Certi di cose mai viste

A volte ci sono delle cose che mi confermano nella scelta di essere scienziato, mi confortano, mi tolgono dei dubbi.
Non sono un grande fan del razionalismo, della illuministica pretesa che la scienza spieghi freddamente il mondo, e che altro non si possa dire. Prima di tutto è una posizione che non mi conforta, non spiega quello che vedo fuori di me – non ne spiega appena la semplice l’esistenza – ma soprattutto non spiega quello che è dentro di me. Non mi dà possibilità di un significato che mi riempia. La sete di infinito, il desiderio smisurato di abbracciare tutto il cosmo, l’anelito alla bellezza, che pur convive con la dolorosa consapevolezza dei miei limiti. Se la scienza è fredda no, non mi interessa. Se l’avventura del conoscere prescinde dal cuore dell’uomo, non mi interessa, non mi piace, mi fa venir freddo, mi fa sentire solo.
Se invece la scienza è una avventura conoscitiva che coinvolge il cuore, che mette in gioco tutto, che non trascura il mistero e coltiva lo stupore di fronte al cosmo, allora mi piace, mi coinvolge, mi appassiona. 
Detto così potrebbe sembrare una scelta logica, ponderata, dettata da una impostazione decisa in partenza. E invece no, per me è istintiva, è una questione di caldo o freddo, di possibilità di pace – con le cose, con le persone – o (tragicamente) di guerra, di continuo disamore e disillusione.

Il tunnel di LHC al CERN
(Crediti: Julian Herzog, CC BY-SA 30)

Così ho davvero gioito stamattina quando mi sono imbattuto nell’intervista a Lucio Rossi, fisico del CERN, pubblicata sul sito di Tracce con il titolo Certi di cose mai viste (qui metto il link con le mie evidenziature). Si imparano tante cose dalla lettura attenta dell’intervista. Ma soprattutto si impara che quello che il tuo cuore attende, esiste. Si impara che la conoscenza scientifica non è che parte di una avventura umana, umanissima, perché facendo scienza non devi sacrificare il tuo cuore, non devi metterlo da parte in funziona di una malintesa oggettività. Ecco, quello sarebbe il freddo, l’aridità! E quanta gente invece – compresi insigni cattedratici – ci vorrebbero insegnare questo! A seguire il progresso – freddo ed impersonale idolo – e (in fondo) a non sperare niente! 

… si è sfilato il destino. Viviamo come se non ci fosse più, la realtà non mi indica nulla. E’ per la mancata consapevolezza di un destino che prende il sopravvento anche l’ansia di controllo.” Più non riconosco un fine ultimo delle cose, del mondo, più mi affido ansiosamente al “controllo” come ultima illusione di stare aggrappato al reale, ad un reale però sempre più incomprensibile, perché in fin dei conti lo penso come governato dalla casualità.
E paradossalmente – ma non troppo – è quando si nega il fine che si diventa moralisti. “Che cos’è il moralismo? Quando rimuovi l’origine ma pretendi di tenere im comportamento. Che siccome non regge necessita di una gabbia: la legge”
“Non appena ti muovi affermi che qualcosa vale.” Ecco la risposta. C’è un giudizio di valore. Qualcosa vale, altrimenti non mi muovo, sono fermo, bloccato.
C’è tanto altro, ma ognuno se vuole lo scopre da sè. Io da questa lettura ne esco confortato. Contento di essere scienziato, e – permettete – contento di essere italiano. Contentissimo che ci siano ad alto livello scienziati italiani con un cuore, con la passione di giocare le esigenze del cuore nell’incontro con il reale. La parte più belle e nobile di questo mestiere. 
L’unica cosa a dargli senso, secondo me.  

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Osservazione e stupore…

Non è stato per niente difficile. E’ bastato ricercare nei plugin di WordPress, il “motore” di GruppoLocale.it, uno che permettesse di allestire un forum. Ecco che WP Forum Server si è dimostrato pienamente adetto alla bisogna.

Così da qualche giorno GruppoLocale ha il suo forum. Certo, di gruppi di discussione di astronomia ve ne sono diversi, anche in italiano. Anche per questo avevo aspettato… tuttavia l’idea di avere qualcosa proprio integrato nel sito, e anche configurabile con la massima libertà, alla fine mi ha convinto.

