Quanta parte ha il software open-source nel contesto della ricerca scientifica odierna? Da ricercatore astronomo, amante e fruitore di software open source, tentare di approfondire la domanda mi intriga parecchio…
…Orbene, lo spunto per parlarne ora mi viene dall’osservazione degli strumenti software che vengono adottati in un grande progetto al quale anche io sto prendendo parte, ovvero la definizione delle procedure di trattamento ed analisi dei dati fotometrici che dovranno essere prodotti dalla sonda dell’ESA(L’Agenzia Spaziale Europea) chiamata Gaia: la sonda dovrà essere lanciata nel 2012, ma già da tempo il lavoro per la definizione delle opportune procedure è attivo a pieno regime.
A mio parere, già un semplice, scarno elenco degli strumenti software utilizzati dai vari team di Gaia – coordinati attraverso una rete europea di istituti scientifici – sarebbe forse sufficiente per capire che il software open-source (permettetemi la brutale banalizzazione) va alla grande, ovvero – per dirla in termini più elaborati – gode ormai di uno spazio definito e fondamentale di applicazioni e ambiti ben consolidato, perlomeno nella ricerca scientifica.
Una immagine di fantasia della sonda GAIA nello spazio Photo: ESA/Medialab
A illustrazione di ciò, mi sono divertito a stilare un elenco (incompleto) del software open source usato correntemente nello sviluppo delle procedure di riduzione dati di Gaia, redatto semplicemente ponendo mente agli strumenti che vengono adoperati, da me o dai miei colleghi, per il lavoro quotidiano all’interno del progetto medesimo..
Il catalogo, dunque, è questo…:
Java: è il linguaggio del software di analisi e riduzione dati. Tutte le procedure devono essere per forza scritte in Java, per decisione di ESA. Questo comporta una serie notevole di benefici in termini di indipendenza dall’hardware, portabilità, modularità etc… troppo estesi per essere spiegati compiutamente in questa sede.
Eclipse: è l’ambiente di sviluppo fortemente consigliato (come dire, fate come vi pare, ma non si ha supporto con altri ambienti….)
SVN: tutto il codice è posto sotto controllo revisione, utilizzando subversion
MediaWiki : vi è un wiki ad accesso riservato, molto esteso, in cui è riportata tutta la documentazione del progetto, i meeting e i vari seminari di aggiornamento per i vari team, la documentazione… una mini wikipedia tematica, in soldoni…
Hudson, uno strumento per eseguire automaticamente i test del codice, ad intervalli programmati e presentare dei report su pagina web
Cobertura è lo strumento in grado di calcolare la percentuale del codice accessibile alle procedure di test
Mantis è uno strumento per il controllo e la gestione di “bachi” nel progetto
Probabilmente c’è anche dell’altro, ma al momento non mi sovviene 🙂
La cosa interessante è che tutto questo software è rilasciato su licenza GPL (General Public License) o similare; il che facilita di molto la possibilità di diffusione ed utilizzo dello stesso: non c’è necessità di acquisire licenze proprietarie e restrittive (o farle acquisire dal proprio istituto…): ordinariamente, si scarica il software e si comincia ad utilizzarlo da subito. Tutto qui. Non è male, direi, sia per la propria “produttività scientifica personale” sia per l’indubbio beneficio che questo ha nell’ambito del progetto vero e proprio. Vi immaginate quanto tempo (del ricercatore) e denaro (del contribuente) andrebbe speso se si dovessero acquisire licenze (rinnovi, chiavi software…) per tutte queste cose?
PS naturalmente non tutto è open source in Gaia: ad esempio, come sistemi operativi adottati nei vari desktop e laptop dedicati al progetto, c’è da dire che convivono tutti e tre i principali OS, ovvero linux, MacOS e Windows, in varie miscele, a seconda dei posti e dei singoli ricercatori… Non ne ho ancora incontrato nessuno però che usa Vista, a proposito… :-))
Arrivo un pò in ritardo.. ad appuntare qualche nota del giorno di venerdì scorso, ultimo della mia breve permanenza a Leiden.
La mattina colazione in albergo, come al solito, a noi però si è unita la ragazza olandese (che parlotta italiano) che avevamo conosciuto il giorno prima. Dopo colazione a prendere i bagagli chè si deve lasciare l’albergo.
Dopo aver pagato, io e Luigi ci dirigiamo alla fermata. Hester non c’e’, probabilmente ha già presto l’autobus. Dopo un pò che parlottiamo, noto un biglietto incastrato in un angolo appoggiato al vetro del gabbiottino della fermata; con sorpresa ne scopriamo la natura, un breve messaggio di saluto indirizzato a noi dalla ragazza bionda. Penso, forse non abbiamo fatto una pessima figura come italiani, in questa occasione. Una conversazione gentile e null’altro, può far nascere un’amicizia, una cordialità? Siamo noi italiani troppo chiusi e “cinici”, talvolta, mi dico.
