Blog di Marco Castellani

Mese: Marzo 2004 Page 2 of 3

Una Pulsar Doppia

PSR J0737-3039A ? una pulsar con una compagna, creduta fino a poco fa una stella di neutroni. In realt? Questo oggetto ? un'altra pulsar, denominata con molta fantasia PSR J0737-3039B.

Una pulsar ? una stella di neutroni che, avendo i poli magnetici che non coincidono con i poli geografici, emette dei fasci rotanti di onde radio (che hanno poco a che fare con le alabarde spaziali).

Il meccanismo ? esattamente lo stesso di quello di un faro: se la Terra si trova sul percorso di questo fascio di onde radio, noi osserviamo degli impulsi che si ripetono ciclicamente.

Due pulsar in orbita l'una attorno all'altra permettono agli scienziati di eseguire misure molto difficoltose, misure di verifica della teoria della relativit?. La pi? importante, verr? effettuata misurando la velocit? di avvicinamento delle due pulsar, un effetto dovuto all'emissione di onde gravitazionali: per essere emesse, hanno bisogno di energia, che viene “estratta” dal campo gravitazionale avvicinando i due oggetti.

http://www.uai.it/index.php?tipo=A&id=407

http://www.jb.man.ac.uk/research/pulsar/doublepulsar/

Loading

Gamma Ray Burst: Le Origini dei Raggi Cosmici

Secondo un recente studio NASA I GRB (lampi che illuminano il cielo di raggi gamma circa una volta al giorno) vengono emessi da stelle che collassano diventando buchi neri.

…Il processo ? estremamente violento, e proprio qui la teoria sviluppata da Charles Dermer e Stuart Wick indica il processo tramite il quale alcune particella (neutroni, elettroni ma soprattutto protoni) vengono accelerati fino a divenire raggi cosmici.

Credits: U.A.I
http://www.uai.it/index.php?tipo=A&id=404

Comunicato stampa ufficiale:
http://universe.nasa.gov/press/2004/040106c.html

Loading

cambio di prospettiva, ottica e culturale

La sonda Spirit ha ripreso da Marte, un'immagine apparentemente banale, quasi insignificante: era un'ora prima dell'alba (ovviamente marziana) e nel cielo si poteva intravedere un puntino piccolissimo, sfocato, probabilmente celestino.  Beh, quella era la Terra, il nostro pianeta, osservata per la prima volta nella storia del genere umano da un altro pianeta, anche se non da un occhio biologico ma da una macchina fotografica.

L'immagine, come a volte avviene in astronomia o nelle scienze, non ha un valore estetico intriseco, anzi direi che ? bruttina!  ma ha un valore mentale enorme perch? pone il nostro pianeta, le nostre cose, i nostri panorami quotidiani, le nostre foreste, gli oceani, la vita, le costruzioni dell'uomo e la sua storia, in una prospettiva diversa e sconvolgente: noi con tutta la nostra storia e le nostre conquiste, dal pianeta a noi pi? vicino appariamo un puntino appena visibile nel cielo, pallido ed insignificante fra miliardi di altri.Chiss? come si sarebbe sviluppata la nostra storia se i nostri antenati avessero potuto ragionare su un'immagine del genere.  Essa ? capace di generare contemporaneamente due contrapposte sensazioni: da una parte di infinita umilt?, direi quasi religiosa, di estrema relativit? di tutto ci? cui diamo importanza.  Dall'altra una sensazione di straordinaria forza, per sentirsi comunque parte di un'umanit? che ha saputo generarla ed elaborare su di essa questo ragionamento di riposizionamento culturale.Guardatela!:

http://www.cnn.com/2004/TECH/space/03/12/mars.earth/index.html

Loading

Il campo “ultraprofondo” di Hubble…

Gli astronomi che gestiscono il  Telescopio Spaziale Hubble hanno appena rilasciato l' immagine piu' profonda dell'universo visibile tra tutti quelle effettuate finora…

L'immagine e' chiamata Hubble Ultra Deep Field (HUDF) ed e' una immagine corrispondente ad una esposizione lunga circa un milione di secondi (!) . E' in realta' un prodotto della convoluzione di ben 800 differenti esposizioni, acquisite nel corso di 400 orbite di Hubble intorno alla terra. Dalla sua analisi si possono rintracciare le prime galassie in assoluto ad essere state prodotte dall'epoca del Big Bang.



Credits: NASA/ESA, S. Beckwith, HUDF team

http://hubble.gsfc.nasa.gov/survey/hubbledev/newscenter/newsdesk/archive/releases/2004/07/

Loading

Il rompicapi dei raggi X da Saturno…

La prima rilevazione chiara di raggi X da Saturno, effettuata con la sonda Chandra della NASA, mostra che i raggi X sono concentrati in massima parte attorno alla zona dell'equatore. Questo risultato e' piuttosto sorprendente, se si pensa che e' noto che l'emissione in banda X proveniente da Giove, un altro dei pianeti gassosi, giganti, del Sistema Solare, appare invece provenire perlopiu' dalle zone intorno ai poli…

Le teorie esistenti al momento non appaiono in grado di spiegare facilmente la intensita' o la peculiare distribuzione della radiazione X proveniente dal pianeta con gli anelli.


Saturn


Credit: X-ray: NASA/U. Hamburg/J.Ness et al; Optical: NASA/STScI




Lo spettro di energia in banda X di Saturno, e' stato scoperto esser assai simile a quello proprio dei raggi X provenienti dal Sole. Questo potrebbe indicare che la radiazione X in Saturno e' causata dalla riflessione dei raggi X provenienti dal Sole, ad opera dell'atmosfera del pianeta. Da segnalare che l'intensita' di tali raggi X riflessi si e' dimostrata insapettatamente elevata.

