Blog di Marco Castellani

Categoria: Cambridge

Cambridge (e Londra), quinto giorno


In London
Inserito originariamente da mcastellani

E’ il giorno della partenza, del ritorno a Roma.

Ci alziamo e facciamo come di consueto colazione all’inglese nel “nostro” Bed & Breackfast (dopotutto, ci siamo solo noi…). Salutiamo il padrone di casa che viene la mattina a prepararci la colazione (specificando a sua domanda che siamo entrambi della Roma: no no, non della Lazio). Poi ci avviamo a piedi verso la stazione dei trani di Cambridge. Non è molto vicina ma ne approfittiamo per ripercorrere un pò tutto lo scenario che ci ha fatto compagnia in questi giorni.

Il treno ci porta a King’s Cross. Poi ci dobbiamo spostare a London Bridge perchè il weekend la tratta per l’aeroporto è spostata in questa stazione, così ci immergiamo nella celebre metropolitana londinese, ovvero entriamo dentro la mitica The Tube (anche se solo per poche stazioni).

Usciamo in superficie e ci troviamo come catapultati in mezzo alla metropoli, a due passi proprio dal Tamigi. Sul ponte si gode una skyline incredibile, l’occhio spazia su una estensione di palazzi e monumenti e costruzioni davvero ampia. E’ come un colpo d’occhio globale, ancor più prezioso per noi che non possiamo permetterci il tempo di addentrarci nella città.

Ci facciamo fare una foto sul ponte da due turiste, poi ci avviamo su una stradina che costeggia il fiume. Dopo poco troviamo un pub dall’aria sfacciatamente inglese, ed entriamo per una birra. Dentro l’atmosfera calda tipica di questi posti, colori scuri, abbondante uso del legno. Molto congeniale al mio carattere, per quanto mi conosca. Lo trovo piacevole e riposante, infatti.

Il tempo è poco e dopo la birra siamo costretti a ritornare verso la stazione. Arriviamo ai treni e troviamo quello che parte per l’aereoporto. Ci mettiamo sul treno e rimaniamo un po’ tranquilli, ognuno con i suoi pensieri. Il bello di andare con il treno è che si può pensare; anzi, se le condizioni di viaggio lo permettono, è il luogo ideale per riflettere: insomma, sei sganciato dalle contingenze geografiche-relazionali, per così dire. Scorri tra le varie situazioni, sicchè hai più gradi di libertà e puoi meglio pensare, fare connessioni; puoi vedere da una prospettiva più allargata anche, a volte, la tua situazione di vita; allarghi la mappa e vedi meglio il punto che dice “voi siete qui”.

In aereoporto ci concediamo un piccolo pranzo in un fast food. Guardo le persone, le cose, con la consapevolezza che tra poco sarò sbalzato in un ambiente e un posto completamente diverso; come ho capito, fa parte dei “pros and cons” dei viaggi in aereo. L’aereo ti collega rapidamente, troppo rapidamente, tra due punti distanti, tra due situazioni di vita diverse. Mondi di abitudini e stili di vita spesso profondamente diversi. Rimane poi alla tua mente cercare di ricucire, interpolare: creare una traiettoria logica e sensata da A a B. Ma è vero, il nostro cervello fatica ad abituarsi al mondo moderno che noi stessi abbiamo creato (come imparo leggendo l’intrigante libro Risk di Dan Gardner, acquistato proprio in aereporto).

Arrivati a Fiumicino ci portiamo rapidamente alla stazinone dei treni. Càspioli, ci è sfuggito appena il trenino giusto, dobbiamo aspettare un pò per il prossimo. Allora ci portiamo in un baretto per mangiare qualcosa. Si parla del lavoro da fare, come organizzarsi al meglio, come raccontare quello che abbiamo fatto ai colleghi rimasti a Roma. Il giorno ormai sta volgendo al termine. Solo stamattina stavo a Cambridge, poche ore fa camminavo a Londra presso il Tamigi. Ora sono vicino Roma.. tutto in un giorno. Mi sento stanco, ma anche parte di qualcosa, con l’inestricabile miscuglio di gratificazioni e responsabilità che questo sempre comporta.

Il treno ci consegna a stazioni diverse, così il nostro viaggio di ritorno ormai ci divide, riconducendo ognuno di noi alla sua vita ordinaria, alla situazione normale che si è costruita – o che gli si è sedimentata intorno, col tempo. Confesso che un pò mi dispiace uscire dallo stato di “eccezionalità” che questo breve viaggio comporta. Fatico a rientrare nel mio stato normale, una voglia di novità mi serpeggia dentro rendendomi inquieto, ed è particolarmente pungente quando inizia a venir appena soddisfatta, come in questo caso. Devo razionalizzare, capire quanto è importante l’umile stare in famiglia; il semplice esserci. D’altra parte, è proprio il semplice atto di essere presente, che più viene apprezzato. Nessuna guittezza, niente da inventare. Stare, qui.