La mattina all’istituto ancora lavoro, che si protrae nel pomeriggio. Questo è bene perchè riusciamo a chiudere una procedura ancora “pendente” in maniera soddisfacente, il chè dà un bel senso di compiutezza – pur nelle mille cose ancora da fare – al nostro soggiorno di lavoro.
Poi si va in aereoporto. Si fanno un pò di spese, si mangia qualcosa e si va. La KLM ci tratta bene e ci mangiamo un curioso cibo (olandese?) freddo con frutta verdura e altre cose, e poi anche pastigliette di cioccolato a mò di dessert.
Penso ancora che se ho imparato qualcosa, è che uno deve far bene il proprio lavoro, e preoccuparsi meno del resto. E’ quello che uno può fare, è la ragione per cui ci hanno pagato il viaggio, l’albergo e tutto il resto. Semplice ma a volte non così evidente, per me: bene che me ne ricordi!
Arriviamo un pò tardi per via di un ritardo nella partenza dell’aereo; stanchi ma tutto sommato contenti. E’ stato un viaggio utile; ora siamo a casa.
Quarto e ultimo giorno che passiamo completamente a Leiden. Domani sera ‘l’aereo dell’Alitalia (se la compagnia esiste ancora..) ci riporterà in terra italiana, nella capitale.
Oggi altri passi avanti nel lavoro, anche se la teleconf di stamattina e il seminario di istituto di oggi pomeriggio ci hanno sottratto parecchio tempo. Però qualche altro tassello alla situazione l’abbiamo aggiunto.
Stasera cena ad un locale finalmente “olandese”. Mangiato una cosa che sembrava un “frittatone”, ma non era male, comunque. Poi il posto è molto bello e accogliente, colori caldi e legno chiaro, ti fa sentire a tuo agio. Poi una ragazza olandese davvero incantevole che serviva ai tavoli; hanno certi sorrisi e dei volti aperti, espressivi, che indubbiamente potresti subirne una certa fascinazione…
Come pure la ragazza olandese che parlava piuttosto bene l’italiano che si è fermata a parlare con noi in albergo per un’oretta. C’è una espressività nei loro volti, che a volte rimane impressa. Saremo noi che stiamo troppo tempo a studiare Java e la “pipeline” di Gaia dentro una biblioteca che manco si vede fuori, sarà certamente questo… Te li dicevo io che Java fa male.. 🙂
Oggi finalmente degli spiragli di sole allietavano Leiden, anche se tratti. Ma che freddino la mattina e la sera. Abbiamo atteso l’autobus, io e Luigi, questa mattina per più di mezz’ora, non abbiamo per nulla capito come mai. E l’altro che ci doveva portare all’istituto di astronomia non sembrava passasse in orari accettabili. Abbiamo ipotizzato fosse festa nazionale, vedi a non conoscere il posto. Mah!
Avanti ancora con il lavoro, anche se a volte uno avrebbe la fretta di voler fare di più e meglio; purtroppo il presto a volte, mi sembra, è nemico del bene. Bisogna pure avere pazienza, e vedere le cose che si costruiscono piano piano. Anche con i rapporti tra le persone; lavorare fianco a fianco, parlare, interagire, scherzare, prendere il caffè insieme: mi rendo conto che non sempre si può lavorare a distanza via E-mail. Scopro l’acqua calda, ma lo dico lo stesso. Ebbene, no, anche nell’epoca del web, non si può prescindere dal contatto; dopotutto non viviamo (ancora) solo dentro uno schermo: voglio dire che tutto questo si traduce anche in effetti positivi sul lavoro.
Anche, credo, il fatto che si sia stati bene alla cena al ristorante indoesiano, dove ci ha portato Antony. Tante cose passano, ma i rapporti umani veri, lavoro o no, rimangono e stabiliscono delle connessioni che – insomma – non si lavano via col tempo, che portano qualcosa, che arricchiscono. Le persone sono delle ricchezze, ognuna avrebbe qualcosa da farti capire, una visione del mondo dalla quale potresti imparare. Mah, dico cose sconclusionate? Troppo ingenuamente romantiche? Forse sarà l’ora… ora vò a dormire, che è meglio. Domani ci aspettano i datataker. Cosa sono ? Ah cose di Java, lassa stà… 😉
Premessa: poichè ho ben pensato di non portare il cavetto per scaricare le foto digitali, ho pensato di appoggiarmi a qualche foto che trovo su Flickr. Tra l’altro, ormai le foto su web sono così tante e di tanti posti, che uno potrebbe andare in giro senza fotografare niente, al limite, e scaricarsi le foto dei posti che ha appena visitato!
Oggi giorno piuttosto piovoso; colazione abbondante e varia in albergo (ma quanti tipi di pane hanno, qui??). Poi autobus e giretto a piedi fino a prendere il secondo autobus per l’istituto di astronomia. Ma stavolta abbiamo capito, domani dovremmo andare più diretti!