Ne sono contento, perchè stanno venendo fuori delle discussioni proprio belle: intendo, che fanno pensare, che aiutano anche a me a riflettere sul mestiere dello scienziato. Ecco un estratto (di un argomento che mi è molto caro, quello del ruolo dello stupore nel conoscere) che riprendo dalla sezione “In cattedra”, che tratta di tematiche relative all’insegnamento e alla divulgazione.

More about Solo lo stupore conosce

E’ una cosa bella il doppio, anche perché non avevo pensato nemmeno a questa sezione, all’inizio.  E poi è stata fin dall’inizio un’avventura condivisa: devo ringraziare almeno tre persone, Daniela, Sabrina e Gloria (le trovate facilmente nel forum, se volete), che hanno creduto alla bontà di questa idea e si sono applicate con suggerimenti e aiuti, e soprattutto lasciandosi “divertire” e prendere dalle prime discussioni … Grazie!!

Quote from anglo on September 9, 2010, 17:29
Il cielo è bellissimo e misterioso, ma l’uomo che lo guarda lo è 100 volte di più.
Perciò grazie! Per i misteri che ci svelate, per la bellezza che ci mostrate, per il grande pezzo di realtà che ci fate conoscere… ma soprattutto grazie perchè vi stupite.
ciao ciao
gloria
Miei cari (anzi mie care..),
ripercorrendo i vostri bellissimi interventi, nel tentativo di formulare una “risposta” comune, trovo facilmente un filo rosso che li unisce, ed è proprio quello che è sommamente caro anche a me, ossia la meraviglia e lo stupore. E’ bello che nelle motivazioni per seguire la strada della “scienza dei cieli”, questi siano stati da tutte voi tenuti in grande considerazione, è bello perchè fa l’uomo più “uomo”… un uomo che segue e ascolta i desideri del cuore (ciò che ci spinge a desiderare grandi cose, mi insegnano, è proprio il cuore).
La mia massima preferita è legata a questo, “Solo lo stupore conosce” (di Gregorio di Nissa), che poi è anche il titolo di un bel libro sull’avventura della ricerca scientifica. Io penso infatti che la passione e lo stupore debbano essere coltivati in ogni fase di questa avventura, e in massimo grado nel percorso educativo (come mi confermate voi tutte), solo questo porta a guardare l’oggetto del conoscere con occhi spalancati e vero desiderio di apprendere, solo questo mette davvero in gioco…
E’ vero, un essere umano che si stupisce è spettacolo esso stesso.. quasi più dell’oggetto della sua indagine. Non voglio essere polemico, ma a mio avviso il vivere attuale sembra sospingere lo stupore fuori dall’ambito dell’interesse umano, sostituendolo con l’efficienza, e la meditazione con la prestazione (lo so, qui pesco dalla lettura di Hadjadj!) …. in una contabilità ultimamente triste e senza prospettive. Invece lo stupore va custodito e protetto, è una molla di una capacità incredibile, per l’apprendimento… e per la vita!
Scusate se mi sono dilungato un pochetto… ;-)
Marco

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Esplorando la galassia con “Cromoscopio”

Alcuni astronomi dell’Università di Manchester e di Cardiff hanno appena reso disponibile un nuovo affascinante modo di esplorare la galassia. Il nuovo strumento è raggiungibile online, è stato chiamato Cromoscopio (Chromoscope, in inglese) e permette a chiunque di esplorare la Via Lattea o le zone più remote dell’Universo, in maniera più facile e divertente di quanto fosse possibile finora.

Il sito può mostrare il cielo in un ampio intervallo di lunghezze d’onda, dai raggi gamma di alta energia fino alle lunghezze d’onda più lunghe tipiche delle onde radio.

Una visione a varie lunghezze d’onda della Nebulosa di Orione
Crediti: University of Manchester website

Il principale sviluppatore del progetto, Stuart Lowe (Università di Manchester) ribadisce che Cromoscopio è un progetto di natura  collaborativa.

“Cromoscopio usa dati da un insieme di osservatori, che includono il radio telescopio gigante a Jodrell Bank” ha detto “questo permette alle persone di esplorare le connessioni tra il cielo notturno che vediamo con i nostri occhi e il cielo che gli astronomi esplorano a diverse lunghezze d’onda, come il radio e l’infrarosso”.

