24012009821
Inserito originariamente da mcastellani

Giornata itinerante, occupata dallo spostamento da Roma a Cambridge. L’arrivo all’aereporto, il passaggio al controllo bagagli, passaporti e formalità varie. Poi un’oretta e mezza d’aereo, passata un pò dormicchiando, e poi sbuchi fuori e risuccede: sei in altro differente universo. Un altro posto da dove ti trovavi la mattina stessa, pochissime ore prima.

Non viaggio molto, ma quel poco che viaggio è una cosa che mi colpisce sempre molto. Ma come – penso – la mattina mi trovo a Roma, e dopo pochissimo sono catapultato in un posto diverso, dove la gente parla e si veste e si muove in maniera differente (anche se magari non così differente, rispetto a qualche anno fa). Stranezza dei viaggi in aereo. La mente avrebbe bisogno di più lentezza, di un tracciato anche temporale, uno svolgimento che avviene nel corso del tempo, per abituarsi, per abituarti.

Giriamo a Londra per qualche decina di minuti; benchè si sia nel primo pomeriggio, mi pare già caotica, grande, articolata; al primo contatto forse indecifrabile. Non so che giudizio riportarne: i dati sono troppo pochi. Cerco di ricordarmi di quando ci sono stato da ragazzo; sono passati troppi anni, non sono certo se gli eco che mi arrivano nella memoria siano reali. Guardiamo le mappe, lo dico a Luigi: volevo cercare Celsea, il quartiere dove avevo alloggiato, con mia mamma e i miei fratelli, tanti anni fa. Ma la città è grande e noi siamo con tutte le valige; si decide di proseguire verso Cambridge.

Ripartiamo da King’s Cross e ci inoltriamo nella campagna inglese. Si vedono pianure verdi, mucche, campi da golf. Le casette tutte uguali uguali.

Cambridge mi dà un’impressione tutta diversa. Forse le dimensioni ridotte permettono che la mia mente possa comprenderne meglio qualcosa al primo contatto. Sento un senso di pace che mi conforta, l’ambiente più tranquillo mi rinfranca, assieme alla veduta d’insieme di un posto che mi pare gradevole.

Si cammina fino al Bed & Breackfast, osserviamo la gente che cammina, i volti. Quanta gente che non è inglese (ma a Londra ancor più): indiani, neri, orientali, gente di tante razze. Coesistono e si muovono nello stesso ambiente, con tranquillità.

Arriva il tipo e ci fa sistemare nelle camere. L’ambiente è carino, pulito, accogliente. Scendiamo ed andiamo a mangiare Fish and Chips, in una specie di pub che abbiamo trovato lungo la strada. Il cibo mi pare buono, il prezzo è modico (meno male, chè le sterline qui sembrano volare via…); c’e’ un caminetto e divanetti e sedie. Ci dicono di sistemarci dove ci pare. Ordino e pago subito, la ragazza dopo poco ci porta i piatti.

Mangiamo e parliamo di Gaia, dell’Osservatorio e dei suoi direttori, dei gruppi scientifici. Di quelle parti dell’astronomia che sembrano avere futuro e quelle che sembrano quasi ferme. E’ vero, in alcuni campi sembra che ormai si lavori sui dettagli, il quadro è abbastanza consolidato. Non è così per tutto, però.

Rientriamo e mi metto a leggere un pò su Gaia. Faccio un paio di telefonate, apro la televisione dove c’è la cerimonia di insediamento del presidente americano, butto giù queste note. Pensavo quasi di no, ma lo so che l’impulso a scrivere è forte e non si può evitare, almeno quando si è in viaggio. Fermare le impressioni, anche se piccole, minime. Magari non le legge nessuno, che importa: farlo,mi aiuta a capire, a rendere a me stesso un pò più intellegibile il mondo.

Loading


Scopri di più da Stardust

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.