Mattina e pomeriggio a dedicarsi al “javismo” (come dice Luigi), ovvero alla comprensione e alla sistemazione delle procedure in Java per la pipepeline del satellite Gaia. Alternando momenti di esaltazione (finalmente si capisce) ad altri di … sconforto (per le cose ancora da capire). Ma ha ragione Luigi, si va avanti, piano ma si va avanti! E il fatto che il gruppo sia assieme fisicamente è confortante perchè uno capisce pure che i dubbi che ha… non li ha lui solo. E insieme si dipanano meglio. Certo che è una cosa molto diversa dal lavoro che ho fatto finora: è un grande progetto in cui tutti devono riempire ordinatamente la loro casellina. Eppure c’e’ spazio per la creatività e l’inventiva: tu hai quella casellina ma lì, come dire, sei tu che comandi: tu hai le competenze per mettere quel pezzettino a posto. Curioso, ma interessante. Staremo a vedere come la cosa evolve. Certo che senza questo progetto chissà se sarei mai venuto a vedere Leiden.
La sera cena con amici/colleghi in un posticino simpatico della cittadina. Sono venuti anche dei colleghi che lavorano qui in Olanda e non vedevo da una vita: è stata una bella sorpresa, ho trovato persone molto simpatiche e soprattutto umane. L’umanità scalda – e qui ci vuole perchè stasera il tempo era freddino alquanto e sempre piovoso. Bello però, già l’ho detto, il gioco delle luci gialline sui canali a sera, sembra proprio una piccola Venezia, benchè il tipo di case sia certo piuttosto diverso.
Ora a nanna, domani altro javismo. E’ come un grande puzzle da riempire questo progetto, ma pian piano vuoi vedere che mettiamo i pezzettini a posto? Ci vorrà un pò, ma se manteniamo un atteggiamento positivo e costruttivo (almeno ogni tanto eh), vedi che ce la facciamo.
Macchine avanti piano, e ora a ninna a ricaricare le batterie per un altro giorno 😉
Tornato ieri sera dalla tre giorni all’Osservatorio di Teramo, per il progetto del software del satellite GAIA prossimo venturo. Partito un pò dubbioso sull’esito e sull’utilità del piccolo meeting. Sono contento ora invece, perchè tra le nebbie piuttosto oscure delle cose da fare (in questo ancor misterioso linguaggio chiamato Java) grazie ad uno sforzo congiunto di diversi cervelli (oltre il mio, su cui non farei un affidamento esagerato…), si è cominciato a vedere un pochino di luce….
…ed è quello che ci vuole per andare avanti, bastano dei piccoli risultati per aver la spinta a procedere (almeno per il sottoscritto!)
Come contorno, deliziose cene a base di arrosticini e altre ottime pietanze, il che certamente non nuoce ! 🙂
Alla fine è andata bene, questa piccola trasferta a Bologna per i tre giorni di corso di Java della unità CU5 del progetto di Gaia di ESA. Bisogna proprio che butti giù due note, anche se il tempo è sempre poco (oppure il lavoro da fare sarebbe sempre tanto..??), ma altrimenti questo mio povero blog rimane un pò troppo in standby…
E’ stato, come pensavo, un corso abbastanza intenso, in termini di cose fatte e soprattutto di cose “semicomprese” da ricomprendere e ruminare una volta tornati a casa. Comunque è stato utile per capire la direzione che sta prendendo questo grosso progetto (del satellite Gaia che sarà lanciato nei prossimi anni), e regolarsi di conseguenza. Primo, mi devo decidere ad imparare bene Java: tutto l’environment in effetti si svolge su questo linguaggio, prima si apprende meglio è. E’ come qualche anno fa era per il Fortran: io (e taluni altri) lo uso ancora, ma certo non è il linguaggio… del futuro! Poi, è stato bello interagire con gli “insegnanti”, MR e FDA, una coppia (proprio: sposati tra loro) molto disponibile per charimenti ed altro, oltrechè ovviamente esperta nel proprio lavoro.
Poi.. Bologna, i portici… lo stare in un’altra città tutto d’un botto.. il viaggio in treno da solo, nella quiete… il gioco di aggiornare il microblog dal telefonino – un pò per farmi compagnia nei momenti in cui ero da solo (i link puntano ad alcuni post fatti in diversi momenti) l’impaccio di dover mangiare da solo, il primo e il secondo giorno (prendete nota: odio andare al ristorante da solo!!), e il divertimento di occasionali scambi di battute con le vicine di tavolo (e io che sono timido!) …
… l’albergo, la colazione la mattina, la corsa verso l’Osservatorio, con la cartina in mano… il ritorno con il collega LP.. la partita vista a casa mia, con tutti i bimbi intorno… la cena sociale, il ristorante carino e le persone simpatiche, non tante così che si poteva stare tutti assieme, le gag fatte con LP piaciute anche agli altri… tante piccole cose da ricordare, come in ogni viaggio, come in ogni istante forse (ma nei viaggi, mi sembra più facile tenere gli occhi aperti per vedere)…