Tornare, insomma. Eccomi qui; il giro si è completato, l’anello si è richiuso sul punto di partenza. Ma non è un viaggio a misura nulla: un progetto che avanza, un timido passo in più per una maturità di vita, di lavoro, di rapporto con i colleghi. Qualcosa riporto, a casa.

Ed eccomi, finalmente, a casa. Home, home again…

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Cambridge, quarto giorno

Ultima giornata di lavoro a Cambridge per la pipeline di Gaia.

La giornata lavorativa si è aperta con la teleconferenza con gli altri capoccioni di Gaia della nostra unità CU5. Tale incombenza ci ha preso gran parte della mattinata, ma era comunque una cosa che andava fatta.

Un eccitante intermezzo è stato il pranzo per il quale ci hanno accompagnato a Grantchester, una piccola località a pochi minuti di macchina da Cambridge. In se la cosa non mi diceva niente, fino a quando Francesca ha detto una qualcosina del tipo “Per caso a qualcuno di voi piacciono i Pink Floyd? Perche’ proprio da queste parti si sono conosciuti…”

E mi si è accesa una lucina in testa, il pensiero è andato alla mitica Grantchester Meadows, i prati di Grandchester, ovvero proprio i prati che stavo osservando in quell’istante! Il resto della comitiva si è divertito di fronte alla mia palese eccitazione… Ma no, in questo caso non potevo davvero contenermi: i prati di Grantchester, dunque, non sono (erano) solo una traccia su un antico disco di vinile. Ci sono, realmente. Ci stavo praticamente sopra.

Ad onor del vero, devo tuttavia specificare che in mancanza di tale informazione mi sarebbero sembrati prati assolutamente normali: ma tant’è, ormai vedevo tutto con un occhio diverso…

Grantchester Meadows

I prati di Grantchester… sembrano prati come gli altri, non trovate?
Non però per chi è cresciuto col classic rock dei seventies…

Pomeriggio trascorso a lavorare ancora cercando di fissare alcuni punti sulle procedure che dovremo scrivere o modificare. Avanti con pazienza: “inesorabili”…

La sera siamo andati a mangiare al ristorante spagnolo, e poi ci siamo infilati, io e Luigi, in un cinema. Certo non è facilissimo per me comprendere i dialoghi in inglese, anche perchè il film lattiginoso (guess?) affrontava temi sociali e politici piuttosto impegnati (oh… io invece cercavo una commedia leggera ma stavolta ho toppato in pieno!) e i dialoghi avevano davvero una importanza centrale. Comunque è stata un’esperienza; credo che con un pò di allenamento anche il parlato inglese può diventare progressivamente più intellegibile…

Ma il bello è arrivato all’uscita del cinema, alle undici circa, la sorpresapieno pieno pieno di ragazzi e ragazze in giro, molti dei quali che palesemente entravano o uscivano da delle feste, alcuni dai locali. Siamo rimasti ambedue basiti, davvero: dov’era mai finita quella fin troppo tranquilla cittadina alla quale ci eravano ormai abituali, nei giorni addietro? Assolutamente trasformata, completamente diversa! E le ragazze, alcune davvero (ehm…) molto graziose, che sfidavano allegramente il clima invernale con un abbigliamento succinto, e con quelle gonne così corte…

Insomma, mentre eravamo all’interno del cinema, fuori era avvenuta una sorte di mirabile metamorfosi. Ed era tutto uno splendore di vita quello che sfilava gagliardo davanti ai nostri occhi, mentre noi passeggiavamo, sorpresi e tutti intabarrati nei nostri cappottoni!

Well, con questo la trasferta inglese è praticamente terminata. Domani si riparte: trenino per Londra, poi verso l’aereoporto. Domani sera siamo a Roma. Arrivederci Cambridge, speriamo di poterci rincontrare, non troppo in là…

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Cambridge, terzo giorno


From my window…
Inserito originariamente da mcastellani

Giornata piena anche oggi. Nottata un pò tormentata da alcuni randomici risvegli, ma nel complesso sono riuscito a dormire il tempo sufficiente.

Arriviamo all’istituto dopo aver imboccato per errore una strada che ci portava dritti dritti in un allevamento di bovini. Dopo un bel pò di “muuu.. muuuu…” che io intendevo come “Guarda capo che te stai a sbaglià! Non è questa la strada!” ci siamo corretti e siamo arrivati finalmente alla meta.

