Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2020

Quel che tu non vedi, c’è

A che ci serve la scienza? A parte a dare il pane a chi ci lavora (come il sottoscritto), forse uno dei suoi maggiori meriti è quello di stimolarci ad uscire dal senso di ovvio, dal pensiero pigro, dalla stazionarietà mentale. Forzandoci a capire che il modo reale è molto più sorprendente di quanto ci immaginiamo.

Giova ricordare che anche nella nostra zona di Universo le meraviglie non mancano. Sappiamo dell’esistenza della materia oscura, ad esempio. E la pensiamo lontana, elusiva. Roba che non ci riguarda. Forse ci sbagliamo, però. Alcune ricerche indicano come il Sistema Solare – proprio a causa sua – potrebbe essere assai più villoso del previsto. La stessa Terra parrebbe essere circondata di sottili filamenti di questa elusiva forma di materia, quasi adornata da una invisibile (invidiabile?) capigliatura.

La Terra forse è graziosamente “chiomata” (Crediti: NASA/JPL-Caltech)

Le simulazioni suggeriscono come la materia oscura potrebbe infatti disporsi, nel cosmo, in forma di maestosi ma invisibili flussi di particelle. Il bello è che, quando uno di questi enormi flussi incontra un pianeta come il nostro, sembra riassestarsi in una miriade di filamenti ultradensi, proprio una sorta di capelli.

Le ricerche sulla materia oscura continuano, su questa misteriosa entità che riempirebbe più di un quarto di tutto quel che c’è. Ma un risultato l’abbiamo già ottenuto. Abbiamo capito, abbiamo dovuto ammettere, che c’è di più di quanto i nostri occhi vedono.

Molto, molto di più.

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Due miliardi di stelle, per una festa

Quando ero studente, si analizzavano immagini su lastre fotografiche, di centinaia, magari migliaia di stelle. Sembrava già moltissimo. Crescendo, ho incrociato il mio percorso con la novità roboante di Hubble, familiarizzandomi su numeri ancora superiori. Era ancora poco, capisco adesso.

Oggi è una giornata molto bella per l’astronomia, è stato detto poco fa dal presidente dell‘Agenzia Spaziale Italiana Giorgio Saccoccia. Una festa per l’astronomia rincara Marco Tavani, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Sento queste parole mentre scrivo e capisco che accendono qualcosa, dentro. Tutte le nostre stelline nascoste, possono venir fuori, con più entusiasmo del solito. Enorme avanzamento dell’astronomia stellare galattica, e non solo dice Tavani. Non esagera.

Il team della sonda Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea apre oggi al pubblico la terza versione del catalogo (la early, per precisione). Quasi due miliardi di stelle. Posizioni, luminosità, parallassi. Anche velocità, anche fotometria a diverse bande. Una mole di dati impressionante, quasi cinquecento persone (me compreso) al lavoro per ottenerli. Esempio di straordinaria collaborazione europea, rimarca giustamente Mario Lattanzi (INAF).

La nuova distribuzione nel cielo dei puntini di Gaia (Crediti: Esa/Gaia/DPAC)

Questa piccola sonda a un milione e mezzo di chilometri, è l’espressione di qualcosa che è in tutti noi, nei nostri cuori. Quel desiderio di riveder le stelle è da custodire, coccolare, nutrire. Perché è quello che ci fa donne, ci fa uomini, ci fa stare in piedi. E ci fa ringraziare, per quanta bellezza c’è intorno.

Una favola vera, che ci rende più amici e più vicini. Se solo ci permettiamo di sognarla.

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Questo universo, di stelle bambine

Fateci caso, in astronomia si parla di quanto è vecchio l’universo (a proposito, siamo sui 13,8 miliardi di anni), e così ci si istalla in mente l’idea di un cosmo un poco stagionato, interessante ma non certo spumeggiate, che ha fatto tante cose, d’accordo, ma ormai è un po’… quello che è.

Ed è ancora il paradigma dello stato stazionario, alla fine, che ci ingombra la mente. Quel pensiero che in fondo niente di sorprendente può accadere, là fuori (e non solo). Meno male che i controesempi non mancano: così possiamo fugare questo pensiero errato, ogni volta che ci torna addosso.

Image Credit & LicenseNASAESAHubbleProcessing: Judy Schmidt

Eccone uno, uno tra molti. Si chiama NGC 346 ed è una regione di formazione stellare, a circa 200 anni luce da noi (dietro l’angolo, per le scale cosmiche). Ancora una volta, è il Telescopio Spaziale Hubble a restituirci questa stupenda immagine. La regione fa parte della Piccola Nube di Magellano, una galassietta piccola ma suggestiva, satellite della nostra. E qui c’è la chiarissima evidenza di tante tante stelle bambine, stelle in formazione nella loro nube natale, avvolte tiepidamente nell’alone rosso che per la presenza di gas e polveri indica così bene questi luoghi di fresca nascita.

Nella canzone Notturno Indiano, un canto tradizionale ripreso magistralmente da Angelo Branduardi, si parla delle stelle bambine, di un cielo luogo di intatta meraviglia. Soprattutto, di uomini ancora capaci di meravigliarsi. Ancora bambini, in un certo senso: proprio come queste stelle.

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Una situazione imbarazzante…

Le scoperte astronomiche si succedono di giorno in giorno, quasi di minuti in minuto ormai. Così che – anche da queste colonne, può ingenerarsi la convinzione che ormai sappiamo tutto, o insomma quasi tutto. Per dire, c’è da mettere a punto i dettagli, e così via.

E invece no, niente. Noi non sappiamo niente. Se questa affermazione vi pare provocatoria, ricordiamo proprio alla scienza. Ricordiamoci quello che il modello cosmologico standard (o Lambda-CDM), che detta in breve è il miglior modello scientifico che abbiamo su come funziona il mondo, l’universo e tutto quanto. Ebbene questo modello ha una predizione diciamo… imbarazzante.

Ci dice esattamente che la parte di universo noto non arriva al 5%. Il resto è materia oscura ed energia oscura, modo elegante per dire che ancora ne sappiamo quasi nulla.

Un modello di distribuzione tridimensionale della materia oscura (Crediti:NASAESA and R. Massey (California Institute of Technology)

Tutto quel che conosciamo, le stelle, le galassie, il gatto del vicino, la vicina simpatica e prosperosa (quella del terzo piano, hai presente?) e tutto intero il terzo piano ma la Terra ed anche il resto, è dentro quel risicato 5%. Materia ed energia, come li conosciamo. Ma c’è altro, molto altro.

È in quest’epoca che per la prima volta abbiamo un modello scientifico di universo, e questo modello tiene, per molta parte. E al tempo stesso, abbiamo una dimostrazione della nostra suprema ignoranza.

Tutto sembra fatto apposta. Perché ci si metta umilmente al lavoro. Con l’entusiasmo intatto, dei veri esploratori.

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