Robert Simpson, membro del progetto (da Cardiff) aggiunge:

“Cromoscopio getta nuova luce sugli oggetti a noi familiari, come la Nebulosa di Orione, la più vicina zona ove nascono nuove stelle. Questa visione dell’Universo è stata familiare agli astronomi professionisti per lungo tempo, ma Cromoscopio la rende accessibile a chiunque”.

Il sito di Cromoscopio è stato presentato alla dotAstronomy Conference a Leiden, in Olanda. dotAstronomy è la più grande conferenza annuale al mondo dedicata ai lavori che combinano la ricerca astronomica di punta con le ultime tendenze nelle tecnologie web.

Senza dubbio uno strumento interessante (consiglio anche la presentazione su YouTube), che si va ad aggiungere ai diversi modi in cui – grazie alle tecnologie più recenti – è diventato davvero possibile farsi una idea abbastanza precisa del lavoro degli astronomi “di professione”, mediante soltanto un computer connesso a Internet, e (soprattutto) tanta curiosità e desiderio di conoscenza…!

University of Manchester Press Release

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Un esercito di robot, per esplorare nuovi mondi

Un giorno non troppo lontano, un’intera armata di robot potrebbe trovarsi a sorvolare le alture delle montagne di Titano, la luna di Saturno, attraversare le sue vaste dune, oppure navigare attraverso i suoi laghi. Wolfgag Fink, del California Institute of Technology a Pasadena, afferma infatti che siamo ormai sulla soglia di un decisivo cambio di paradigma nella tecnica delle esplorazioni spaziali automatizzate, così che il prossimo “turno” delle esplorazioni robotiche potrebbe essere completamente diverso da quello che abbiamo potuto vedere fino ad oggi.

In pratica, dalle sue parole si evince come il modo di esplorare lo spazio intorno a noi stia cambiando in maniera rilevante: ci stiamo allontanando cioè dal tradizionale approccio che consiste in una singola sonda robotizzata – dunque senza alcuna ridondanza – che è comandata dalla Terra, verso un approccio radicalmente diverso, che comprenda la possibilità di disporre di tante sonde robotizzate, di basso costo, che possano comandarsi e coordinarsi l’una con l’altra, come pure comandare altri robot dislocati in posti diversi, nello stesso tempo.

Una immagine di fantasia di una serie di sonde e robot che si trovano a lavorare assieme, in maniera coordinata, nell’esplorazione di un “nuovo mondo” nel Sistema Solare…
Crediti: NASA/JPL

La cosa interessante, sia sotto il profilo astronomico che prettamente informatico, è che Fink e collaboratori stanno sviluppando un apposito software che dovrebbe permettere ai robots eventualmente impiegati per una missione spaziale, di lavorare indipendentemente ma come parte di un team più vasto. Il software dovrebbe permettere ai robots di “pensare” (le virgolette qui sono obbligatorie!) in proprio, identificare eventuali problemi e pericoli, determinare aree di interesse e mettere in una lista di priorità gli obiettivi meritevoli di ispezioni più approfondite.

Per contrasto, va ricordato come al momento, gli ingegneri possono comandare un robot o una sonda, affinchè porti aventi una lista di compiti, e poi aspettare fino a che tali compiti siano stati portati a termine. In questo approccio non c’è quasi flessibilità nella definizione dei piani, una volta stabiliti, nemmeno in funzione delle cose che si vengono a scoprire nel corso della missione stessa.

L’obiettivo per il prossimo futuro – indubbiamente eccitante – è decisamente diverso: “I robot multipli saranno sulla sedia di comando”, assicura Fink….!

NASA/JPL Press Release

Articolo pubblicato anche su GruppoLocale.it

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Una nuova visione della luna…?

Come saprete, verso le 13.30 della giornata di ieri, la sonda LCROSS, seguendo il suo piano programmato, ha rilasciato un vettore destinato ad impattare sulla superficie lunare, nel cratere Cabeus, nei pressi del Polo Sud del nostro satellite (qui il video distribuito dalla NASA). L’inusuale procedura serviva sostanzialmente a “smuovere” gli strati più esterni della superficie, in modo da permettere un’analisi dello “sbuffo” provocato dall’impatto stesso (con particolare attenzione alla possibile presenza di acqua), da parte della sezione della sonda rimasta in orbita, come pure da altri strumenti a terra e nello spazio.