La giornata è trascorsa in maniera per me psicologicamente piuttosto altalenante, tra gli attimi di micro-sconforto per come mi accorgevo di non padroneggiare ancora adeguatamente la complessa e intricata materia, ad altri di confidenza e maggior sicurezza, allorquando la discussione si portava su cose in cui mi sembrava di essere riuscito a fare un pò di luce, o meglio ancora quando a domanda diretta, mi trovavo a spiegare cosa sono le classi astratte e quando si devono usare.

Ok, ho ancora molta strada davanti, nel mio prefissato obiettivo di prendere tutte le cose con calma e ponderatezza. Forse non sono abbastanza umile: vorrei sempre portare subito il mio contributo, mostrare le mie qualità, evidenziare una mia confidenza. E non è sempre possibile. Poi certo, magari basta che capisco qualcosa e mi rassereno immediatamente. Lo confesso, alcune volte vorrei avere un distacco maggiore, sono certo che gioverebbe anche e proprio al lavoro da svolgere. Questo sul piano ideale, nell’ottica del lavoro su se stessi. In ogni caso, stavolta non demordo. Le cose fatte non son affatto zero; e quelle non ancora chiare, si chiariranno: dopotutto, come dice il mio collega, non c’è nessuna fisica particolarmente complicata dietro.

Intanto stiamo facendo un lavoro che penso abbia una sua importanza, ed è importante anche che noi questi giorni si stia qui.

Cena al pub con Luigi, la borsista rumena conosciuta ieri, poi Marco, Francesca e il loro bimbo Martino, che curiosissimo andava avanti e indietro ad esplorare l’ambiente, Mi ha fatto pensare a qualche anno fa, quando avveniva lo stesso con i bimbi miei. Com’è che mi capita più spesso di pensare al tempo che passa, ultimamente? A volte anche con un attimo di sbigottimento, non posso negarlo. Questo è stato praticamente anche il tema dominante della conversazione avuta con Luigi, rientrati in un quieto Bed and Breackfast tutto per noi, dopo la cena.

Eppure c’è qualcosa. che mi dispiace non riuscire a portare in superficie nei discorsi. Sì, mi dico. C’è una risposta al passare del tempo, si può trovare. O forse – meglio – ci si può lasciar trovare. Consentire appena di essere amati, dire di sì. Lasciarsi abbracciare, consolare, consolare fino in fondo, di tutte le amarezze umane, lasciarsi lenire le ferite …. E lasciarsi pure perdonare tutti i dubbi, tutta la poca, troppo piccola fede, la così minuscola fiducia, i piccoli e grandi tradimenti…

Quanto è dolce, quando viene, la certezza di essere amati tanto, così tanto. E’ di qualche momento, magari di qualche attimo fugace. Possiamo solo domandarla. Ma quando accade, quando ri-accade, mamma mia com’è contento il cuore, e giovane, giovane, sempre giovane, come quello di un bambino che gioca… forse perchè è quello che cerca, forse perchè non cerca nulla di meno…

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Cambridge, secondo giorno


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Inserito originariamente da mcastellani

Guarda tu, se gli uccellini a Cambridge devon essere così mattinieri!

Potevo dormicchiare un altro pò, ma di buon mattino un “simpatico” volatile – strategicamente appostato nei pressi della mia finestra – ha cominciato con buona insistenza a fare “Marco svegliati! Marco svegliati!” e così avanti…

Che fare? Per non contrariarlo troppo, alla fine mi sono alzato. Nonostante la doccia facesse le bizze (tipo, appena mi avvicinavo si spegneva il flusso dell’acqua e quanto mi allontantavo si riapriva), la colazione è stata tale da ricompensare le piccole contrarietà: uova, pane tostato, kellogs, latte e caffè, burro salato..

La camminata fino all’istituto è stata lunghetta ma salutare. Non è affatto sgradevole il posto; sono davvero godibili gli scenari con le piccole casette, i parchi verdi ricoperti da uno strato di sottile ghiaccio (il tutto così irresistibilmente “inglese”), l’aria pungente ma non troppo, nel complesso, la sensazione di stare in un posto raccolto ma al medesimo tempo niente affatto angusto.

La giornata è passata lavorando con Francesca e Giorgia, che si sono messe gentilmente a nostra disposizione. Le cose apprese sono state diverse, e importanti per il nostro lavoro. Ancor più abbiamo capito come effettivamente sia necessario spostarci, muoverci, andare a chiedere e ad apprendere là dove vi sono le persone competenti. No no, non si puà far tutto dalla propria scrivania, malgrado le tecnologie più raffinate a volte inducano a pensare il contrario: il contatto con realtà e persone è ancora una cosa insostituibile.

