Perché succede fin troppo spesso, che uno va avanti un poco alla spicciola, senza interrogarsi mai sul lungo termine. Soprattutto adesso, in prossimità di questo Natale 2021), strano ancora sotto l’aspetto della perdurante emergenza sanitaria. Si fanno tutte le cose come sempre, come probabilmente si devono fare, e ci si porta addosso quel senso di straniamento che perdura.

C’è qualcosa che non è a fuoco, qualcosa che ci assedia lateralmente, forse, che non comprendiamo appieno. Se ci giriamo a guardare direttamente, scompare. Non si fa vedere in faccia, si rintana. Però c’è.

Non so che fare, cosa farci. Capisco che forse un trucco è fare il contrario di quanto mi verrebbe spontaneo, non arrendermi a questa forza di gravità che mi fa cadere nella mancanza di visione, nella rinuncia depressa alla progettazione nel lungo termine. Punto primo, prima ipotesi di riscossa: ricominciare a parlare del futuro, ad immaginarlo, raccontarselo. In effetti raccontarsi il futuro è forse il modo più scoperto per comprendere il presente, per capire davvero come ci sentiamo adesso. Se siamo ottimisti ora, il nostro futuro sarà di un certo tipo.

In un certo senso immaginare il futuro è come proporre e proporsi una strada: una strada interpretativa ma anche creativa. Immaginare il futuro è un pochino anche questo, iniziare a crearlo.

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