Chi segue un po’ da vicino questo blog sa bene che tra gli argomenti non trattati c’è un grande protagonista: ed è la politica. Lo ammetto, c’è qualcosa nel pessimismo appiccicoso ed inconcludente che serpeggia in giro, che alimenta e contagia anche i miei pensieri. Sì, d’accordo, pessimismo ampiamente motivato, circonstanziabile in una miriade di casi particolari, tutti ugualmente deprimenti.
Tento un paragone, e mi scuso se per brevità lo declino in modo un po’ grossolano: voi seguitemi ugualmente. Un tempo il sesso veniva spesso (ingiustamente) pensato e raffigurato come sporco, come qualcosa di cui non parlare, di cui vergognarsi e far vergognare. Finalmente, e con grande ritardo, si è affacciato con l’epoca moderna un modo diverso di guardare alla sfera sessuale, alla natura stessa del piacere. Di viverlo diversamente. Questo non possiamo che salutarlo come un passo avanti importante in umanità.

Anche ‘destra’ e ‘sinistra’ sono categorie interpretative alquanto arrugginite, ormai… 
Ora mi sembra però che sia la politica ad aver preso in qualche modo il suo posto – ad essere cioè assai spesso associata all’idea di sporcizia, di ipocrisia, di falsità. Quella politica, proprio, che negli anni in cui sono cresciuto (gli anni del muro di Berlino, diciamo) era investita – a volte squassata –  da maestosi e totalizzanti impeti ideale, invece. Magari imprecisi, sbagliati nelle modalità attuative, nel loro carico ideologico, nel loro irriflessivo rimando alle grandi utopie dell’ottocento – ai sistemi per i quali si sarebbe potuta rendere la terra un paradiso. 

Al non fare i conti con la natura umana, dunque violentandone l’intima struttura. Del resto, gli uomini sono così, ci dice Eliot (un poeta, dunque uno che di uomini se ne intende): “Essi cercano sempre d’evadere/ dal buio esterno e interiore/ sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono”

La delusione di tutte le rivoluzioni mancate – impietosamente smascherate dalla storia nella loro falsità utopica e dunque violenza intrinseca – gli scandali della cosiddetta  prima e seconda  repubblica… Ebbene, tutto questo ci ha lasciato un’onda lunga di disagio e delusione che non è facile lavar via. La scambiamo semplicemente per consapevolezza. Quel senso di amaro che ci lascia in bocca, lo prendiamo per una testimonianza di realismo.
Anche per me è così. E’ esattamente così.
Ecco perché spesso preferisco parlare di altro, di quello che mi fa sobbalzare il cuore. Che sembra sovente lontano anni luce dalla sfera dell’azione e del pensiero politico.
Però poco fa, leggendo il volantino La politica è un bene, diffuso da Comunione e Liberazione in vista della prossime elezioni amministrative, non ho potuto fare a meno di esultare, nell’intimo. Trovare in una pagina appena tutto quello che serve – che mi serve – per riconsiderare questa storia, la storia, e guardarla con un angolo di vista ancora possibilmente positivo, concreto, infine liberante, non mi è parso vero. Non lo credevo più possibile.

Un modo – dico subito – che può interessare tutti, al di fuori di ogni steccato politico o confessionale. Finalmente. Perché c’è, nei tempi presenti, una imponente pulsione rinnovativa, una esigenza di ricominciamento, che è totalmente aliena ad ogni steccato, divisione, ad ogni modo pigro di pensare le cose. Ed è ormai l’unico possibile. Pena la rovina totale, il collasso sociale/politico e personale/psichico (la crisi, lo sappiamo, è una crisi a molti livelli).
Leggetelo, se potete. E fatevi la vostra opinione. 
A me colpisce intanto per il coraggio di individuare, come dicevamo, la disaffezione dalla politica in motivi ontologicamente extrapolitici, in quella “crisi che si manifesta come noia invincibile, misterioso letargo”. 

E poi l’amore, da quanto un volantino politico non parlava di amore? L’amore che – citando Papa Francesco – è vincolo tra gli esseri umani, sia esso di natura interpersonale, intima, sociale, politica, intellettuale” Parla di amore, parla di qualcosa che mi interessa, come uomo, che mi afferra e mi trascina, in quella domanda inesausta di felicità, di compimento. Ecco che l’affettività e l’ambito sociale sono ricompresi nella stessa intima relazione.

Capite? Intima. Ecco perché torno a parlare di politica. Perché finalmente quello che leggo si collega ad ogni cosa che mi fa vibrare, che mi fa balzare il cuore nel petto. Ad ogni motivo per cui me lo fa battere, ancora. 
Forse esiste allora, esiste un modo di occuparsi di politica, che non è solo l’amarezza del limite. Che valorizza il positivo: Si sottolinea il positivo, pur nel suo limite, e si abbandona tutto il resto alla misericordia del Padre (Luigi Giussani) 
Presi così per mano, confortati da un angolo di illuminazione che vede un nuovo interesse nella sfera sociale, si arriva di fronte alla scelta, una scelta che coinvolge tutto l’uomo, ed è radicale. Ed è proprio la scelta che questo tempo estremo esige: 

Chi si candida alle prossime elezioni amministrative può farlo per ritagliarsi la sua piccola fetta di potere, alimentando così la stanchezza della libertà e della responsabilità della gente; oppure può mostrare che si può cercare il bene comune – con umiltà e senza tornaconto personale – attraverso il dialogo e l’incontro. Ogni candidato può testimoniare che la politica è un bene, operando con realismo e prudenza, senza fare promesse che non può mantenere.

A costo di apparire semplicistico, o ingenuo, dico che per me è tutto qui. Che non c’è altro da sapere, che questo è un criterio realistico e molto pragmatico, questa è una bussola vera, una indicazione verso un percorso estremamente concreto. 
Concreto, come ogni cosa che coinvolge il cuore.

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