Il sito scelto per l’impatto di Centaurus,
la parte di LCROSS progettata per l’impatto sulla superficie lunare.
Crediti: NASA

A testimonianza di questa interessante sinergia, si possono consultare già le press releases del Keck Observatory (che ha usato il telescopio Keck II per acquisire informazioni spettroscopiche in concomitanza dell’impatto della sonda) e del Telescopio Spaziale Hubble (il quale ha dedicato la nuova Wide Field Camera 3 e lo spettrografo STIS per analizzare gli sbuffi di materiale vaporizzato ed espulso nello spazio a seguito della collisione).

E’ forse troppo presto per tirare delle analisi sui risultati ottenuti, come si può evincere scorrendo i vari comunicati stampa, che comunque concordano nell’escludere riscontri particolarmente eclatanti in termini di quantità di acqua presente. Per ora basta sapere che la missione sembra essersi svolta senza imprevisti, secondo le direttive pianificate. E con un piacevole valore aggiunto, come è ormai quasi consuetudine: l’apertura (con le modalità di una “diretta” in tempo reale) alla fruizione al più vasto pubblico, complice Internet, la grande rete che in questi casi – al di là di eccessive enfasi retoriche – svolge effettivamente un suo ruolo nell’ambito della diffusione della conoscenza.

Qual è il vostro giudizio sulla missione, al di là dei risultati? Commentate la notizia qui oppure collegandovi al sito di GruppoLocale.it in Facebook!

Notizia originariamente pubblicata in GruppoLocale.it

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“Le vite di Galileo”, parte seconda

Seconda ed ultima parte di un articolo di Sabrina Masiero 
Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova

 

 … Successivamente, si passa a Londra e Greenwich nel 1664, dove facciamo conoscenza con due grandi astronomi dell’epoca: Edmund Halley ed Isaac Newton. In una accesa discussione con Robert Hooke (famoso per la legge fisica sulle molle), emerge che quest’ultimo affermava di aver ricavato la legge di gravitazione universale molti anni prima di Newton. Newton, con il contributo economico di Halley, pubblicherà i suoi risultati sulla gravitazione nel grande libro “Philosophiae Naturalis Principia Matematica”, affermando che l’attrazione che Sole e Luna esercitano reciprocamente, non è una proprietà di questi due corpi, ma è universale e vale tanto per i corpi vicini quanto per quelli lontani. Da qui, il termine di “universale”.

Leggi il resto…

Halley si appassionò, fin dall’età di otto anni alle comete. Portatrici di cattivi presagi, dimostrò che esse erano in realtà degli oggetti che descrivevano orbite ellittiche o paraboliche sotto l’azione gravitazionale dei pianeti che tendono a curvare il loro moto (altrimenti, rettilineo) e, di conseguenza, sono oggetti che ritornano nei nostri cieli. Le comete osservate nel 1531, nel 1602 e nel 1682 non erano, in realtà, tre comete distinte, ma la stessa che si ripresentava periodicamente. E fece la previsione di un suo nuovo ritorno per il 1758. La cometa ritornò, consacrando alla storia Halley e la sua cometa.
Nell’ultimo episodio, nel 2009, una maestra mostra ai suoi allievi le recenti scoperte e affronta insieme a loro i temi ancora aperti quattrocento anni dopo il primo puntamento del cannocchiale verso il cielo….

…Storia ancora tutta da scrivere!

Per informazioni e contatti su “Le vite di Galileo” visitate il sito web dell’autore, Fiami: http://www.fiami.ch e quello della Casa editrice CLEUP (Padova): http://www.cleup.it.

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“Le vite di Galileo”, parte prima

Prima parte di un articolo di Sabrina Masiero 
Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova
 
“Le vite di Galileo” è il fumetto ufficiale dell’Anno dell’Astronomia 2009 (IYA2009) che lo svizzero Fiami ha realizzato in due anni di lavoro, contattando astronomi, storici della scienza e filosofi. In questi giorni il fumetto esce nella sua versione italiana grazie all’imprimatur della casa editrice CLEUP, Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova. Un regalo che la città di Padova (dove Galileo visse “li diciotto anni migliori della mia età” come scriverà due anni prima di morire) e l’Università patavina (dove Galileo fu professore di matematica) fanno al grande scienziato italiano, quattrocento anni dopo le sue più grandi scoperte col cannocchiale, tra il 1609 e il 1610.