Altre osservazioni dovrebbero aiutare a comprendere appieno la natura dei raggi X provenienti da Saturno, ed aiutare a comprendere se le regioni dei poli magnetici inducano anche la produzione di radiazione in banda X, come avviene nel caso di Giove…

http://chandra.harvard.edu/photo/2004/saturn/index.html

Loading

Scaldabagni nel cosmo …

Da Marco Presta e Antonello Dose (che gli ascoltatori di Radiodue conosceranno per la fortunata trasmissione Il ruggito del coniglio), una divertente “rilettura” dei problemi dietro il lancio rinviato della sonda Rosetta (poi avvenuto regolarmente, come sappiamo)

L'articolo del 29 febbraio e' apparso sul quotidiano “Il Messaggero”, ed e' raggiungibile cliccando su questo link

Loading

Quando la natura sembra imitare l’arte…

Questa spendida immagine acquisita dal Telescopio Spaziale  Hubble, che puo' ricordare il celebre dipinto di Vincent van Gogh “Notte stellata”, e' in realta' una fotografia di un alone in espansione attorno ad una stella distante, denominata V838 Monocerotis (V838 Mon)…

L'alone e' formato da polvere interstellare, la cui illuminazione proviene dalla stella supergigante rossa al centro dell'immagine. L'immagine stessa e' stata ottenuta con la Advanced Camera for Sureveys, il giorno 8 febbraio di quest'anno. V838 Mon si trova a circa ventimila anni luce da noi, nella direzione della costellazione Monoceros, praticamente ai confini stessi della Via Lattea.


Credit: NASA and The Hubble Heritage Team (AURA/STSci)

http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/2004/10/

Loading

Non c’e’ perdita di informazioni nei buchi neri…

Da tempo gli scienziati si chiedono se ogni tipo di informazione che entra in un buco nero cessi di esistere (come sembra secondo la teoria “classica”), oppure se l'interno del buco nero venga alterato, sia pur in minima parte, dalle caratteristiche delle particelle che ne vengono a far parte…

Le ricerche di  Hawking suggerivano che l'acquisizione di nuove particelle non avesse effetto sul buco nero. Tuttavia questa teoria sembrava violare le leggi della meccanica quantistica, creando cosi' una sorta di contraddizione, che venne chiamata il “paradosso dell'informazione”.

Ora alcuni fisici della Ohio State University hanno proposto una soluzione al paradosso, che si appoggia alla teoria delle stringhe, una teoria secondo la quale ogni particella nell'universo puo' essere vista come composta da una serie di “stringhe” che vibrano con varie frequenze.

Samir Mathur e colleghi hanno infatti derivato un completo set di equazioni analizzando la quali sembrebbe che l'informazione in effetti continui ad esistere anche dentro il buco nero, “immagazzinata” in un denso groviglio di “stringhe” che riempirebbe il buco nero estendendosi dal suo centro alla sua superficie (e vista la complessita' del formalismo matematico della teoria delle stringhe, a noi non resta che fidarci, aggiungerei…!).

Comunque sia, la scoperta suggerisce che i buchi neri non sarebbero poi oggetti “lisci” e privi di caratteristiche come sono stati ipotizzati per lungo tempo: al loro posto, subentrerebbe il modello che li vede come degli oggetti sferici che racchiudono queste “stringhe” che vibrano secondo frequenze e modi diversi (anche l'idea di “stringa” comunque e' un modello, un'immagine che elaboriamo per cercare di renderci comprensibile una teoria che risulta complessa assai, per l'appunto: l'importante e' comprendere che secondo queste teorie il buco nero non e' una zona “senza informazione” ma potrebbe essere descritto da una serie di parametri… ndr)

Ricordiamo brevemente la questione: secondo la “visone classica”, in prossimita' di un buco nero si dovrebbe trovare l'orizzonte degli eventi, che descrive un'area al cui interno non dovrebbe essere possibile riscontrare strutture con caratteristiche distinte e misurabili.

Il problema sorge proprio qui: vi sono secondo le teorie attuali, moltissimi modi per arrivare alla produzione di un buco nero, che coinvolgono diversi tipi di particelle e di oggetti: protoni, elettroni, stelle, pianeti, ed altro ancora… Pero' questa grande molteplicita' di modi per produrre un buco nero, secondo il moldello classico, finirebbe sempre per definire uno stato finale (il buco nero, appunto) che sarebbe sempre lo stesso (a parte la massa).

Secondo gli scienziati questo violerebbe il principio quantomeccanico della reversibilita', per il quale si dovrebbe essere comunque in grado, in linea di principio, di percorrere il processo all'inverso: partendo dallo studio delle caratteristiche del buco nero, determinare le condizioni ed i processi che lo hanno creato. Da questo punto di vista, e' chiaro che se ogni singolo buco nero e'  identico agli altri, non c'e' possibilita' di risalire alle condizioni specifiche che hanno determinato la sua comparsa.

Con la presente teoria, invece, le stringhe di cui sono composte le varie particelle, continuerebbero ad esistere all'interno del buco nero che le ha acquisite, e la natura delle stringhe dipende appunto dalle particelle che compongono tale oggetto. In tal modo, ogni buco nero ritorna ad essere diverso dagli altri ed “unico”, come le stelle, i pianeti o le galassie da cui si sono formati.

Dunque cio' vorrebbe dire che ogni buco nero mantiene le informazioni riguardanti la sua “storia”, e che dunque l'informazione non e' distrutta ma rimane all'interno dell'oggetto, “memorizzata” nelle stringhe al suo interno.

Tradotto ed adattato da:
http://researchnews.osu.edu/archive/fuzzball.htm



Loading

Page 2 of 3

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén