: vedo in metropolitana, sul tram, tutte queste persone impegnate a fare calcoli, discutere teorie, immaginare scenari, litigare sulle diverse simulazioni. Accapigliarsi, alle volte: passare alle mani per una diversa interpretazione di un articolo scientifico sulla questione.

Fare ricerca astronomica in autobus? Ecco come la immagina un motore di intelligenza artificiale, Bing Image Creator

Stamane, ad esempio, nemmeno più si parla delle prodezze di Lukaku (peraltro innegabili) nella serata sportiva di domenica: semplicemente, non c’è tempo. Ci sono calcoli da fare, teorie da confrontare. La gente vuole sapere! Non basta più contemplare le varie ipotesi ancora al vaglio degli scienziati: le persone esigono certezze.

Bene, chiuso questo spunto per un racconto (da riprendere in altra sede), effettivamente si può dire che non c’è sicurezza, su questo. Quando il gas si contrae per effetto gravitazionale, si forma un disco che può ruotare così veloce che la sua contrazione verso successiva fase di protostella è di fatto impedita. I teorici suppongono che l’emissione di getti di materia serva, a questo stadio, proprio come stratagemma atto a ridurre la rotazione.

E questa speculazione teorica coincide – guarda un poco – con degli oggetti realmente esistenti, gli oggetti di Herbig-Haro, appunto stelle molto giovani viste nella fase di emissione di potenti (e spesso, spettacolari) getti di materia.

L’oggetto Herbig-Haro 211, nella vista spettacolare offerta dal JWST Crediti: NASAESACSAWebb; Processing: Tom Ray (DIAS Dublin)

Questo qui sopra è Herbig-Haro 211, una stella in formazione recentemente osservata dal Telescopio Spaziale James Webb in luce infrarossa, in grandissimo dettaglio. Oltre i due fasci sottili di particelle, si intravedono le onde d’urto generate dall’impatto dei getti con il gas interstellare già esistente.

Quale distanza anche culturale ormai abbiamo maturato, rispetto alla visione delle stelle fisse ed immutabili, parti essenziali di un universo statico che ha tenuto banco per tanti secoli negli almanacchi di astronomia e nelle nostre menti! Cerchiamo in fondo un rapporto nuovo con l’universo, con la consapevolezza (raggiunta ma non ancora compiutamente digerita) di essere – come dice il filosofo e poeta Marco Guzzi – l’universo che osserva se stesso: non tanto e non appena un “osservatore esterno”, dunque, ma una parte fondamentale del tutto che rappresenta il punto – o uno dei punti – in cui il creato arriva finalmente all’autocoscienza di sé.

Al riguardo poi della nostra stella, possiamo facilmente anticipare che sicuramente i getti di HH 221 cambieranno radicalmente forma nel tempo, mentre si fanno più luminosi per raggiungere un massimo, poi via via sempre più deboli, per i prossimi centomila anni circa. Mentre la ricerca sui meccanismi di formazione stellare continua (anche se, ammettiamolo, non sempre sugli autobus nella mattina del lunedì).

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