La giornata si è conclusa in maniera ottima, con una godibilissima cena al ristorante indiano, ove io e Luigi siamo entrati quasi per caso, mentre giravamo in cerca di un posto per mangiare.

Contrariamente ai nostri timori, con poco più di trenta sterline abbiamo onorevolmente mangiato in due, ed anche in maniera soddisfacente. Era davvero tantissimo che non mangiavo al ristorante indiano; i sapori mi hanno sorpreso, ma in senso gradevole. L’appetito è venuto mangiando una specie di antipasto fatto da sottili sfoglie di qualcosa tipo pane, condibile a piacere con salsette varie. A questo è seguito un piatto di carne arrostita, e una doverosa insalata.

Rientrati alla magione, si buttan giù queste due piccole note. Oggi è Sant’Agnese, perccato solo non poter fare gli auguri di persona alla piccolina a casa. Comunque, tra poco a nanna, domani si continua su Java!

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Cambridge, primo giorno


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Inserito originariamente da mcastellani

Giornata itinerante, occupata dallo spostamento da Roma a Cambridge. L’arrivo all’aereporto, il passaggio al controllo bagagli, passaporti e formalità varie. Poi un’oretta e mezza d’aereo, passata un pò dormicchiando, e poi sbuchi fuori e risuccede: sei in altro differente universo. Un altro posto da dove ti trovavi la mattina stessa, pochissime ore prima.

Non viaggio molto, ma quel poco che viaggio è una cosa che mi colpisce sempre molto. Ma come – penso – la mattina mi trovo a Roma, e dopo pochissimo sono catapultato in un posto diverso, dove la gente parla e si veste e si muove in maniera differente (anche se magari non così differente, rispetto a qualche anno fa). Stranezza dei viaggi in aereo. La mente avrebbe bisogno di più lentezza, di un tracciato anche temporale, uno svolgimento che avviene nel corso del tempo, per abituarsi, per abituarti.

Giriamo a Londra per qualche decina di minuti; benchè si sia nel primo pomeriggio, mi pare già caotica, grande, articolata; al primo contatto forse indecifrabile. Non so che giudizio riportarne: i dati sono troppo pochi. Cerco di ricordarmi di quando ci sono stato da ragazzo; sono passati troppi anni, non sono certo se gli eco che mi arrivano nella memoria siano reali. Guardiamo le mappe, lo dico a Luigi: volevo cercare Celsea, il quartiere dove avevo alloggiato, con mia mamma e i miei fratelli, tanti anni fa. Ma la città è grande e noi siamo con tutte le valige; si decide di proseguire verso Cambridge.

Ripartiamo da King’s Cross e ci inoltriamo nella campagna inglese. Si vedono pianure verdi, mucche, campi da golf. Le casette tutte uguali uguali.

Cambridge mi dà un’impressione tutta diversa. Forse le dimensioni ridotte permettono che la mia mente possa comprenderne meglio qualcosa al primo contatto. Sento un senso di pace che mi conforta, l’ambiente più tranquillo mi rinfranca, assieme alla veduta d’insieme di un posto che mi pare gradevole.

Si cammina fino al Bed & Breackfast, osserviamo la gente che cammina, i volti. Quanta gente che non è inglese (ma a Londra ancor più): indiani, neri, orientali, gente di tante razze. Coesistono e si muovono nello stesso ambiente, con tranquillità.

Arriva il tipo e ci fa sistemare nelle camere. L’ambiente è carino, pulito, accogliente. Scendiamo ed andiamo a mangiare Fish and Chips, in una specie di pub che abbiamo trovato lungo la strada. Il cibo mi pare buono, il prezzo è modico (meno male, chè le sterline qui sembrano volare via…); c’e’ un caminetto e divanetti e sedie. Ci dicono di sistemarci dove ci pare. Ordino e pago subito, la ragazza dopo poco ci porta i piatti.

Mangiamo e parliamo di Gaia, dell’Osservatorio e dei suoi direttori, dei gruppi scientifici. Di quelle parti dell’astronomia che sembrano avere futuro e quelle che sembrano quasi ferme. E’ vero, in alcuni campi sembra che ormai si lavori sui dettagli, il quadro è abbastanza consolidato. Non è così per tutto, però.

Rientriamo e mi metto a leggere un pò su Gaia. Faccio un paio di telefonate, apro la televisione dove c’è la cerimonia di insediamento del presidente americano, butto giù queste note. Pensavo quasi di no, ma lo so che l’impulso a scrivere è forte e non si può evitare, almeno quando si è in viaggio. Fermare le impressioni, anche se piccole, minime. Magari non le legge nessuno, che importa: farlo,mi aiuta a capire, a rendere a me stesso un pò più intellegibile il mondo.

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