Si parla di “vite” di Galileo e non di “vita” di Galileo, in quanto Fiami racconta la storia dell’astronomia in sei grandi tappe: si parte da Babilonia (nel 568 a.C.), dove un bambino di nome Galilosor impara a scrivere nell’argilla umida con un piccolo giunco e a leggere nel cielo. “Il cielo appartiene agli Dei, non toccarlo figliolo!” dice il padre quando si rende conto che suo figlio osserva il cielo e vuole studiare dal tramonto all’alba, non dall’alba al tramonto come fanno tutti gli altri, perché la sua più grande passione sono le stelle che si osservano, appunto, di notte.

Si passa poi ad Alessandria d’Egitto (nel 197 a.C.) dove due discepoli di Archimede, Galilosor e Simpliocios, vanno a trovare il grande Eratostene, allora Direttore della Biblioteca di Alessandria, che mostra loro come riuscì a calcolare la circonferenza terreste. Naturalmente, in poche vignette si intuisce il genio di Eratostene che determinò con un errore di soli 74 chilometri la dimensione della circonferenza terrestre (circa 40.000 anziché 40.074 chilometri, quest’ultimo un valore ricavato con misure più precise e moderne).

La terza tappa è a Kusumapura, in India, nel 499 dove Galilala si intrattiene a parlare di cielo con un grande astronomo dell’epoca Aryabhata, che all’età di 23 anni aveva già pubblicato il primo trattato di astronomia giunto fino a noi. Undici secoli prima di Galileo, Aryabhata parlava già di relatività, quella che sarebbe stata definita più tardi “relatività galileiana”, affermando cioè che se fossimo su una nave e osservassimo una montagna, essa ci apparirebbe muoversi in senso opposto alla direzione di moto della nave.
La quarta tappa è ambientata nella Venezia del 1609. Nell’estate di quell’anno, Galileo viene a conoscenza da alcuni amici che un ottico in Olanda aveva costruito un giocattolo: un tubo con alle estremità due lenti, una concava da una parte, una convessa dall’altra. Abile e veloce, Galileo in pochi giorni se lo costruisce e lo punta verso il cielo. E’ il cannocchiale, col quale avrebbe fatto le sue più grandi scoperte. Il primo oggetto che osserva è, naturalmente, quello più luminoso e grande del nostro cielo notturno: la Luna. Galileo la osserva diversa da come si diceva doveva essere. Non è affatto liscia, ma scabra e ricoperta di montagne: schiere di filosofi e scienziati fino a quel momento avevano affermato il contrario.
All’inizio del gennaio del 1610, Galileo punta il suo cannocchiale verso Giove e, giorno dopo giorno, scopre la presenza di quattro ”stelle” attorno a Giove, che intuisce essere in realtà quattro satelliti del pianeta, come lo è la Luna per la Terra. Questo sistema solare in miniatura fa crollare venti secoli di certezze e apre la strada alla vera indagine scientifica del cosmo….

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Il terzo flyby di Messenger a Mercurio

Bisogna che lo dica… Benchè il mio campo “professionale” di indagine scientifica abbia a che fare principalmente con stelle e galassie, non posso non rimanere affascinato dalle continue scoperte e acquisizioni che le moderne sonde stanno ottenendo nel nostro amato Sistema Solare.

Tutto questo, coniugato con la possibilità, del tutto moderna, di assistere al flusso di immagini e dati provenienti da regioni davvero lontanissime (per il pianeta Mercurio – poi capite perchè lo prendo ad esempio – si parla di distanze superiori a 70 milioni di chilometri, che possono arrivare anche superare i 220, a seconda della posizione nell’orbita) comodamente seduti davanti al computer di casa, magari collegandosi al sito della NASA o di qualche altro ente spaziale.

Un bacino da impatto su Mercurio:
immagine acquisita ieri sera dalla sonda Messenger
Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Certo ci si abitua a tutto, ma pensate uno scienziato di appena una generazione fa, se fosse posto di fronte a tutto questo.. vedere le immagini acquisite dalla sonda Messenger appena ieri sera (dopo aver seguito con curiosità momento per momento l’andamento del flyby sul suo account Twitter), precise e definite, favanti al mio naso… di un posto centinaia di milioni di chilometri lontano. Non continua ad essere sbalorditivo?

MESSENGER: MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging

This unnamed impact basin was seen for the first time yesterday during MESSENGER’s third flyby of Mercury. The outer diameter of the basin is approximately 260 kilometers (160 miles)

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